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Autonomia. Boccia: “Colmare il divario tra nord e sud”. L’ira di Zaia

51 anni, economista, pugliese di Bisceglie, con una passione per il Mezzogiorno. E’ Francesco Boccia, esponente di spicco del Pd, il nuovo ministro per le Autonomie e gli Affari Regionali.

Raccoglie il testimone della trissinese Erika Stefani, che nei precedenti 14 mesi di governo ha stilato le bozze e si è battuta per trovare un accordo tra il governo e le Regioni che avevano chiesto maggiore autonomia.

La palla, sul tema che sta più caro ai veneti, passa ora al neoministro, che dopo una laurea in Scienze Politiche ed un master of business administration alla Bocconi ha intrapreso la carriera accademica come ricercatore alla London School of Economics e docente universitario nelle università dell’Illinois (Chicago) e Cattaneo (Castellanza, VA). Parlamentare Dem da 3 legislature, è noto per avere inventato la webtax e per aver siglato l’accordo con alcune aziende per sperimentare il salario di inserimento per i giovani.

Sembrerebbe una scelta provocatoria, quasi una presa in giro per il lavoro svolto finora da Erika Stefani e dal team di Luca Zaia in favore del Veneto e delle regioni che hanno chiesto l’autonomia per stimolare il virtuosismo delle amministrazioni nella gestione economica, in realtà Boccia è l’uomo ideale per rappresentare la “discontinuità” voluta e dichiarata in fase di accordo preliminare del governo giallorosso dal segretario del Pd Nicola Zingaretti, che proprio in Boccia ha identificato la figura diametralmente opposta ad Erika Stefani. Una discontinuità che il Partito Democratico, che vanta una potenza politica indiscutibile, sembra intenzionato a perseguire e non è difficile pensare che i prossimi anni di governo saranno a trazione Dem, con Boccia supportato a portare a termine il suo mandato perseguendo i suoi obiettivi.

Zaia: ‘Il tema autonomia resta per me priorità’

Il governatore del Veneto Luca Zaia non appare soddisfatto dalla nomina del nuovo ministro, ricordando bene che il neoministro, commentando il testo proposto da Erika Stefani aveva sottolineato: “Il testo che sta discutendo il governo spacca il Paese perché basa tutto sulla cultura del lavoro-guadagno, pago-pretendo. Se si va avanti così si va verso la disgregazione”.

Zaia, pur dichiarando di “non cercare la rissa”, alza le barricate senza risparmiare frecciate al governo Lega-5 Stelle: “Guardo i fatti, non cerco la rissa ma non faccio sconti, come non ne ho mai fatti a nessuno. Il tema dell’autonomia regionale differenziata resta per me la priorità, nel rispetto del voto dei cittadini veneti. Attendo al varco il nuovo ministro, che conosco soltanto di vista. O ci danno l’autonomia, o modificano la Costituzione: non c’è altra soluzione. Boccia è il nostro nuovo interlocutore, gli porteremo subito i progetti fin qui istruiti e poi saranno gli atti concreti a dire se sarà un buon percorso oppure no: oramai, le abbiamo tentate tutte. Con il governo Lega-M5s non abbiamo portato a casa nulla, nel senso che abbiamo fatto tutto il lavoro preparatorio ma non siamo arrivati a nessuna conclusione. Ora Boccia si trova davanti un lavoro pressoché concluso, vedremo se farà come al gioco dell’oca iniziando tutto daccapo: avremo modo di capirlo molto presto. La nostra posizione è chiara. Chi non vuole l’autonomia differenziata è una ristretta minoranza. Noi chiediamo 23 materie, come anche la Lombardia: finiamola con questa manfrina per cui sarebbero troppe. L’autonomia non è stata concessa neanche a chi chiedeva 15 o 12 materie. Non è che chiederne di meno abbia prodotto un risultato. E non c’entra nulla con la garanzia della coesione nazionale, che non è messa in discussione ed è garantita dalla Costituzione”. Sulla stessa linea anche Attilio Fontana, governatore della Lombardia, che ha dichiarato: “Ho letto dichiarazioni del nuovo ministro contro l’autonomia, spero non corrispondano alle sue intenzioni”.

L’interpellanza ed il primo approccio di Boccia all’Autonomia

La prima vera ‘azione’ che il neoministro aveva intrapreso sul tema delle Autonomie Regionali risale al 21 luglio scorso, quando per primo firmò un’interpellanza urgente, promossa da Nicola Oddati (responsabile Mezzogiorno del Partito Democratico) agli allora ministri Tria e Lezzi, chiedendo chiarimenti in merito a risorse ed investimenti al sud.

“Appare opportuno procedere prioritariamente a colmare il divario tra Nord e Sud che le scelte degli anni passati hanno determinato, reintegrando al Sud le risorse che gli sono state indebitamente sottratte – recitava l’interpellanza – Occorre verificare l’effettivo riparto di risorse ordinarie per gli investimenti pubblici tra Nord e Sud degli ultimi venti anni e individuare gli indici di perequazione infrastrutturale; occorre definire i livelli essenziali delle prestazioni e garantire le risorse necessarie per raggiungerli, su base regionale, anche in termini di personale qualificato e dipendenti pubblici, individuando un criterio di perequazione da estendere anche alla spesa corrente; si tratta di questioni di vitale importanza per i cittadini: basti pensare alla sanità, all’infanzia e all’istruzione, al trasporto pubblico locale, per non parlare di diritto all’abitazione e delle politiche per il lavoro. L’alta velocità ferroviaria – ribadiva l’interpellanza – è l’esempio più evidente: la rete italiana per i treni veloci si sviluppa su 1.467 Km di binari e quelli al Sud sono solo il 16%. Negli ultimi 20 anni si è sviluppata una tendenza ad impegnare più risorse dove ci si aspettava una maggiore redditività e più brevi tempi di risposta con una grave penalizzazione del mezzogiorno. Chiediamo pertanto  ai ministri competenti quale sia la posizione del Governo in merito alla necessità di definire prioritariamente i livelli essenziali delle prestazioni e gli strumenti perequativi prima di affrontare il percorso di attuazione dell’autonomia differenziata”.

Anna Bianchini