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Fara. Dopo 35 anni chiude l’agriturismo “San Fortunato”. Qui discussa la prima legge sull’agriturismo

La sua vita è stata dedita alla sua attività, ai suoi clienti e dopo 35 anni di onorata carriera, Francesco Poletto, 77 anni, ha deciso di chiudere per sempre il suo Agriturismo San Fortunato a Fara Vicentino. La chiusura è avvenuta a novembre 2022, una decisione sofferta ma necessaria. Come sempre tutto parte da un sogno, in questo caso un sogno di famiglia, quello di portare avanti le tradizioni culinarie della nonna di Poletto che, già in periodo di guerra, gestiva l’allora ‘Osteria Bersagliera’ di Piovene Rocchette, per poi spostarsi a Fara Vicentino in quella che ora è conosciuta come ‘Trattoria Pozzan DA Pierino’.

“Ho aperto l’agriturismo con mia mamma, Sorgato Amneris, nel giugno ’85. Ho sempre avuto la passione della cucina, tramandata sicuramente dalla nonna ma anche da mia madre. Cucinavamo le loro ricette, le nostre portate più famose erano di carne allo spiedo, carni miste, si cucinava tanta selvaggina. Quello che chiedevano i nostri clienti ma sempre su prenotazione. Mia mamma è venuta a mancare una ventina di anni fa e da allora io e mia moglie abbiamo continuato la gestione insieme, ricordandola tramite le sue ricette”. Una conduzione familiare che comprendeva quindi anche la moglie Roberta, in un agriturismo immerso nel verde tra le colline di Fara Vicentino dove il tempo sembrava fermarsi per poter godere a pieno attimi di pace e relax tra natura e famiglia. “La nostra casa è sopra l’attività, quindi tuttora ci abitiamo. Ancora ci chiamano ex clienti che ci chiedono prenotazioni e il perché abbiamo chiuso ma, ad un certo punto come si suol dire, ‘si devono tirare i remi in barca’ e pensare ai propri cari, a noi stessi”. Le recensioni che si trovano sul web sono positive, raccontano di una luogo accogliente, con ottimo cibo, cordialità, prezzi contenuti. Qualità, cordialità, specialità, freschezza, il tutto servito tra la natura. Anche sulla pagina “Sei di Fara se…” spunta un post dove si chiede se l’attività è ancora attiva e in coda una serie di commenti positivi compaiono proprio a dimostrazione di quanto i clienti siano rimasti affezionati. Una scelta quindi difficile quella di chiudere definitivamente, necessaria per abbracciare la tanto attesa pensione ma anche perché non ci sarebbe potuto essere un sostituto in famiglia: “Ho solo un figlio e lui abita con la sua famiglia in California. Ha scelto un’altra strada, quella di fare il ricercatore e io lo rispetto. Proprio perché so che questo lavoro non lo farà mai, ho deciso di chiudere con dignità tenendomi stretto i ricordi”. E quante ne hanno viste quelle mura! La prima legge quadro per la disciplina dell’agriturismo, Legge 5 dicembre 1985 n. 730, è stata discussa e proposta proprio nel ’85 al San Fortunato, in seguito inviata in Regione e approvata. Personaggi famosi hanno fatto ‘tappa’ in agriturismo come Roberto Baggio, l’attore Giustino Durano, i corazzieri venuti in visita per il loro ex comandante Giancesco Azzolini, il presidente del Veneto Giancarlo Galan, imprenditori come Renzo Rosso, ma anche personaggi della zona come l’attuale sindaco di Thiene Giampi Michelusi: “Ricordo che quando veniva qui Giampi a mangiare, mi diceva di sentirsi in famiglia” ricorda Poletto. E forse è proprio questo, insieme alla qualità dei piatti serviti, ciò che manca ai clienti e tiene vivo il ricordo di questo agriturismo, ovvero l’atmosfera familiare che si respirava, un ambiente casalingo e intimo dove poter scambiare chiacchiere e risate accompagnate da buon vino. Un luogo dove ritrovare i valori di un tempo. Ma ad un certo punto della propria vita, è giusto fermarsi, ringraziare per il lavoro svolto e ritirarsi con dignità, sicuri di aver svolto bene il proprio compito e di aver dato gli anni migliori della propria vita ai clienti. Senza pretendere troppo da se stessi, è opportuno fare un passo indietro e calare il sipario quando ancora è possibile vedere il sorriso sul volto dei propri clienti, senza forzature. “Gli ultimi anni con il covid sono sicuramente stati duri perché la gente non si muoveva però tutto sommato è andata bene perché eravamo qui, a contatto con i campi, all’aria aperta, isolati ma in famiglia senza aver problemi di possibili contatti. Sono felice di ciò che è stata la mia vita e ho ottenuto molte soddisfazioni. Ora mi godo la mia vita, i miei nipoti quando mi vengono a trovare, nella tranquillità della mia collina”.

 

Laura San Brunone