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Chiuppano. ‘Mi chiamo Yassine e oggi vi dico basta’. Il video di denuncia

Mi chiamo Yassine, Yassine Hasnabi. Lo scandisce lettera per lettera e lo ripete questo nome che con l’italiano proprio non c’azzecca.

Lui è un bel ragazzo di 34 anni, 29 di questi trascorsi nel nostro Paese prima a Trento e ora a Chiuppano: di giorno cameriere nella mensa di una grossa azienda metalmeccanica della zona, di sera pizzaiolo. Una passione per il piatto più rappresentativo della cucina italiana che Yassine definisce un’opera d’arte che gli ha permesso di comunicare tante cose.

Yassine – Jolly per gli amici – che ancora non è riuscito ad avere una casa tutta sua, vive con papà e mamma, entrambi orgogliosi di questo ragazzotto all’apparenza sorridente e scanzonato, innamorato della vita e della sua ragazza che spera di rendere sempre felice e orgogliosa di lui.

Tanti amici e tanta voglia di vivere una vita ancora tutta da costruire, emozioni positive che si infrangono contro un peso che Yassine non è più riuscito a soffocare, realizzando un video pubblicato sulle sue pagine social che ha subito attirato l’attenzione di conoscenti e non.

Un video di denuncia che più che puntare il dito contro gli altri, vuole raccontare la sofferenza e il disagio contro tanti appellativi ignoranti, fatti magari con quella ingenuità quasi disarmante e connaturata nel pensiero comune a molti che ben descrive una propensione alla discriminazione ben lungi dall’essere sradicata: “Oh negro, ciocolatin, mangiabanane…” e via discorrendo in un’escalation di parole e frasi ingiuriose che giorno dopo giorno si sono sedimentate nell’intimo di questo ragazzo i cui occhi tristi e sinceri dicono tutto.

A ferirlo, anche gli atteggiamenti di tanti che pur lo hanno visto crescere e che forse non si sono resi conto che ogni parola ha avuto un peso e che dietro il sorriso con cui Yassine incassava il colpo, si celava tanto dolore: “Fai le pizze così buone, impossibile che tu sia marocchino” una delle ‘considerazioni’ che forse più lo hanno toccato.

“E’ la prima volta che esterno questo mio malessere e forse alcuni si sorprenderanno, a casa ho sempre evitato per non far soffrire i miei genitori e per non pesare sulla mia fidanzata, ma non ce l’ho più fatta. A volte assieme agli insulti non sono mancati persino gli sputi, ho sempre cercato di non reagire perchè sono convinto che la violenza porti solo altra violenza. E poi basta che solo una volta alzi lo sguardo di fronte all’ennesima umiliazione che già ti accusano di essere un provocatore, uno che sta bene ‘messo al suo posto’ quindi ho sempre cercato di non reagire e di mantenere la calma…E’ brutto non essere chiamato col proprio nome, io voglio solo essere chiamato col mio nome, essere accettato come individuo, fare la mia vita senza dovermi vergognare di qualcosa”.

Parole amarissime che sono fendenti proprio nei giorni in cui la lotta al razzismo, almeno negli intenti, è tornata in primo piano coinvolgendo anche l’ambito sportivo: “A me non interessa la politica” – prosegue Yassine – “e non voglio essere strumentalizzato. Mi sento figlio della terra, non sento il bisogno di rimarcare un’identità a tutti i costi, ma sono consapevole che l’Italia è la patria a cui sono grato per avermi accolto e sento che sarà anche la mia dimora per il futuro”.

Già, il futuro. Vieni da chiedersi quale potrà essere il futuro in una società così evoluta in fretta da non far pace con sè stessa, da non trovare quell’equilibrio in cui veramente tutti possano serenamente sentirsi parte legittimata in modo paritario: “Fanculo il razzismo” è il titolo colorito ma eloquente che Yassine ha dato al suo video.

Un modo di esorcizzare un demone che ha saputo scavare un solco profondo e forse insanabile nell’animo di un ragazzo colpevole di essere nato lontano dai privilegi di chi oggi offende quasi ritenendolo semplicemente un modo per scherzare e per risultare simpatico: “Nonostante tutto io voglio credere che le cose cambieranno, se ho pubblicato questo video è perchè credo che possa servire, nel suo piccolo, a dare un contributo contro ogni forma di discriminazione fosse anche solo verbale, anche per fare ironia che poi ironia non è”.

“Le cose cambieranno” ripete come un mantra nel video e anche durante l’intervista quasi per convincersi che sarà così: forse pensando alle tante notti in cui non riusciva a prendere sonno, tra le lacrime e i tanti ‘perchè’ senza risposta. Aspettando che arrivi domani.

Marco Zorzi