“L’ennesima prova scientifica che conferma quanto il Nursing Up denuncia da anni: meno infermieri significa cure più rischiose, aumento delle complicanze e, in troppi casi, un rischio reale di morte evitabile per i pazienti”. Così in una nota Antonio De Palma, presidente del Nursing Up, commenta i dati emersi da un nuovo autorevole studio pubblicato sulla prestigiosa British Journal of Surgery, condotto dall’Università di Southampton su oltre 214mila ricoveri ospedalieri. “Quello che emerge è allarmante: ogni singolo giorno di carenza infermieristica comporta un incremento del 9,2% del rischio di mortalità- continua De Palma- Non solo: l’assenza di infermieri è correlata a un +4,8% di casi di trombosi venosa profonda, +5,7% di polmoniti e un drammatico +6,4% di piaghe da decubito. Questo non accade solo nelle chirurgie, ma anche in geriatria, medicina interna, riabilitazione, rianimazione e nei lunghi percorsi post-acuti”. “Mentre in Europa il rapporto medio è di 8,4 infermieri ogni 1000 abitanti, l’Italia resta ferma a 6,2, uno dei dati peggiori dell’intero continente. Significa che, per allinearci agli standard minimi europei, ci mancano almeno 175.000 infermieri. Siamo ultimi nel G7 per densità infermieristica e questo non è solo un numero: è una condanna quotidiana per milioni di cittadini fragili, cronici, anziani”, prosegue De Palma. “Ogni turno scoperto, ogni paziente di troppo affidato a un solo infermiere, si traduce nel rischio di una flebo dimenticata, un’infezione non trattata nei tempi previsti, una caduta, una emergenza trattata in tempi non adeguati. La qualità dell’assistenza è direttamente proporzionale alla quantità e qualità del personale. Gli infermieri sono prima di tutto uomini e donne, e il crescente stress psico-fisico derivato da turni massacranti e mancanza di turn-over ritorna come un boomerang sulla qualità delle cure e in particolare dei soggetti più fragili”, aggiunge De Palma.
“Perché gli infermieri italiani, lo dimostra quanto accade in questa ennesima estate di passione nei nostri pronto soccorso, sono davvero giunti all’acme- insiste De Palma- Ed un infermiere infelice, stressato, fisicamente logorato, è un infermiere che non potrà offrire il meglio delle proprie competenze. L’equilibrio è sottilissimo, soprattutto nelle cure complesse. Quando salta questo equilibrio, si crea un effetto domino che rischia di travolgere anche i migliori professionisti”. “La pandemia ha solo accelerato un collasso già in atto. Secondo i più recenti studi indipendenti sul personale sanitario, confermati dal nostro più recente Survey, quasi un infermiere su due in Italia sta valutando di lasciare la professione, mentre oltre il 70% riferisce un impatto negativo sul proprio equilibrio psicofisico dovuto alle condizioni di lavoro. In questo contesto- conclude De Palma- continuare a ignorare il grave vulnus di questa carenza è irresponsabile e pericoloso”. Serve un piano straordinario di assunzioni, serve soprattutto investire nelle carriere e nella dignità degli infermieri, occorre, nel caso dei nostri professionisti italiani, equiparare le retribuzioni a quelle europee, dove il gap è ancora enorme, conclude la nota di Nursing Up. Gli stipendi vanno maggiormente rapportati al mutato costo della vita, è indispensabile rimpolpare i reparti con un coraggioso piano di assunzioni, ma soprattutto è necessario rilanciare la sanità pubblica italiana con un contratto, nel caso dei professionisti ex legge 43/2006, che va rivisto alla radice, partendo dalla sua struttura.