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Povertà, a rischio 870 mila veneti. “Pronto piano da 100 mln”

Il Veneto si da tempo tre anni per ridurre la soglia di povertà, con oltre 870 mila veneti a rischio esclusione sociale. In campo 100 milioni di euro e progetti di lavoro integrato col potenziamento del ‘reddito di inclusione attiva’. “Ora in attesa dell’ok ministeriale”.

La Giunta regionale, su proposta dell’assessore al sociale Manuela Lanzarin e di concerto con l’assessore al Lavoro Elena Donazzan, ha approvato un programma triennale, previsto dalla legislazione nazionale, per ridurre le cause dell’impoverimento e aiutare le persone a uscire da condizioni di marginalità ed esclusione sociale.

Il piano veneto, ora in attesa dell’ok ministeriale, mette in moto quasi 100 milioni di risorse finanziarie. Ma soprattutto declina, in chiave regionale, un modello di lavoro integrato, che coniuga pubblico e privato, istituzioni e volontariato per creare un approccio omogeneo in tutto il territorio, con l’obiettivo di creare solidarietà e percorsi di inclusione sociale, evitando sovrapposizione, doppioni o interventi frammentari.

“Più che di un documento – dichiara l’assessore Lanzarin- si tratta di potenziare un approccio di sistema a rete su tutto il territorio regionale, con la funzione di ‘proteggere’ le persone più fragili e a rischio povertà e di attivare, di volta in volta, le risorse e i servizi disponibili in quel territorio per aiutare persone e famiglie in gravi difficoltà. Grazie anche alla collaborazione con l’Alleanza regionale contro la povertà, che rappresenta gli enti del Terzo Settore che si occupano di disagio sociale e di povertà, e con gli Ambiti territoriali e l’Ordine degli assistenti sociali, abbiamo sviluppato un modello di intervento, snello ma solido, con ‘punti di accesso’ in ogni comune e nuclei operativi di coordinamento, che ci consentirà di tarare gli interventi sui bisogni reali delle persone, evitare doppioni e sovrapposizioni, e superare i rischi dell’assistenzialismo investendo sulle potenzialità e la crescita delle persone”.

La ‘chiave di volta’ del piano è Ria, il ‘reddito di inclusione attiva’, che a differenza del Rei – il reddito di inclusione previsto su scala nazionale per nuclei familiari sotto la soglia di povertà – è una forma di sussidio minimo condizionato all’adesione a un progetto personalizzato.

“In Veneto abbiamo scelto una strada diversa e più inclusiva, per aiutare gli oltre 877 mila residenti che versano in situazione di difficoltà – spiega l’assessore Lanzarin – già dal 2013 abbiamo sperimentato il Reddito di Inclusione Attiva (Ria), misura di accompagnamento e di inserimento, che abbina l’assegno di sostegno a percorsi personalizzati di aiuto e di attivazione delle risorse personali e territoriali. Al 31 dicembre dello scorso anno erano oltre mille le persone beneficiarie. Il Ria., gestito dai Comuni in collaborazione con associazioni di categoria ed enti del Terzo Settore, ha fatto scuola, perché ha obbligato i servizi a lavorare insieme e ad adottare un approccio integrato: le persone in difficoltà hanno bisogno non solo di un pasto e di un tetto, ma di riuscire a trovare un lavoro, di relazioni positive e di un posto nella società. Da qui la scelta veneta di valorizzare il nostro modello di integrazione tra servizi: il Piano regionale investe 3,7 milioni di euro nel Ria e fa da ‘cabina di regia’ per collegare e potenziare progetti e interventi che sono già attivi nel territorio rinviando ai 21 Ambiti territoriali (i territori delle ex Ulss, rappresentati dai Comitati dei sindaci) la definizione di una sezione dedicata alla povertà nei propri Piani di zona”.

