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Se Olindo e Rosa fossero davvero innocenti?

È “in tutta coscienza, per amore di Verità e Giustizia (scritte in maiuscolo, ndr) e per l’insopportabilità che due persone, vittime probabilmente di un errore giudiziario,stiano scontando l’ergastolo” che il procuratore generale Cuno Tarfusser chiede la revisione del processo che si è chiuso con una condanna definitiva inflitta a Olindo Romano e Rosa Bazzi per la strage di Erba.

Sono le ultime parole con le quali il magistrato di Milano sintetizza 58 pagine di istanza che potrebbe riaprire uno dei casi più dibattuti di cronaca nera degli ultimi anni, quello relativo all’uccisione di Raffaella Castagna, del figlio Youssef Marzouk di soli 2 anni, della nonna del bimbo, Paola Galli e della vicina di casa Valeria Cherubini.

Il magistrato mette in discussione alle radici tutto l’impianto accusatorio ritenuto invece intangibile nei precedenti gradi di giudizio.

“Se quindi – è scritto nel documento consultato dall’AGI- come ho cercato di dimostrare moltissimi erano gli elementi che sin dal giudizio di primo grado sarebbero stati idonei, se solo valutati dai Giudici, a giudicare inattendibile la prova del “riconoscimento”, fortemente dubbia la prova della “macchia di sangue” e indotte, con modalità che definire poco ortodosse è fare esercizio di eufemismo, le “confessioni”, trattate invece alla stregua di prove regine, oggi, a distanza di oltre 17 anni, la scienza – se auspicabilmente ammessa a farlo nel giudizio rescissorio – è fortunatamente in grado di fornire da sola, ma soprattutto in unione alle numerose criticità in atti e non in atti, comunque mai valutati, quelle certezze scientifiche idonee a fare sgretolare i tre pilastri probatori su cui fondano la condanna all’ergastolo di Olindo Romano e Rosa Bazzi”.

“Frigerio non attendibile, aveva amnesia”

Tra gli elementi ‘nuovi’ emersi sulla base di una consulenza, che metterebbero in dubbio la condanna di Rosa e Olindo, il pg Cuno Tarfusser segnala la non attendibilità del teste, nel frattempo deceduto, Mario Frigerio, il sopravvissuto alla strage di Erba.

“Queste novità si possono così riassumere: mancata valutazione dell’idoneità a rendere testimonianza, effettuata in base alla ricostruzione dalle intercettazioni mai entrate al processo, che evidenziano deficit cognitivi non segnalati nella relazione del dottor Cetti. L’elemento nuovo è costituito dalla decodifica delle intercettazioni ambientali durante la degenza ospedaliera del testimone, nelle quali la somministrazione della testistica clinica è menzionata dai figli ma di cui non vi è traccia nella relazione medica”.

“Dati clinici acquisiti dopo il 2010 che, applicati al caso specifico, dimostrano che Frigerio sviluppò, a seguito dell’aggressione, una disfunzione cognitiva provocata da intossicazione da monossido di carbonio, arresto cardiaco, shock emorragico e lesioni cerebrali focali – si legge ancora nel testo – Stante la gravità dei singoli eventi neurolesivi, la loro concomitanza in un soggetto anziano ed iperteso ha sicuramente determinato un complessivo scadimento delle funzioni cognitive necessarie a rendere valida testimonianza. Dati nuovi che si ricavano dalle trascrizioni delle intercettazioni ambientali, mai effettuate prima, che evidenziano e dimostrano la presenza di disfunzioni cognitive tipicamente osservabili nei casi con patologia neurologica sopra descritta”.

Insomma, “dalle intercettazioni mai trascritte emerge senza alcun dubbio che Mario Frigerio soffriva degli effetti tardivi dovuti all’intossicazione da monossido di carbonio, che hanno a loro volta provocato un’amnesia anterograda. L’amnesico anterogrado è soggetto patologicamente suscettibile agli effetti distorsivi delle suggestioni. Il paziente con amnesia anterograda è da considerarsi un caso di scuola per l’inidoneità a rendere valida testimonianza”.

Si tratterebbe di “dati scientifici nuovi” che portano alla “conclusione” che in relazione alle dichiarazioni rese i giorni 20, 26 dicembre 2006 e 2 gennaio 2007 “il testimone fu progressivamente indotto ad aderire a suggerimenti che determinarono l’installazione di una falsa memoria circa la corrispondenza fra l’aggressore sconosciuto e Olindo Romano”.

