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Salari falcidiati, negozi che scompaiono e contratti pirata: l’Italia del lavoro sta crollando nell’indifferenza generale

on solo l’inflazione, ma anche i contratti pirata minacciano i salari e redditi dei lavoratori italiani impiegati nel settore dei servizi e del turismo: oltre al carovita che negli ultimi 17 anni ha eroso 4mila euro al reddito dei lavoratori, gli effetti del dumping contrattuale si traducono in 1,5 miliardi di euro sottratti ogni anno alla nostra economia.

L’avvertimento proviene da Confesercenti che lancia anche l’allarme per la progressiva desertificazione commerciale con ormai più di 1.000 comuni in Italia che non hanno più nemmeno un negozio di alimentari. “Inflazione e un sistema contrattuale sempre più esposto al dumping stanno erodendo il valore del lavoro, indebolendo tanto i lavoratori quanto le imprese” ha incalzato dal palco dell’assemblea nazionale dell’associazione il presidente Nico Gronchi citando “dati inequivocabili”.

Il grido d’allarme per l’impoverimento dei salari, con le conseguenze che ne derivano per l’intera economia, trova concorde il presidente della Repubblica, Sergio Mattarella.

“Le piccole e medie imprese, i lavoratori autonomi, nei settori del turismo, del commercio, dei servizi, dell’artigianato, dell’industria sono importanti veicoli di crescita occupazionale e di sviluppo” afferma Mattarella. E anche per questo è convinto che le iniziative a sostegno di questi settori sono “lungimiranti ed è essenziale che i salari e i redditi che ne derivano corrispondano alle attese definite dalla Costituzione”.

Ma ecco i dati. Tra il 2019 ed il 2024, i redditi da lavoro reali – cioè al netto dell’inflazione – sono scesi in media del 3,7%, secondo Confesercenti, circa 1.700 euro in meno per lavoratore. Mentre allargando l’orizzonte d’analisi al 2007, “la perdita di valore del lavoro è ancora più evidente. In questi 17 anni, il reddito dei lavoratori si è ridotto di ben 4mila euro.

Per gli autonomi la perdita è eclatante: -9.800,00 euro. Un tracollo di un quinto del potere d’acquisto”. Un dato a suo dire “inaccettabile, che deve spingerci ad intervenire”.

Il campanello d’allarme è certificato anche dalle tantissime chiusure che ridimensionano il mondo del commercio e del turismo. E che indicano il rischio della progressiva rarefazione delle attività commerciali di vicinato nei centri urbani e nei piccoli comuni. Così, tra il 2014 ed il 2024, oltre 26 milioni di residenti hanno visto sparire una o più attività commerciali di base dal proprio comune.

E nel 2025 ben 1.113 comuni – circa uno su otto – sono privi di un’impresa del commercio alimentare (macellerie, pescherie, ortofrutta, etc..) per un totale di quasi 650mila residenti privati del servizio. Mentre altri 535 – per oltre 257mila abitanti – sono senza supermercati, ipermercati e/o grandi magazzini. Ancora peggio va per gli esercizi specializzati in articoli culturali e ricreativi, comparto che raggruppa la vendita al dettaglio di libri, giornali, registrazioni (musica, video), articoli sportivi, giochi, giocattoli, e altro materiale correlato (cancelleria, arte, articoli da collezione), ormai completamente assenti in 3.248 comuni.

Evidentissima, poi, la ritirata dei gestori carburanti: la rete è ormai sparita da 3.796 comuni, per un totale di oltre 6,6 milioni di residenti costretti a percorrere chilometri per fare rifornimento.

A preoccupare Confesercenti è poi il nodo del dumping contrattuale che, alimentato da una giungla di quasi mille contratti collettivi nazionali di lavoro depositati al Cnel, di cui oltre due terzi sottoscritti da sigle minori, crea una concorrenza sleale con conseguenze su lavoratori e imprese. Nei soli comparti del terziario e del turismo, i contratti pirata causano perdite per i lavoratori, comprimendone salari e tutele, ma pesano anche sulle casse dello stato.

