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Rara ma pesante, l’ emoglobinuria notturna stanca organi e psiche

Colpisce tra le 10 e le 20 persone ogni milione, causando anemia, forte affaticamento, fiato corto, tachicardia, trombosi e urine scure. È l’emoglobinuria parossistica notturna (EPN), rara malattia ematologica che provoca la distruzione dei globuli rossi da parte del sistema immunitario con conseguente calo dell’ossigeno che dovrebbe arrivare a organi e tessuti attraverso il sangue. I progressi nella medicina e nella farmacologia hanno fatto sì che la qualità di vita dei pazienti sia migliorata nel tempo, ma c’è ancora tanto da fare per ridurre ulteriormente la sintomatologia che si accompagna alla patologia.

 Con questo scopo e in vista, il prossimo 12 ottobre, della Giornata Mondiale della consapevolezza sull’EPN, Novartis ha presentato “Obiettivo 12 nell’Emoglobinuria Parossistica , un momento di confronto per sensibilizzare sull’impatto della malattia e discutere dei progressi scientifici che stanno ridefinendo il trattamento. Il numero che compare nel titolo non è casuale: fa riferimento ai 12 grammi di emoglobina di norma presenti in ogni decilitro di sangue, ma che nei pazienti affetti da EPN sono decisamente ridotti.

 “In Italia si contano circa mille persone affette da questa patologia”, ha spiegato Camilla Frieri, ematologa presso l’Aorn San Giuseppe Moscati di Avellino. “Molto spesso i pazienti hanno un’età media compresa tra i 30 e i 40 anni. Alla diagnosi si arriva con difficoltà perché l’ipotesi che si tratti di EPN viene presa raramente in considerazione, dato che i sintomi sono tanto ricorrenti da essere scambiati per spia di altre malattie: ecco perché è fondamentale fare formazione all’interno del personale medico-sanitario. Tecnicamente, invece, l’esame per arrivare a stabilire se si sia in presenza o meno di questa malattia si basa su un semplice prelievo di sangue: una volta analizzato, permette di individuare le cellule difettive”.

 “Quello che notiamo come clinici è che, nonostante le terapie, il 50% pazienti continua a presentare anemia, mentre addirittura l’80% fa i conti con la fatigue, che impatta tantissimo sulla vita quotidiana”, ha aggiunto Eros Di Bona, Direttore della UOC Oncoematologia dell’Ospedale San Bassiano di Bassano del Grappa. Sull’affaticamento da EPN è stato condotto uno studio risalente allo scorso febbraio che ha coinvolto un campione di dieci pazienti (sette donne e tre uomini) tra i 24 e i 61 anni. I risultati hanno sottolineato quanto sia difficile, per chi è affetto da emoglobinuria, affrontare la vita di tutti i giorni.

 “La fatigue è un sintomo invisibile, ma centrale e debilitante”, ha illustrato Anna Fazzini, Senior Researcher di Iqvia Italia, azienda che ha condotto la ricerca sull’EPN. “Coinvolge sia il piano psicologico sia quello fisico, genera frustrazione e talvolta senso di inadeguatezza. Diventa difficile salire le scale, camminare su una strada in salita, ma anche fare la spesa o lavorare. Alcuni pazienti hanno dovuto lasciare la professione o optare per mansioni part-time, con un impatto generale anche sulla socialità. Molti rinunciano a comunicare la propria fatica al medico di riferimento perché temono che non verranno creduti”.

 Un’ulteriore conferma arriva da uno studio internazionale che ha coinvolto 32 pazienti da tutto il mondo. Il 91% di loro ha indicato la fatigue come uno dei tre sintomi più fastidiosi, mentre il 79% ha parlato di un vero e proprio senso di oppressione causato dall’affaticamento. Le testimonianze raccolte raccontano di donne e uomini che hanno la sensazione di avere le batterie scariche e che spesso finiscono per sentirsi in colpa per non essere performanti come vorrebbero. Per arrivare all’ottimizzazione del percorso di cura, diventa cruciale ascoltarli.

 “La voce del paziente è essenziale per comprendere l’impatto reale dell’EPN”, ha affermato Sergio Ferini Strambi, Presidente di Aiepn – Associazione italiana emoglobinuria parossistica notturna. “Grazie ai progressi della ricerca, rispetto a venti anni fa abbiamo nuove terapie e modalità di somministrazione che contribuiscono a migliorare la qualità di vita. Il ruolo del paziente consapevole, aderente alla terapia e proattivo nel dialogo con il clinico diventa sempre più centrale per ottimizzare il percorso di cura. Ecco perché come associazione ci impegniamo a informare chi è affetto dalla patologia e i caregiver, offrendo loro supporto e promuovendo consapevolezza”.

 Questa sensibilizzazione, nonché la dedizione a far sì che sia possibile fare altri passi avanti in favore dei pazienti con EPN, passa anche per l’operato di aziende come Novartis, che da oltre venti anni ha intrapreso studi farmacologici in campo ematologico.

 “Abbiamo affrontato l’EPN partendo dai bisogni clinici non ancora soddisfatti”, ha ricordato Paola Coco, Chief Scientific Officer & Medical Affairs Head di Novartis Italia. “Era e resta importante trovare una soluzione terapeutica che possa sia mirare a un miglioramento dei risultati clinici sia innalzare il livello della qualità di vita dei pazienti, che spesso, in quanto molto giovani, hanno necessità di riprendere in mano la propria quotidianità. Quello che ci proponiamo per il futuro è continuare a guardare ai bisogni ancora insoddisfatti per proporre soluzioni innovative che cambino la vita delle persone in meglio”.

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