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Solo il 9% delle donne medico è Dg. ‘L’uomo viene considerato più affidabile della donna’

“Solo il 9% delle donne medico è Dg. Una donna ogni 13 uomini diventa direttore struttura semplice. E’ evidente solo da questi pochi elementi dedurre che esiste un problema di management e sicuramente esiste una influenza legale della politica all’interno delle direzioni sanitarie pubbliche. Un altro elemento a sfavore del sesso femminile deriva dal fatto che quasi sempre, nell’iter di valutazioni, si è sottoposti al giudizio di un primario che quasi sempre è un uomo. E’ chiaro quindi che è difficile avere una valutazione ‘super partes’. Come sempre, in questo senso, il nostro Paese si presenta a macchia di leopardo e cioè c’è il Nord leggermente emancipato rispetto al Sud. Non a caso nel NextGenerationEU, è contenuto un progetto che mira alla parità di genere. Siamo passati in Italia dal 76esimo al 63esimo e questo è stato reso possibile dalla maggiore partecipazione delle donne in politica. La parità genere è presupposto anche per guardare al Recovery Fund. Se vogliamo che i direttori generali in sanità abbiamo questo obiettivo bisogna agire e guardare alle Regioni. L’uomo viene preferito ad una donna perché considerato più affidabile, perché non deve prendersi cura dei figli e della famiglia. Oggi però le donne hanno assunto maggiore consapevolezza delle proprie capacità. Allo stesso tempo ci sono donne in posizioni di leadership che continuano a dispetto di quello per cui ci battiamo a scegliere gli uomini. Credo che in un cambio culturale sia necessario e che iniziative come questa di W4O possano aiutare a educare presto soprattutto le donne ad essere solidali tra loro. E’ importante offrire aiuto e supporto alle donne che mirano a fare carriera. Sono cose che vogliamo fare con investimenti sostenuti dal Recovery Fund”. Lo ha detto la deputata di Cambiamo! Fabiola Bologna durante il talk ‘Le sfide del gender gap. Abbattere i muri anche nel mondo della sanità e della scienza’ promosso da Women for Oncology Italia (W4O) e da Motore sanità.

PARITA’ SALARIALE E’ LEGGE, LAZIO PRIMA REGIONE 

Il consiglio regionale del Lazio ha approvato all’unanimità la proposta di legge n. 182/2019 in materia di promozione della parità retributiva tra i sessi, il sostegno dell’occupazione e dell’imprenditoria femminile di qualità e la valorizzazione delle competenze delle donne. “Il Lazio è la prima Regione a legiferare sul tema della parità retributiva e lo fa con una legge quadro che si occupa di lavoro femminile in maniera trasversale proponendo, anche grazie all’investimento di 7,6 milioni di euro per il triennio 2021-2023, su strumenti per contrastare il gap salariale partendo dalle cause che lo generano. Una legge che si schiera dalla parte delle donne, ma che richiede l’aiuto di tutti, compresi gli uomini, per creare un’alleanza nel mondo del lavoro e nella società. Un’alleanza quanto mai urgente per garantire una ripresa che sia davvero sostenibile, paritaria, coraggiosa” dichiara Eleonora Mattia, Presidente della IX Commissione lavoro e pari opportunità in Consiglio Regionale del Lazio nonché prima firmataria della proposta di legge 182/2019. Se la contrattazione collettiva e i minimi retributivi contengono, almeno formalmente, il gap retributivo nel lavoro subordinato, la situazione è allarmante per le libere professioniste che nel Lazio, per esempio, guadagnano in media il 45% in meno dei colleghi uomini. Il bilancio dell’occupazione relativo all’anno 2020 per la Regione Lazio, secondo gli ultimi dati Istat ed Eures, si chiude con il -2% di occupati corrispondenti 47 mila unità perse. Di queste 33 mila sono donne per le quali infatti la contrazione del tasso di occupazione risulta maggiore con il – 1,5% a fronte del – 0,5% degli uomini.

“Ho presentato la proposta di legge prima della pandemia, oggi più che mai è urgente approvarla perché la crisi generata dal covid-19 non è stata uguale per tutte e tutti e in particolare le donne, che già soffrono una condizione strutturale di disuguaglianze nel mondo del lavoro, sono state duramente colpite”. In prima linea nella battaglia contro il covid-19, le donne sono impiegate soprattutto nei settori che più di tutti stanno vivendo la crisi, come quello dei servizi e della cura, spesso con contratti che danno poca sicurezza e stabilità. C’è poi tutto il tema della conciliazione dei tempi di vita e della difficile condivisione delle responsabilità di cura che si traducono in lavoro non retribuito. Un gap che nasce con la formazione e si protrae fino alla terza età con i differenziali di pensione. “Noi oggi mettiamo in campo una serie di proposte per invertire questa tendenza in un percorso che viene da lontano e va lontano per costruire un Women New Deal nel Lazio. Una costellazione impegni seri e concreti al fianco delle donne che vogliono essere strumenti portatori di una visione che accompagna cambiamenti già in atto nella nostra società. Con questa legge scriviamo una bella pagina per il Lazio e per l’Italia, ma soprattutto per le nostre comunità e le tante donne che hanno dovuto fare un passo indietro, nel lavoro e non. Ringrazio ancora il Presidente Nicola Zingaretti, tutta la Giunta e chi ha lavorato al testo, il Presidente del Consiglio Marco Vincenzi e tutti i colleghi e le colleghe che hanno supportato la proposta di legge”. La legge prevede nei 22 articoli dispositivi per il rispetto del principio di parità retributiva tra i sessi e il contrasto ai differenziali retributivi di genere; la permanenza, il reinserimento e l’affermazione delle donne, sia lavoratrici dipendenti che libere professioniste, nel mercato del lavoro; la valorizzazione delle competenze delle donne; la conciliazione dei tempi di vita e dei tempi di lavoro e l’equa distribuzione delle responsabilità di cura familiare; la diffusione di una cultura organizzativa non discriminatoria nelle imprese; la garanzia di regole per l’equa rappresentanza dei generi nell’accesso agli organi di amministrazione e di controllo

 

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