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Sanità. In Veneto quella pubblica si ‘mangia’ infermieri e coop: “servizi a rischio, serve personale dall’estero”

La carenza di infermieri in Veneto non è una novità, ma ora la situazione si fa ancora più complicata per il mondo della cooperazione sociale, che a causa del boom di assunzioni negli ospedali pubblici dovuto alla pandemia si vede ‘portar via’ gran parte del personale. Lo segnala Confcooperative Federsolidarietà Veneto, che parla di importante “esodo verso gli ospedali” che sta lasciando “sguarniti i servizi delle nostre associate”. Nel giro di meno di un anno, “alcune cooperative sociali hanno registrato oltre 50 dimissioni di infermieri”, e “I servizi che risentono maggiormente di questa carenza sono quelli residenziali per anziani e di sanità territoriale quali i servizi prelievi, i servizi di assistenza domiciliare e le medicine di gruppo”, spiega Raffaella Da Ros, presidente della cooperativa sociale ‘Insieme si può’.
“Le cooperative chiedono di poter aprire un tavolo di confronto con la Regione che possa trovare delle possibili soluzioni e governare l’emergenza. Le conseguenze di questa mancanza potrebbero ricadere inevitabilmente sui servizi alle persone più fragili gestiti dalle cooperative e di cui il sistema di welfare dovrebbe prendersi cura in primis”, aggiunge Eugenio Anzanello, presidente di Confcooperative Federsolidarietà Treviso. Insomma, “Confcooperative Federsolidarietà Veneto si dichiara disponibile a ragionare insieme alle Ulss e alla Regione per affrontare concretamente il problema dell’impossibilità di reperire personale infermieristico per individuare soluzioni concrete che salvaguardino la tenuta dei servizi”, conclude Roberto Baldo, presidente di Confcooperative Federsolidarietà Veneto.
Trovare una soluzione non sembra ad ogni modo semplice, e le coop “si stanno indirizzando a cercare personale all’estero”, spiega Da Ros alla ‘Dire’. Per farlo in modo organico, però, servirebbe “una cabina di regia, sia essa la Regione o la Prefettura, che in qualche modo coordini queste iniziative anche per avere la certezza del personale che portiamo qui e della documentazione che ci produce”. Oggi invece, “abbiamo aperto canali di dialogo con consolati, con procacciatori tutto in giro per il mondo”. E “i tempi sono lunghi”. Aiuterebbe poi un intervento a livello nazionale, per individuare il modo di “privilegiare un canale, evitando che ognuno vada per conto proprio”, conclude Da Ros.
agenzia Dire