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Chiamare un sindaco “Cetto La Qualunque” non è diffamazione! È satira politica. Ecco perchè

Chiamare un sindaco “Cetto La Qualunque”, non rappresenta una diffamazione ma “rientra nel diritto di critica, nella forma di satira. E’ quanto affermano i giudici della Quinta sezione penale della Cassazione in una sentenza di nove pagine in cui hanno assolto dall’accusa di diffamazione un cittadino abruzzese che aveva ‘ribatezzato’ come il personaggio creato da Antonio Albanese e protagonista anche di alcuni film, il sindaco a cui aveva inviato una mail nel 2020, nel periodo delle restrizioni legate alla pandemia. “Non è alla luce della mera evocazione che l’appellativo implica – si legge nella sentenza – che l’affermazione di responsabilità dell’imputato può essere mantenuta ferma, essendo configurabile, invece, l’esimente del diritto di critica, nella forma di satira”.
Nell’atto la Suprema Corte afferma che “una personalità politica ha certamente diritto a che la sua reputazione sia protetta, anche fuori dell’ambito della vita privata, ma gli imperativi – è detto – di questa protezione devono essere bilanciati con gli interessi della libera discussione delle questioni politiche e le eccezioni alla libertà di espressione richiedono una interpretazione stretta”. Per gli ermellini l’appellativo rivolto al sindaco “non appare un immotivato attacco denigratorio, finalizzato a svilirne pubblicamente la figura umana e professionale” ma risulta “piuttosto circoscritto a criticarne l’operato tecnico-amministrativo” con l’evocazione di un personaggio “notoriamente inesistente, dunque nella forma scherzosa e ironica proprio della satira, pur se connotata da un tono sferzante che integra l’esercizio della critica politica”.
 Ansa / MASSIMO PERCOSSI
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