In questi giorni abbiamo scritto veramente tanti articoli sulla salute mentale, sui ragazzi che si tagliano, su chi per colpa di una depressione non individuata, oggi soffre gravemente. Sistematicamente, sotto i titoli di questi articoli molto seri e drammatici, si registrano faccine che ridono di lettori che non solo non hanno la minima idea di cosa sia la salute mentale, ma arrivano a schernire chi prova a fare informazione su un tema così delicato. Naturalmente abbiamo bloccato questo questi utenti perchè non si può accettare qualcosa di così mostruoso umanamente.
Oggi è un giorno particolare, una giornata per capire che cosa funziona davvero contro lo stigma in salute mentale. Succede all’interno del Mart – spazio civico che unisce cultura e benessere della comunità – dove oggi (venerdì 10 ottobre) l’Associazione Anna e Luigi Ravizza riunisce ricercatori, utenti, familiari e terzo settore con il chiaro obiettivo di trasformare dati ed esperienze in comportamenti inclusivi contro lo stigma dei disturbi mentali. In Italia circa il 30% delle persone seguite nei servizi, vive forme clinicamente rilevanti di auto-stigma, con impatto su diagnosi, aderenza e qualità di vita. Per questo l’Università di Trento coordina uno studio multicentrico su Nect in 26 centri tra Veneto, Trentino e Alto Adige, con l’obiettivo di integrarlo nella pratica clinica. “Parlare di stigma significa cambiare sguardo, non slogan- precisa Giovanna Crespi, presidente dell’Associazione Anna e Luigi Ravizza- perché il pregiudizio isola, ritarda le cure e indebolisce i diritti; portare le evidenze tra le persone è il passo che consente a pazienti, famiglie e servizi di camminare davvero insieme”.
LA BARRIERA DELLO STIGMA – Lo stigma verso le persone con disturbi mentali è una barriera concreta a diagnosi tempestive, cure appropriate e inclusione sociale. È un fenomeno strutturale, pubblico, interno che riguarda anche familiari e professionisti. Per l’Oms è una priorità di salute pubblica da affrontare con azioni continuative, misurabili e orientate agli esiti. Le evidenze indicano che gli interventi sul contatto tra cittadinanza e persone con esperienza di disagio mentale modificano più dei soli interventi informativi atteggiamenti e comportamenti, specie se inseriti in contesti di vita quotidiana come scuola, lavoro e media locali. “Dare un nome ai pregiudizi aiuta a vederli e poi a cambiarli- aggiunge Crespi- solo ciò che si misura si può migliorare e il contatto reale è ciò che rende normale parlare di salute mentale trasformando la consapevolezza in comportamenti inclusivi”.
1 PAZIENTE SU 3 SOFFRE DI AUTO-STIGMA – Accanto allo stigma pubblico esiste l’auto-stigma, quando la persona interiorizza i pregiudizi sociali e li rivolge a sé. Riguarda circa 1 persona su 3 tra chi è seguito dai servizi, e frena richiesta d’aiuto, aderenza e ritorno a un ruolo sociale. Antonio Lasalvia, docente dell’Università di Trento e organizzatore del convegno, sottolinea che “l’auto-stigma rappresenta un ostacolo significativo sulla strada della cura e della possibile ripresa rivelandosi ed è una trappola mentale che condiziona identità e scelte che le persone con disturbi mentali mettono in atto verso sé stesse, lasciandosi condizionare dai pregiudizi della società. Proprio su questo piano occorre affiancare agli interventi di comunità un lavoro psicologico mirato”.
LO STUDIO ITALIANO CHE STA COINVOLGENDO 26 CENTRI DI SALUTE MENTALE – Esiste un intervento psicologico strutturato di gruppo messo a punto in Usa, denominato Narrative Enhancement and Cognitive Therapy (Nect) che ha mostrato grande efficacia nel ridurre l’auto-stigma nelle persone con disturbi mentali, migliorandone autostima e qualità di vita. “In Italia stiamo conducendo uno studio mirato a valutare l’efficacia di questo intervento anche nei nostri servizi. Il percorso Nect- prosegue Antonio Lasalvia- ha l’obiettivo di aiutare i pazienti a riconoscere e trasformare le convinzioni negative su sé stessi, promuovendo una visione più consapevole e positiva della propria identità. Lo studio coinvolge 26 centri di salute mentale tra Veneto, Trentino e Alto Adige, con l’obiettivo di integrare il Nect nella routine clinica italiana”. Nella giornata di lavoro sullo stigma vengono presentate altre esperienze (evidence-based) contro lo stigma, tra i quali il ‘Recovery College’ e l’apporto dei pazienti esperti ‘Esp’ alle attività dei servizi di salute mentale. “Rivolgiamo un sentito ringraziamento al Mart di Rovereto per aver sostenuto questa iniziativa- concludono gli organizzatori del convegno- accogliendo nella sua prestigiosa sede il confronto scientifico tra tutte le persone interessate allo stigma: studiosi, operatori, familiari e utenti della salute mentale”.