“Prove maturate in un contesto malato”

Le prove per cui sono stati condannati Rosa e Olindo per la strage di Erba sarebbero maturate in “un contesto che definire malato sarebbe un esercizio di eufemismo”, scrive ancora il Tarfusser nell’istanza di revisione del processo che ha portato alla condanna all’ergastolo per l’omicidio dell’11 dicembre del 2006 di Raffaella Castagna, Paola Galli, Youssef Marzouk Raffaella Cherubini e per il tentato omicidio di Mario Frigerio.

Le tre prove cardine, il riconoscimento degli imputati come autori del delitto da parte di Frigerio, le confessioni dei coniugi e la macchia di sangue trovata sull’auto di Olindo appartenente a Cherubini, vengono smontate una a una dal magistrato, la cui istanza dovrà comunque essere valutata dai giudici prima di un eventuale nuovo processo.

A convincere il pg della necessità di una revisione sono state anche due consulenze che gli hanno sottoposto gli avvocati Fabio Schembri e Paolo Sevesi il 14 febbraio scorso “alla cui stesura hanno contribuito diversi accademici, tutti luminari della rispettiva materia tecnica e scientifica, le quali, alla luce delle più moderne e recenti tecniche e metodologie, comunque successive alla fine della prima decade del secolo, e quindi dei fatti oggetto del processo, hanno analizzato le due prove dichiarative, ovvero il riconoscimento e le confessioni dei due condannati e una consulenza Tecnica biologico-genetica forense che, ad oltre 16 anni di distanza, ha riesaminato e rivalutato alla luce dell’enorme sviluppo tecnologico e metodologico che ha avuto la materia in questi anni, la tecnologia e la metodologia utilizzata allora per il repertamento”.

“False le confessioni di Rosa e Olindo”

Secondo il procuratore, “le dichiarazioni auto accusatorie di Olindo Romano e Rosa Bazzi sono da considerarsi false confessioni acquiescenti”. Questo è “il risultato cui giungono i consulenti” sulla base dei “piùà recenti ed avanzati dati scientifici che corrispondono ai criteri che, se mancanti, rendono le confessioni, false confessioni”.

Quanto alla prova del sangue della vittima Valeria Cherubini sull’auto di Olindo, il magistrato scrive che “non si può non rilevare come si tratta di una prova che trasuda criticità mai valutate dalle Corti di merito che mai hanno messo in dubbio, né l’origine della macchia di sangue, né la chain of custody dal momento del suo repertamento”.

Diciassette anni fa la strage

Sono trascorsi più di diciassette anni da quell’11 dicembre 2006, quando, a Erba vennero brutalmente assassinati Raffaella Castagna, il figlio Youssef Marzouk, la madre Paola Galli e la vicina di casa Valeria Cherubini. Il marito di quest’ultima, Mario Frigerio, colpito con un fendente alla gola e creduto morto dagli assalitori, riuscì a salvarsi grazie ad una malformazione congenita alla carotide che gli impedì di morire dissanguato. Accusati del delitto e condannati all’ergastolo la coppia di vicini di casa, Olindo Romano e Rosa Bazzi.

Alle 20.06 una colonna di fumo si alzò da un condominio di Via Diaz 25 nella piccola frazione di Erba. Quando i vigili del fuoco arrivarono sulla scena del crimine, trovarono sul pianerottolo del primo piano Mario Frigerio. Entrarono nell’appartamento di proprietà di Raffaella Castagna e nel corridoio c’era il corpo della donna, aggredita e finita con un coltello. Poco distante il cadavere della madre Paola Galli, uccisa anche lei a coltellate. Sul divano del soggiorno giaceva il corpicino di Youssef Marzouk di appena due anni. Al piano superiore della palazzina fu rinvenuto il cadavere di Valeria Cherubini, moglie di Mario Frigerio.

Inizialmente le indagini si concentrarono sul marito di Raffaella, il tunisino Azuz Marzouk che però aveva un alibi di ferro: in quei giorni si trovava in Tunisia. A quel punto l’attenzione degli investigatori si focalizzò su una coppia di vicini di casa: Olindo Romano e Rosa Bazzi. I due furono arrestati il 9 gennaio del 2007 e condannati all’ergastolo in via definitiva il 3 maggio 2011.

Fonte (Manuela D’Alessandro, Agi) 

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