Un gelato mangiato in piedi, un trancio di pizza tra le calli, uno sguardo veloce a San Marco e via. È questo il ritratto dei turisti “mordi e fuggi” che affollano Venezia, spesso senza lasciare traccia nei registratori di cassa della città. Ma questa volta a infiammare il dibattito non sono stati i picnic sui gradini o i tuffi nei canali, bensì le parole del neopresidente dell’Associazione Piazza San Marco, Setrak Tokatzian, che ha definito «osceno» il turismo di chi arriva senza spendere e ha lanciato la proposta di un ticket d’ingresso da 100 euro per i visitatori giornalieri. Un’uscita che non ha lasciato indifferenti. Le sue parole, pronunciate in un’intervista al Corriere del Veneto, hanno suscitato una pioggia di reazioni. C’è chi condivide l’allarme sul calo degli incassi e sulla difficoltà di sostenere un’offerta di lusso in un contesto sempre più affollato e disattento. Ma c’è anche chi difende con forza l’idea che Venezia debba restare aperta a tutti. Bruno Barel, primo procuratore della basilica di San Marco, non usa mezzi termini: «La bellezza è universale. Venezia è da sempre una città democratica, accogliente per borghesi, viaggiatori curiosi, famiglie e scolaresche. Non possiamo trasformarla in una destinazione per pochi privilegiati». Proprio la Procuratoria ha recentemente introdotto un sistema di prenotazione online per accedere alla basilica, azzerando le code e restituendo tempo ai turisti, che ora possono dedicarsi anche ad acquisti più consapevoli. Tra gli stessi esercenti del centro storico, però, le posizioni non sono univoche. Claudio Vernier, predecessore di Tokatzian alla guida dell’associazione, prende le distanze: «Non condivido l’impostazione, capisco lo sfogo ma non rappresenta la visione che vogliamo dare. Serve una strategia diversa, non uno sbarramento economico». Anche Confcommercio, per voce del presidente Panciera, parla di una stagione difficile, ma invita a non perdere di vista la realtà: «Il lusso è in crisi ovunque, non solo qui. I turisti guardano le vetrine, ma spesso acquistano online». Ecco allora che entra in scena l’assessore al Turismo Simone Venturini, che smorza i toni e rilancia: «Parliamone, ma l’idea dei 100 euro non è realizzabile. Oggi la legge consente un ticket massimo di 10 euro. Potremmo ragionare su un sistema flessibile, modulabile in base ai flussi: ad esempio, fino a 20.000 presenze un prezzo, oltre quella soglia un altro». La proposta si accompagna a una visione più ampia, che punta sugli eventi tematici come il Salone nautico o l’Artigianato Week, in grado di attirare visitatori più attenti e interessati al territorio. Ma forse il nodo centrale resta sempre lo stesso: la vera sfida per Venezia non è tanto allontanare i turisti “poveri”, quanto valorizzare meglio la propria identità. Panciera insiste sull’artigianato locale, Barel evoca il rischio di un nuovo “caso Murano”, dove le imitazioni soppiantano l’originale. Serve un impegno concreto per promuovere ciò che è autentico, per difendere il “Made in Venice” dalla deriva del “cheap & fake”. Perché tra un souvenir prodotto in serie e un oggetto forgiato da mani veneziane c’è la differenza tra un ricordo qualsiasi e un pezzo di storia. E proprio per questo, dice Barel, la basilica resta aperta gratuitamente agli studenti: «Perché la bellezza deve parlare a tutti, anche ai più giovani. Perché solo chi vede può imparare a custodire». Venezia, insomma, è ancora in cerca del suo equilibrio: tra accoglienza e tutela, tra turismo e cittadinanza, tra mercato e memoria.
V.R.