C’era un tempo in cui Lorenz stava ogni mattina davanti alla pasticceria del Duomo di Padova, non per entrare ma per restare fuori, in silenzio, con dignità. Non chiedeva nulla, ma la fame si leggeva negli occhi. Era arrivato da poco in Italia, reduce da un viaggio durissimo iniziato in Nigeria, passato per la Libia e poi per il mare, su uno di quei barconi che sembrano cancellare la speranza.
Con lo stesso pudore con cui non osava varcare la soglia della pasticceria, Lorenz — che allora tutti chiamavano ancora Ewa — si limitava ad aprire la porta ai clienti, a offrire una mano, a sorvegliare biciclette o cani, sempre con gentilezza e gratitudine. In cambio, qualcuno gli lasciava una brioche, un cappello, una parola buona. Così, senza chiedere, otteneva molto più di un’elemosina: riceveva fiducia.
E quella fiducia è diventata lavoro. Un giorno ha trovato il coraggio di chiedere: «Posso lavorare qui? So fare tutto». Il titolare, Michele, inizialmente diffidente, ha deciso di dargli una possibilità. E ha scoperto un lavoratore instancabile, pieno di iniziativa, educato, sempre sorridente. Lorenz è diventato parte del team, parte della famiglia.
Oggi non chiede più nulla. Serve ai tavoli, tiene in ordine il bar, è diventato papà di due bambini, ha una casa tutta sua che ha ristrutturato con le sue mani. La sua storia è la prova che il riscatto non arriva da miracoli, ma da piccoli gesti, dalla fatica quotidiana, e da quel coraggio gentile che cambia le vite.
La storia di Lorenz è diventata virale dopo che è stata scritta dal Corriere del Veneto e ripresa dal TgCom.