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Food. Perchè pagare le verdure quanto la carne non è un’eresia

La transizione verso una cucina più sostenibile e rispettosa dell’ambiente passa inevitabilmente per una maggiore valorizzazione del mondo vegetale, un cambiamento che sta trovando spazio anche nei menu dei ristoranti più rinomati. Tuttavia, molti consumatori restano sorpresi, se non addirittura sconcertati, di fronte a piatti vegetali il cui costo si avvicina o eguaglia quello dei piatti a base di carne o pesce. La ragione di tale stupore risiede in un pregiudizio culturale radicato e difficile da eradicare: l’idea che i prodotti vegetali siano intrinsecamente di minor valore. Il recente caso di una caffetteria vegana in Inghilterra che ha dovuto reintrodurre prodotti animali nel suo menu per non perdere clienti, scontenti del prezzo del bacon vegetale equiparato a quello tradizionale, è solo uno degli esempi di questa resistenza culturale. Anche l’Eleven Madison Park di New York ha affrontato polemiche simili dopo aver annunciato una svolta vegan senza modificare il prezzo del menu. Questi episodi evidenziano un problema fondamentale nella percezione collettiva: la difficoltà di riconoscere il vero valore delle verdure, considerate per troppo tempo mere comparse nel piatto principale. Gli esperti sottolineano che il problema è anzitutto culturale: carne e pesce hanno imposto le regole del gioco per troppo tempo, relegando gli ortaggi a un ruolo marginale. Lo stesso pregiudizio si estende al mondo delle bevande, dove prodotti come la kombucha sono valutati in base a un confronto diretto con il vino, senza considerare le peculiarità e il valore specifico di ciascun prodotto. Questo preconcetto ha ripercussioni dirette sull’intera filiera alimentare, penalizzando gli agricoltori, specialmente quelli di piccole e medie dimensioni, che faticano a sopravvivere senza sussidi in un mercato che non riconosce il giusto valore al loro lavoro. L’aumento dei costi della materia prima, che colpisce in modo particolare l’agricoltura convenzionale, è un altro campanello d’allarme che richiede un ripensamento del nostro approccio agli ingredienti e alla produzione alimentare. La cucina di alto livello sta già mostrando la strada, con chef come Roberto Rossi, del ristorante Silene in provincia di Grosseto, che ha vinto il premio per la miglior proposta vegetariana nella guida Ristoranti d’Italia 2024. I suoi menu vegetali e tradizionali hanno prezzi simili, dimostrando che la rimozione della carne o del pesce non implica una riduzione della complessità o del valore del piatto. Le verdure, soprattutto quelle di alta qualità, richiedono una lavorazione attenta e immediata, proprio come il pesce, per preservarne il gusto e le proprietà organolettiche. Il futuro, come sottolineato da Rossi, sarà inevitabilmente più orientato verso il vegetale, una scelta dettata non solo da considerazioni etiche o ambientali ma anche dalla necessità di preservare la nostra salute. Gli chef hanno una grande responsabilità in questo processo di cambiamento, che comporta costi di gestione significativi e richiede un sostegno all’intero settore agricolo. In conclusione, pagare un piatto vegetale quanto uno a base di carne o pesce non è irrazionale ma rappresenta un passo necessario verso la valorizzazione del cibo in tutte le sue forme. È tempo di superare i pregiudizi e riconoscere che dietro ogni piatto, indipendentemente dagli ingredienti utilizzati, ci sono ricerca, lavoro, dedizione e, soprattutto, un valore che merita di essere riconosciuto e sostenuto.

V.R.