I numeri del ‘piano veneto’
Per il contrasto alla povertà e all’esclusione sociale il ‘piano veneto’ prevede una serie di strumenti/interventi, che rafforzano la quota regionale (15 milioni) del fondo nazionale antipovertà:
• Il Reddito di Inclusione Attiva, già attivato da 147 comuni, verrà esteso ulteriormente nel 2018 attraverso lo stanziamento complessivo di 3,7 milioni di euro
• Il sostegno all’abitare (1,8 milioni di euro)
• Il Banco alimentare e gli Empori della solidarietà, che nel 2017 hanno distribuito oltre 6,4 mila tonnellate di cibo sostenendo 142 mila persone (600 mila euro il contributo regionale)
• Il network anti-tratta e anti-sfruttamento tra 98 enti pubblici e del privato sociale, che nel 2017 ha raggiunto 1.721 persone e ha avviato a servizi e tirocini lavorativi oltre 200 persone (la Regione è partner del progetto Nave con 150 mila euro)
• I lavori di pubblica utilità e le azioni integrate di coesione sociale, finanziate con il Fondo sociale europeo. Nel 2017 ai progetti per lavori socialmente utili hanno aderito 238 comuni per complessivi 865 lavoratori coinvolti, con un impegno economico di 5,2 milioni di euro. Nel 2018 sono stati stanziati 4,8 milioni di euro per lavoratori di pubblica utilità, 1 milione di euro per i lavori a impatto sociale, orientati a supportare l’attività degli Uffici giudiziari del Veneto, e 6 milioni di euro per le azioni integrate di coesione territoriale per l’inserimento di disoccupati di lunga durata e/o over 50.
• Il progetto Dom.Veneto che la Regione finanzia con 3,3 milioni di euro per realizzare l’”housing first’, cioè un inserimento graduale delle persone senza fissa dimora, a partire dal diritto all’alloggio
• interventi di contrasto alla povertà educativa con 500.000 euro
• Investimenti per 29 milioni di euro nell’edilizia residenziale pubblica per potenziare il numero di alloggi Ater (è previsto il recupero di 370 appartamenti con un investimento complessivo di 19 milioni di euro) e sostenere progetti di coabitazione (social housing, con 10 milioni di investimento), ai quali si aggiungono 7 milioni di investimenti per realizzare 12 strutture di primo alloggio per i senza fissa dimora

In totale le risorse contabilizzate in investimenti strutturali e servizi sfiorano i 100 milioni di euro (61 per le politiche sociali e abitative, 36 per le politiche occupazionali), alle quali va sommato l’apporto dei professionisti e dei volontari, che sono i ‘terminali’ diretti della rete di contrasto alla povertà.

“Il punto di forza sta nell’approccio multidisciplinare e integrato – sottolinea l’assessore Lanzarin – In ogni territorio ci dovrà essere un “Nucleo operativo d’ambito”, uno strumento di coordinamento gestito dall’assistente sociale: sono gli assistenti sociali il perno e lo snodo di connessione tra i vari servizi e interventi. Dovranno inquadrare il bisogno, costruire un percorso possibile di inclusione, attivare i servizi e le risorse del territorio. Solo chi conosce bene e da vicino problemi e risorse delle persone e del territorio può impostare, da buon regista, percorsi e modi per uscire dalla povertà. Obiettivo del Piano regionale è avere un/un’assistente sociale ogni 5 mila abitanti, così come stabilito a livello nazionale (attualmente il rapporto in Veneto è 1/7200 abitanti, ndr), in modo da coprire tutto il territorio regionale”.

“Il Piano regionale – conclude Lanzarin – è prima di tutto un processo culturale: il problema povertà non è affrontabile solo in termini individuali o familiari, o solo con i sussidi pubblici, ma richiede l’intervento di una comunità. Solo mettendo insieme risorse, competenze, professionalità e disponibilità, si possono trovare i modi migliori per aiutare le persone a recuperare dignità, consapevolezza di sé e voce per esigere i diritti essenziali”.

a cura ufficio stampa Regione Veneto