Paolo Crepet, in un’intervista al Corriere della Sera, offre una riflessione pungente sulla figura del padre contemporaneo, che a suo avviso sta vivendo una profonda crisi di identità. Secondo lo psichiatra, molti uomini oggi inseguono un’idea di eterna giovinezza che li porta a smarrire il loro ruolo educativo tradizionale.
Il padre che abdica alla propria funzione
Crepet individua come nodo principale la rinuncia all’aut autorevolezza: troppi padri cercano di trasformarsi in “coetanei” dei propri figli, invece di rappresentare un punto di riferimento adulto. L’immagine simbolica è quella dell’uomo di 48 anni “con i jeans strappati” che passa il tempo a giocare a padel, quasi a voler dimostrare di essere più giovane dei figli stessi. Questa scelta estetica e comportamentale, afferma Crepet, sostituisce la responsabilità educativa con un’imitazione dell’adolescenza.
Come alternativa, lo psichiatra propone attività che favoriscano un’interazione autentica, come il gioco dello Shanghai: un passatempo che richiede calma, attenzione e dialogo, privo delle distrazioni tecnologiche tipiche della quotidianità odierna.
La visione di Crepet sulla “buona famiglia”
Crepet ribalta anche la definizione comune di “buona famiglia”. Contesta infatti l’idea che una famiglia sia virtuosa solo perché dispone di mezzi economici e fornisce ai figli una paghetta senza instaurare un vero percorso educativo. La critica colpisce quei padri che continuano a dare denaro a figli che fanno uso di droghe, alimentando così comportamenti distruttivi.
La famiglia davvero sana, sostiene lo psichiatra, è invece quella che investe tempo nelle relazioni e nella presenza reciproca, attraverso attività condivise che richiedono ascolto e partecipazione — come, ancora una volta, lo Shanghai.