Per ogni lavoratore in dumping si stima un totale di oltre 8.200 euro di minori vantaggi tra cui 1.150 euro di componenti contrattuali non retributive (ferie, riposi, permessi, ecc.) e 1.900 euro di prestazioni welfare e sanitaria integrativa. Con un impatto rilevante anche per i conti pubblici: il minor gettito Irpef causato da contratti in dumping è di oltre 300 mln di euro, mentre il minor gettito contributivo è di quasi 450 milioni di euro.

Confesercenti: ‘Boom dell’online, 1 miliardo di pacchi nel 2025’

E’ boom dell’e-commerce in Italia, ma “senza un riequilibrio rischiamo che il digitale continui a crescere mentre il tessuto commerciale fisico a svuotarsi, con conseguenze irreversibili sulla qualità della vita nelle nostre comunità”. E’ l’avvertimento lanciato da Confesercenti che punta il dito anche contro l’ampio squilibrio competitivo rappresentato dal diverso peso del fisco.

Secondo Confesercenti, quest’anno i pacchi consegnati supereranno il miliardo, con una media di 18 colli per residente. L’online “offre comodità e l’e-commerce non è certo un avversario da demonizzare”, spiega l’associazione dei commercianti ricordando che sono sempre di più, anzi, le realtà commerciali piccole e medie che sposano una strategia multicanale, integrando le vendite dei punti vendita fisici con quelle online.

Tuttavia “esiste un evidente squilibrio competitivo tra le grandi piattaforme di e-commerce internazionali, con economia di scala immense, che si confrontano con microimprese che sostengono da sole costi fiscali e gestionali crescenti”.

L’e-commerce richiede quindi “regole moderne che garantiscono trasparenza, corretta concorrenza e sostenibilità dei territori” afferma Confesercenti osservando inoltre che lo squilibrio competitivo è amplificato anche dal quadro fiscale. Le piccole attività versano infatti all’erario circa 7 miliardi e 700 milioni di euro l’anno, di cui 4 miliardi e 400 milioni in tributi locali, mentre la Web Tax ha prodotto nel 2024 appena 455 milioni.

“Occorre riportare al centro le imprese dei territori: chi produce, chi distribuisce, chi eroga servizi nelle città, nei quartieri, nei borghi. È lì che si crea valore reale, si tiene insieme la comunità e si costruisce ogni giorno quella coesione sociale di cui il Paese ha bisogno” ha commentato il presidente dell’associazione Nico Gronchi avvertendo che i giganti dell’e-commerce, grazie alla loro struttura internazionale e alle regole dell’Unione europea, “possono spostare profitti e imposte dove è più conveniente”.

Per anni anche Confesercenti ha chiesto una web tax che riequilibrasse questo divario. E su questo “Una soluzione deve essere trovata. Il quadro concorrenziale va riequilibrato” ha sottolineato.

Le piattaforme digitali ampliano i confini dei mercati e aumentano la pressione sui settori tradizionali, ha ribadito il presidente ricordando che le vendite online hanno superato i 40 miliardi nel 2024, con il 70% del mercato concentrato nei principali 20 operatori globali. “Un livello che rafforza asimmetrie e richiede strumenti regolatori adeguati”.

“Le nostre aziende, per lo più micro e piccole, affrontano sfide epocali. La prima è la denatalità delle imprese. Un Paese che non fa figli è un Paese che non avrà né lavoratori né nuovi imprenditori. Il ricambio generazionale è a rischio e con esso la sopravvivenza di un tessuto produttivo unico al mondo” ha proseguito ricordando che le imprese sono chiamate a investire nelle transizioni digitale e verde, ma spesso mancano delle competenze e delle risorse per farlo.

Ansa

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