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Madame insultata e offesa per il suo aspetto fisico. Le donne le più spietate. Il body shaming è un reato

Prendere in giro pubblicamente una persona per i suoi difetti fisici è diffamazione, anche se ciò avviene su Facebook o su altri social. Per il reato su interne si applica l’aggravante. Potrebbe diventare ricca Madame, presa di mira in questi giorni per aver pubblicato una foto in mutande e reggiseno. E via di body shaming con insulti da brividi: “Sembri una nutria…”, “Sembri mio zio Calogero…” , “Sarebbe un incubo incontrarti…”, “Pecato che bisognaria essere un peo beine pa far certe foto e non aver el fisico da muraro(ovviamente senza offesa pai murari)”. E ancora: “E’ la fiera delle vacche…bisogna che si spogli per capire l’esemplare”. Impossibile riportarli tutti e quelli più squallidi, più cattivi, più inquietanti, più spregevoli, più offensivi, più spietati non sono di maschietti, le cui parole ti fanno pensare ad un testicolo, ma da donne, che ci mettono anche nome, cognome e foto che le ritraggono con figlie dell’età di Madame.  Spesso sono nonne. Come lo so? Perchè sabato sera, mi sono imbattuta in un articolo di Vicenza Today, dove si contano (sulla pagina facebook), circa mille commenti di puro veleno nei confronti di questa cantante, che potrebbe essere la figlia di ognuno di noi. Quando leggevo i commenti più cattivi, cliccavo sul profilo per capirne di più di chi proferiva quelle frasi scioccanti. Quasi disumane. Quelli più terrificanti non riesco a riportarli.

Ma si possono leggere sulla pagina facebook di VicenzaToday.

Nessuno che le augura l’in bocca al lupo per l’esperienza a Sanremo. Nessuno che esprime orgoglio perchè lei è vicentina e porterà ancora una volta la sua arte sul palcoscenico del Festival più famoso. Solo accuse al suo aspetto fisico, che , a detta della valanga di utenti della rete, non sarebbe compatibile con mutanda e reggiseno. Come se al mare noi vediamo solo modelle senza un filo di cellulite. Come se chi non ha il fisico di Miss Italia non avesse diritto a farsi ritrarre in intimo. Ma non credo siano esclusivamente valutazioni sul fisico, come se il numero sulla bilancia fosse il permesso per mostrare il proprio corpo. E’ successa la stessa cosa poche ore fa a Valentina Ferragni, “colpevole” secondo gli haters di aver posato in mutande e reggiseno (è la modella di Yamamahi) , ed essere troppo magra. Anche in questo caso, parte il primo commento, ma lo stop arriva dalla stessa vittima di body shaming che risponde a tono, come probabilmente non è riuscita a fare Madame. Ho provato ad immaginare questa ragazza che leggeva tutti quei commenti sul suo aspetto fisico.

Oltre ad essere degli imprudenti che non sanno che oggi la legge punisce severamente chi si prende scherno del prossimo sui social anche con una semplice faccina che ride, chi dà sfogo alla propria cattiveria sulla tastiera dovrebbe pensare che molte volte, questo tipo di commenti hanno portato al suicidio di fragili vittime. Ragazze che non hanno retto a certi attacchi.

L’altro giorno, è stata un’altra artista vicentina, Francesca Michelin, a dare una lezione ai malvagi, ai frustrati, ai testicoli e agli odiatori della rete. Lo ha fatto scrivendo: “I social ci hanno portato ad avere un’opinione su tutto e a commentare qualsiasi cosa, anche se non ci è richiesto. Siamo convinti di avere la verità in tasca. Abbiamo smesso di fidarci e di affidarci alle persone competenti. Ma, soprattutto, non sappiamo più farci i ca*** nostri. Prima di commentare l’aspetto fisico o qualsiasi caratteristica di una persona, chiediamoci perché dovremmo commentarlo e soprattutto se, facendolo, la cosa sarebbe utile. Ci si renderà presto conto che commentare il corpo altrui e la condizione fisica altrui non serve a nulla. Anzi, spesso l’altra persona può rimanerci molto male, e non sempre una persona dimagrisce o ingrassa per motivi puramente estetici”.

Natalia Bandiera

 

Perchè rischia grosso chi fa body shaming anche solo con le emoticon su Facebook 

È diffamazione il body shaming ai danni di una persona in un post su Facebook anche attraverso emoticon di dileggio. Lo afferma la Corte di Cassazione in una sentenza depositata nei giorni scorsi che affronta il caso di un imputato che ha offeso la reputazione di una donna ipovedente perché, è scritto nel dispositivo, “comunicando attraverso il social network e pubblicando opinioni in un post dedicato a problemi di viabilità di un Comune faceva espresso riferimento ai deficit visivi della parte civile con frasi come ‘Mi verrebbe da scrivere la lince, ma ho rispetto per la gente sfortunata’ con più emoticon simboleggianti risate’, dileggiandola”. Il Tribunale di Varese aveva in un primo tempo aveva condannato l’imputato per diffamazione a 800 euro di multa e 2000 di risarcimento ma la Corte d’Appello di Milano lo aveva assolto riqualificando il reato in ingiuria che nel frattempo è però stato abrogato. Gli ‘ermellini’ hanno ora accolto la richiesta della parte civile di qualificare l’episodio come una diffamazione “considerato che la condotta di chi prende in giro una persona per alcune caratteristiche fisiche comunicando con più persone è senza dubbio un’aggressione alla reputazione di una persona”.