Annalisa scopre a 47 anni di avere un tumore ovarico, già al quarto stadio. Provvidenziale l’incontro con il professor Giovanni Scambia, luminare da poco scomparso. Si apre per lei al Policlinico Gemelli di Roma la strada della chemio adiuvante, la chirurgia laparoscopica che non le lascia cicatrici sulla pancia nonostante il tumore sia esteso, ma solo minuscoli buchini ormai scomparsi, arrivano le chemio classiche di prima linea, poi lunghi mesi di mantenimento con il bevacizumab. È durante il periodo delle cure che Annalisa decide di integrare il suo percorso con il viscum album fermentatum. ‘Mi era stato consigliato e mi sono detta perché no, l’ho assunto mentre facevo le terapie e stavo molto male per gli effetti che mi davano. Per i medici oncologi non aveva alcun senso, mi hanno risposto qualcosa del tipo ‘faccia come vuole’. Non ero scettica, l’ho interrotto alla fine delle cure perché lo trovavo un po’ invasivo: un’iniezione al giorno sulla pancia che fa venire ponfi, pruriti e a un certo punto non volevo sentirmi più malata quindi ho chiuso quando ho terminato le terapie’.
Annalisa è mutata BRCA1 come Bianca Balti e Angelina Jolie e nel suo percorso ha scelto di integrare qualcosa che non appartiene alla medicina convenzionale ma che invece in altri Paesi, come la Svizzera o la Germania, in Italia questo si dice molto poco, è presentato come opzione terapeutica per i pazienti oncologici. Cosa è il vischio? Un farmaco, una magia, un elisir? Ne ha parlato con la Dire Fabio Burigana, medico iscritto all’Ordine Provinciale di Trieste, specializzato in Gastroenterologia ed Endoscopia digestiva, medico ospedaliero dal 1981 al 1990; Medico di Medicina Generale dal 1981; che si occupa e pratica le Medicine non convenzionali dal 1981. È medico antroposofo (società di riferimento SIMA) in Italia ci sono almeno 200 medici antroposofi che utilizzano il Viscum.
Il limite del viscum e della sua efficacia sta proprio, non ne fa mistero Burigana, nella precarietà statistica degli studi per diverse ragioni. ‘È difficile distinguere l’azione del viscum dall’approccio complessivo che si ha sulla persona, inoltre sono studi piccoli perché non ci sono grandi risorse economiche e dunque la valenza statistica discutibile ma questo è proprio il metodo della medicina antroposofica che non aspira a riparare il guasto, ma all’evoluzione’ la cui misurabilità rischia di restare sfuggente. ‘Nel viscum ci sono sostanze che agiscono sul sistema immunitario potenziandolo e altre con una specifica azione antitumorale, ma il centro della questione non è questo. Il viscum album va ad agire nell’ambiente psicofisco che permette la crescita del tumore- entra nel merito il medico- e ci sono in queste persone anche cambiamenti a livello interiore e psicologico, e gli studi clinici non colgono l’importanza viscum a questo livello misurando sopravvivenza e benessere secondo punteggi’.
Insomma è un po’ ‘come valutare l’emozione davanti a un’opera d’arte guardando i volti di 100 persone e i loro sguardi’. La medicina antroposofica è ‘individuale’, qualsiasi altra misurazione è ‘grossolana’ e non ne coglie l’azione. ‘Il viscum si può usare anche in chiave preventiva, se c’è una predisposizione’, suggerisce l’esperto. ‘Portarla nei luoghi della sanità pubblica è difficilissimo, bisogna ragionare sulla mentalità convenzionale e ricordarsi che non ci sono nemmeno i sanitari. La terapia non è rischiosa e non ha controindicazioni, ma se lo uso l’ oncologo deve sapere (raramente ho trovato opposizione perché magari rovina il monitoraggio di un protocollo o magari perché può dare un aumento di temperatura). Difficilmente lo faccio in corso di chemio- spiega Burigana.
E se un paziente non vuole fare cure convenzionali e solo vischio? ‘Ecco questo sarebbe un grande problema etico umano. È irragionevole se il tumore non ha già oltrepassato le possibilità delle terapie convenzionali. La medicina Antroposofica non si pone come alternativa alla medicina convenzionale ma come suo allargamento perché prende in considerazione altri aspetti della conoscenza dell’umano. Non si nega il valore della biochimica ma si amplia la sua visione. Detto questo le risposte ne conseguono. Nulla di quanto proviene dalla medicina viene negato’.
‘Anche nelle indicazioni originali di Rudolf Steiner, l’aspetto dell’albero ospite riveste un ruolo fondamentale nella terapia antroposofica con il vischio. Possiamo infatti vedere come esista una decisa differenza nel trattamento degli adenocarcinomi e dei tumori epiteliali‘. ‘Semplificando, potremmo dire che nel primo caso sono tendenzialmente indicate tipologie di vischio provenienti dalle latifoglie, quali la quercia e il melo, mentre nel secondo si preferiscono derivati dalle conifere, quindi abete e pino. A questo schema fa eccezione il carcinoma mammario, che rientra tra gli adenocarcinomi. Per questo tipo di carcinoma viene anche indicato, soprattutto nella postmenopausa ma in alcuni casi anche nella premenopausa, il vischio di pino oltre a quello del melo. In ogni caso la scelta del tipo di albero ospite è spesso basata sulle caratteristiche individuali del paziente”.
L’ evento tumore per l antroposofia è conseguenza di uno squilibrio nelle connessioni tra le parti costitutive dell’uomo: il corpo vitale (forze vegetative) e il corpo fisico (l’uomo minerale, biochimico) tra loro e in relazione all’uomo superiore (anima e organizzazione dell’io o spirito). Per Steiner il vischio, che cresce nell’aria e nella luce, lontano dalla terra, porterebbe luce e calore, forze opposte ai processi di indurimento, di freddo che il tumore genera nel corpo. Ma, conclude il medico, ‘la cura magica da diffondere alle persone non esiste, non è giusto dirlo e i medici antroposofici questo non lo faranno mai’