Il dibattito online è diventato il luogo in cui le disuguaglianze non solo emergono, ma si amplificano. È quanto rileva il Barometro dell’Odio, l’osservatorio realizzato da Amnesty International Italia con il supporto degli attivisti digitali, che dal 2018 monitora l’andamento dell’intolleranza sui social network. Tra tutte le forme di ostilità rilevate, il sessismo si conferma la più pervasiva, radicata e quotidiana. Secondo i dati raccolti, quando il tema riguarda le donne e i diritti di genere l’incidenza dei commenti offensivi, discriminatori o apertamente riconducibili all’hate speech raggiunge un livello impressionante: quasi un contenuto su tre contiene elementi di violenza verbale. Un dato che, da solo, racconta molto dell’asimmetria che ancora caratterizza la partecipazione delle donne alla sfera pubblica digitale. La sproporzione diventa ancora più evidente quando si osservano gli attacchi personali rivolti alle figure esposte mediaticamente. Le influencer e, più in generale, le donne che operano nello spazio pubblico digitale ricevono un terzo di attacchi in più rispetto ai loro colleghi uomini. Non si tratta di critiche alle opinioni espresse o ai contenuti proposti, ma di bersagliamento diretto: giudizi sul corpo, insinuazioni sulla vita privata, delegittimazioni costruite intorno al genere e non alle competenze. Il Barometro evidenzia inoltre che, all’interno degli attacchi personali, il tasso di hate speech rivolto alle donne è 1,5 volte superiore a quello che colpisce gli uomini. È un odio specifico, che utilizza leve emotive e culturali precise: sessualizzazione, ridicolizzazione, paternalismo, minacce velate. Una forma di violenza che non nasce dal confronto, ma dall’intenzione di mettere a tacere. E c’è un dato che pesa come una sentenza: un attacco su tre diretto alle donne è esplicitamente sessista. Il quadro che emerge non riguarda il mondo virtuale come ambiente separato. Al contrario, riflette con crudezza ciò che avviene offline, amplificato dalla distanza dello schermo e dall’illusione di anonimato che spinge molti a superare quei limiti di rispetto che nella vita reale difficilmente verrebbero valicati. Le donne che scelgono di esporsi – per lavoro, per partecipazione civile, per creatività – lo fanno consapevoli del rischio di diventare bersaglio. Questa consapevolezza, di per sé, rappresenta già una limitazione della libertà.
Amnesty International Italia sottolinea la necessità di intervenire su più fronti: educazione digitale, responsabilità delle piattaforme nell’individuare e moderare i contenuti d’odio, sostegno concreto a chi subisce violenza verbale online. Perché l’odio digitale, per quanto si consumi nello spazio di un commento o di un post, ha conseguenze reali: condiziona scelte professionali, silenzia voci, produce isolamento e paura. Il sessismo da tastiera è oggi una delle forme più insidiose di aggressione contemporanea. E per combatterlo serve riconoscerlo, misurarlo, denunciarlo. Non è una questione di social network, ma di società: la qualità del dibattito pubblico passa anche dalla capacità di garantire alle donne uno spazio sicuro, libero e rispettoso. Solo allora potremo parlare davvero di parità.
V.R.