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Il cartello “Attenti al cane” non basta

a cura dello Studio Cataldi

Il cartello “Attenti al cane” non basta ad esimere il proprietario da colpa per il comportamento violento dell’animale che aggredisce e cagiona lesioni a una persona. Lo ha stabilito la quarta sezione penale della Cassazione con la sentenza n. 31821/2023 (sotto allegata).

Nella vicenda, il giudice monocratico del Tribunale di Reggio Emilia aveva confermato la sentenza con cui il Giudice di Pace del locale Tribunale aveva ritenuto un uomo colpevole del reato di cui all’art. 590 c.p. e concesse le circostanze attenuanti generiche, lo aveva condannato alla pena di euro 180 di multa oltre al risarcimento dei danni in favore della parte civile costituita.

Il fatto riguardava un episodio in cui mentre stava passeggiando con il proprio cane, improvvisamente vedeva scendere da un’auto in quanto sfuggito al padrone, un pitbull che aggrediva il proprio cane e che al suo tentativo di staccarlo, dandogli un colpo con la mano, lo aveva morso alle mani cagionandogli lesioni con prognosi di guarigione di giorni dieci.

Avverso detta pronuncia l’imputato, a mezzo del difensore di fiducia, proponeva ricorso per cassazione deducendo l’inosservanza e l’erronea applicazione della legge penale in relazione all’errata individuazione della regola cautelare e sulla sua violazione.

In particolare, assumeva che il Tribunale aveva erroneamente ritenuto che il cane fosse senza guinzaglio. Deduceva, inoltre, la manifesta contraddittorietà o illogicità della motivazione della parte in cui era stata giudicata credibile la testimonianza resa dalla parte civile.

Per gli Ermellini, le doglianze sono manifestamente infondate. Da tempo, la corte di legittimità, infatti, affermano, ha “sgombrato il campo da ogni equivoco, ribadendo in più pronunce che, in tema di lesioni colpose, la posizione di garanzia assunta dal detentore di un cane impone l’obbligo di controllare e custodire l’animale adottando ogni cautela per evitare e prevenire le possibili aggressioni a terzi, finanche all’interno dell’abitazione” (cfr. ex multis Sez. 4, n. 18814 del 16/12/2011).

E, a fronte di un cane di una razza che, per mole ed indole si palesi più aggressivo, l’obbligo di custodia che grava sul detentore si attiva ancor più. Ne consegue, proseguono i giudici, “che al proprietario del cane fa capo una posizione di garanzia per la quale egli è tenuto ad adottare tutte le cautele necessarie a prevenire le prevedibili reazioni dell’animale, considerando la razza di appartenenza ed ogni altro elemento rilevante”.

Rientra, in altri termini, “in un criterio di assoluta logica che, attese le diverse potenzialità lesive, pur senza che operi alcuna presunzione, vi siano talune razze di cani che necessitino, normalmente, di una maggiore attenzione da parte di chi li detiene”.

Si tratta di un principio corretto, “collegato alla posizione di garanzia che fa capo al detentore del cane, per la quale è tenuto ad adottare cautele necessarie a prevenire le prevedibili reazioni dell’animale, principio di cui deve essere ribadita la validità, e che la sentenza impugnata ha effettivamente tenuto presente, pure oggi che è stata esclusa la rilevanza normativa della colpa collegata alla pericolosità dell’animale per l’abrogazione della lista delle razze pericolose, con una valutazione operata in concreto”.

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