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Fase 2. Nelle fabbriche serve un medico competente a supportare il datore di lavoro

Se il ruolo del medico competente risulta di primo piano nella tutela della salute e sicurezza sul lavoro nell’ordinarietà dello svolgimento delle attività lavorative, esso si amplifica nell’attuale momento di emergenza pandemica, periodo durante il quale egli va a confermare il proprio ruolo di “consulente globale” del datore di lavoro”. È quanto scrive il Ministero della Salute in una nuova circolare con cui fornisce le indicazioni operative relative alle attività del medico competente nel contesto delle misure per il contrasto e il contenimento della diffusione del virus SARS-CoV-2 negli ambienti di lavoro e nella collettività.

Nel contesto generale di riavvio della attività lavorative in fase pandemica, “è opportuno che il medico competente supporti il datore di lavoro nella attuazione delle misure di prevenzione e protezione”.

Nella circolare si evidenzia come “è fondamentale che le diverse tipologie di misure di contenimento del rischio siano il più possibile contestualizzate alle differenti tipologie di attività produttive ed alle singole realtà aziendali in cui si opera; in tale contesto, la collaborazione attiva e integrata del medico competente, con il datore di lavoro e con le RLS/RLST, contribuirà al miglioramento continuo dell’efficacia delle misure stesse”.

In questo senso l’atto finale della valutazione del rischio è il DVR (Documento di Valutazione del Rischio), obbligo in capo al datore di lavoro. Ma sarà necessario “adottare una serie di azioni che andranno ad integrare il  DVR, atte a prevenire il rischio di infezione da SARS-CoV-2 nei luoghi di lavoro contribuendo, altresì, alla prevenzione della diffusione dell’epidemia”.

Relativamente alle misure organizzative e logistiche da mettere in atto, il Ministero auspica “il coinvolgimento del medico competente fin dalle fasi di individuazione delle stesse anche in riferimento ad aspetti correlati ad eventuali fragilità; qualora ciò non fosse possibile, il datore di lavoro fornisce al medico competente informazioni in merito a quanto già pianificato, anche al fine di agevolare, ad esempio, l’individuazione, in corso di sorveglianza sanitaria, di eventuali prescrizioni/limitazioni da poter efficacemente introdurre nel giudizio di idoneità. In merito, si rileva che diversi interventi organizzativi che già nell’ordinarietà contribuiscono al mantenimento al lavoro di soggetti cosiddetti “fragili”, a maggior ragione in questo periodo emergenziale vanno a potenziare la loro portata in termini di efficacia”.

Per quanto riguarda le visite mediche sul lavoro “sarebbe opportuno, laddove possibile, che esse si svolgano in una infermeria aziendale, o ambiente idoneo di congrua metratura, con adeguato ricambio d’aria, che consenta il rispetto dei limiti del distanziamento sociale e un’adeguata igiene delle mani. In occasione delle visite mediche è opportuno che anche il lavoratore indossi idonee protezioni (mascherina). In particolare, la programmazione delle visite mediche dovrà essere organizzata in modo tale da evitare l’aggregazione, ad esempio nell’attesa di accedere alla visita stessa; un’adeguata informativa deve essere impartita ai lavoratori affinché non accedano alla visita con febbre e/o sintomi respiratori seppur lievi”.

Un riferimento nella circolare anche ai test sierologici. Il Ministero ribadisce che “secondo le indicazioni dell’OMS, non possono sostituire il test diagnostico molecolare su tampone, tuttavia possono fornire dati epidemiologici riguardo la circolazione virale nella popolazione anche lavorativa. Circa l’utilizzo dei test sierologici nell’ambito della sorveglianza sanitaria per l’espressione del giudizio di idoneità, allo stato attuale, quelli disponibili non sono caratterizzati da una sufficiente validità per tale finalità. In ragione di ciò, allo stato, non emergono indicazioni al loro utilizzo per finalità sia diagnostiche che prognostiche nei contesti occupazionali, né tantomeno per determinare l’idoneità del singolo lavoratore”.

Infine, “come specificato nel Protocollo per la sicurezza sui luoghi di lavoro del 14 marzo, alla ripresa delle attività, è opportuno che il medico competente sia coinvolto per le identificazioni dei soggetti con particolari situazioni di fragilità ed è raccomandabile che la sorveglianza sanitaria ponga particolare attenzione ai soggetti fragili anche in relazione all’età. In merito a tali situazioni di fragilità, i dati epidemiologici rilevano una maggiore fragilità nelle fasce di età più elevate della popolazione (>55 anni di età), come riportato nel menzionato Documento Tecnico, nonché in presenza di co-morbilità che possono caratterizzare una maggiore rischiosità”.

fonte Quotidiano Sanità