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Thiene. Antarou Mounkaila, mussulmano sposato con una cattolica: ” Uccidere nel nome di Allah è indegno”

La parola del Signore è nelle nostre mani, ma ognuno di noi deve cominciare a sentirsi un ” ambasciatore di Dio”.
Questo è il messaggio  di Antarou Mounkaila 43 anni metalmeccanico, sposato con Laura e con due figli, che si definisce un ” mussulmano serio” e cerca le parole per esprimere al mondo cattolico il proprio rammarico , dopo i recenti episodi di terrorismo che hanno colpito perfino in  Chiesa.
Dalla sua toccante intervista traspaiono tutto l’ imbarazzo del mondo islamico, nel sentirsi chiamato in causa da situazioni che con l’Islam non hanno niente a che fare, e tutto l’amore per la propria religione, violata nei suoi contenuti più fondamentali, oltre che il coraggio, mitigato da un senso di impotenza, di voler far chiaro per poter difendere i valori che questa religione incarna.
” E imbarazzante – confessa allibito – arrivare sul posto di lavoro, sentirsi dire dai colleghi che c’è stato un altro attentato della jihad e non trovare più le parole per dire che l’ Islam non è tutto questo. È difficile sentirsi chiedere dai figli perché si uccide in nome di Allah e sapere che anche loro fra gli amici italiani sentiranno pesare su di sè sguardi di rimprovero per la propria fede.
È un dolore profondo  pronunciare l’invocazione “Allahu Akbar” senza collegarli agli episodi di violenza recenti , insegnatami dai miei padri per chiedere forza nei momenti di difficoltà, perché la sento ” imbrattata” da chi l’ha usata per trovare il coraggio omicida”.
Questo è il dramma di tanti mussulmani d’oggi che osservano impotenti lo scempio degli insegnamenti più sacri, da parte di chi li strumentalizza per fini politici o di strategia militare.
Da quando è arrivato diciottenne dal Ghana, Antarou ha sperimentato l’integrazione in diversi contesti: Germania, Inghilterra, Danimarca ed Italia e, quando interrogato sulle differenze, conclude che tutti questi paesi, all’inizio ugualmente aperti, hanno cambiato atteggiamento nei confronti del mondo mussulmano nel periodo recente, dopo gli episodi dell’ 11 settembre, che per lui hanno segnato lo spartiacque di un periodo di crescente terrore ed ostilità.
” Questa diffidenza la respiri nel quotidiano, quando accompagni i tuoi figli al parco e ti accorgi che un gruppo etnico non riesce a sorridere all’altro, magari nemmeno a condividere la stessa panchina. C’è distanza perfino nelle donne che si girano le spalle, convinte di chissà quali pregiudizi nelle loro vicine, mentre i bambini, almeno loro, giocano ignari tutti insieme”
Ci sarebbero tante cose da dire, invece si tace, ognuno per parte sua, e questo peggiora le cose.

Che cosa proporre allora nel concreto?

” Credo che la via all’integrazione sia un percorso politico, da giocare però non in grande, sul piano nazionale, bensì nella quotidianità della politica locale – suggerisce – bisogna creare occasioni di incontro e di dialogo fra cattolici ed islamici, scambi di opinione fra culture diverse.
Bisogna partire dalle scuole, coinvolgere le comunità, parlare alle famiglie.
Sarebbe molto bello vedere qualche personaggio non mussulmano varcare le mura della moschea, non è vietato, l’unica cosa da lasciare fuori sono le scarpe…”
Sarebbe apprezzato dal mondo mussulmano un tentativo di incontro, per parlare di quello che si immagina soltanto, colorandolo a tinte fosche.

” Se anche noi mussulmani ci sentiamo appoggiati – continua – ecco che troveremo il coraggio di denunciare per primi coloro che fra noi hanno toni esagerati .”
Arriviamo così inevitabilmente a commentare i recenti episodi di Noventa Vicentina: ” Io credo che difficilmente un Iman possa aver pronunciato parole di esclusione così forti, probabilmente sarà stato poco chiaro e si sarà lasciato fraintendere. Comunque se gli inquirenti hanno verificato che i suoi messaggi veramente potevano essere controproducenti per l’integrazione, è stato giusto allontanarlo”

“Un mussulmano sposato con una donna cattolica, tu sei un esempio di perfetta tolleranza religiosa!”

Antarou sorride, alludendo che i problemi di una coppia non sono certo soprattutto quelli della religione, ma poi diventa molto serio quando afferma:” Quando una persona cerca Dio, non guarda di che religione è colui che gliene parla. Ascolta piuttosto le sue parole, e gli è subito chiaro se toccano il suo cuore oppure no”
Lui stesso non disdegna di ascoltare predicatori cristiani, soprattutto quelli anglosassoni e nordamericani, che affrontano nelle loro prediche le problematiche di una società multirazziale molto più matura di quella italiana.

” Seguire Dio non è ancora religione – così spiega il suo punto di vista – Seguire Dio per un mussulmano, non vedo il problema; seguire Dio per un cattolico, non vedo il problema.”
La religione invece è, a modo suo, già una sovrastruttura:” Ha a che fare con il governare una comunità, e come tale è storicizzata e politicamente strumentalizzabile
È per questo che un libro sacro, come può essere il Corano, ma anche la Bibbia, non può venire applicato alla lettera, ma deve venire prima interpretato.”
“Non posso estrapolare una frase che si riferisce ad un contesto storico vecchio di secoli ed usarla per dire che il Corano è un testo guerrafondaio – del resto sappiamo tutti che anche nella nostra Bibbia si parla di stragi, e che il nostro cristianesimo non è identificabile con il Ku Klux Klan !
“Uccidere per la religione è un controsenso, uccidere in una chiesa lo è ancora di più – soggiunge inorridito – C’è un riferimento esplicito a questo aspetto nel Corano, che raccomanda di rispettare assolutamente il luogo di culto altrui, per avere il rispetto del proprio. E poi, uccidere un uomo che prega è un delitto contro la parte migliore dell’uomo: non c’è atteggiamento più lontano dalla guerra di quello della preghiera.” In sostanza, come sparare alle spalle.
Se Antarou Mounkaila crede moltissimo alla parola del dialogo cittadino fra gruppi di fede ed etnia diversa, è invece estremamente diffidente nei confronti della parola di Internet.
” Internet permette a chiunque di lanciare un messaggio, anche profondamente sbagliato, e, solo perché parla da un computer, ci sarà chi crederà che si tratti di un esperto. l’Islam, per esempio, è così facilmente mal interpretato da certi falsi predicatori, che usano la religione per entrare nella coscienza degli uomini, forti del suo approccio emotivo, come chi, volendo piacere al marito, fa amicizia prima con la moglie, per sfruttare il sentimento che li lega”.
Non fa accenno, Antarou, alle situazioni reali di emarginazione di certa balieue, che nutrono quotidianamente la delinquenza ed il terrorismo di adepti desiderosi solo di valori, anche effimeri, di autoaffermazione.
Non parla nemmeno degli scompensi del mondo, che soggiacciono alla propaganda, violenta ma non sempre immotivata, dell’autolegittimazione mediorientale.
La sua è la voce, pacata ed addolorata, di chi non cerca più parole per tentare di giustificare e vorrebbe solo mettere la parola fine.

Umberto D’Anna