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Thiene. L’attore Francesco Pannofino con Tony Conte per i bimbi di Burkina Faso

Impegnati come siamo, tra la lotta al Coronavirus e la gestione economica Nazionale, diamo poca importanza a ciò che accade ultimamente in altri luoghi del nostro pianeta, dove il terrorismo presiede e si insinua nella vita di tutti i giorni di popolazioni già colpite da povertà e salute precaria.

A seguito del colpo di Stato del mese scorso che ha portato alla destituzione del presidente Roch Marc Christian Kaboré, la giunta militare del Burkina Faso ha ora revocato il coprifuoco nazionale. A renderlo noto un comunicato del tenente colonnello Paul-Henri Sandaogo Damiba, leader del Movimento patriottico per la salvaguardia e la restaurazione. Nelle scorse settimane le pagine dei giornali hanno riportato anche l’uccisione di tredici civili in due diversi attacchi, sferrati nel nord del Burkina Faso, che hanno costretto la popolazione a scappare dai loro villaggi, rifugiandosi nella città di Kaya. Secondo l’ultimo rapporto del consiglio nazionale per l’emergenza sanitaria, a fine novembre 2021 il Burkina Faso ha registrato oltre 1,5 milioni di sfollati interni, di cui il 61% bambini. Il controllo degli jhiadisti dura ormai da sei anni e continua a preoccupare anche chi da lontano monitora la situazione, come il thienese Tony Conte, impreditore-ristoratore che da anni è impegnato in aiuti umanitari a Burkina Faso, dove nel suo villaggio “Oasi Mama Mima” (così chiamato in onore della sua mamma scomparsa), lo aspettano i “suoi bambini”. Grazie alla sua associazione, il villaggio ha un pozzo, dei pannelli fotovoltaici, un asilo e ora ci si concentra sull’assistenza sanitaria contro la malaria, come lo stesso Tony spiega al fianco dell’attore Francesco Pannofino in un video postato il 2 Febbraio nella pagina Facebook dell’associazione: “4mila persone all’anno muoiono di malaria e tremila e cinquecento sono bambini. Abbiamo bisogno del vostro aiuto!”.

Intervista a Tony per  raccontare come si vive in un territorio assediato dagli jhiadisti e qual è il protocollo da seguire una volta raggiunta la destinazione.

Com’è realmente la situazione in Burkina Faso?

“La maggior parte degli attentati sono presenti verso il Mali, a nord di Burkina Faso. Noi siamo a 120km dal confine del Niger, per intenderci dove hanno rapito il ragazzo di Padova con la fidanzata e hanno ucciso il prete spagnolo. Dove siamo noi a Boussouma, a 30 km da Tenkodogo ed è più tranquillo. A Kaya ho dei miei amici che gestiscono un asilo, lì spesso le persone se ne vanno”.

Come vi spostate e l’arrivo al villaggio come lo vivete?

“Quando arriviamo per noi il posto più sicuro è in Capitale perché è molto più controllato. L’ambasciata e vari enti di sicurezza, ci tengono sempre aggiornati sulla situazione. La Farnesina è un luogo non molto sicuro, da “non andare”. Quando atterro, passo dai gendarmi dove avviso del mio arrivo e li informo sul luogo dove sarò. Loro ogni tanto passano a verificare e quando devo tornare in Italia, è mia premura tornare per avvisarli della partenza. Cerchiamo di muoverci poco e con gente sempre del posto. Dobbiamo stare più “nascosti” possibile anche perché questi jhiadisti seguono molto i social, sanno dove sei. Proprio per questo l’Ambasciatore e i servizi di sicurezza sconsigliano di taggare sui social il luogo dove si è. Avevamo in macchina adesivi dei nostri vari sponsor, abbiamo dovuto togliere tutto per essere più neutrali possibile, per quello che ci è possibile, perché comunque essendo “bianchi” siamo riconoscibili. Per andare nel nostro villaggio facciamo circa 90km di sterrato che ci mette sempre un po’ di paura però cerchiamo di girare di giorno. Vedo che gli jhiadisti usano delle moto e riescono ad arrivare a massimo 50 km dal confine, poi vengono bloccati dai gendarmi. Quando arriviamo nel villaggio poi le paure passano, pensiamo ai bambini e alle tante cose da fare, dobbiamo portare avanti i nostri progetti e ci dimentichiamo tutto”.

Ci sono delle situazioni particolarmente pericolose a suo avviso?

“La cosa più preoccupante secondo me è la moschea che stavano costruendo a Marzo a 1km dal nostro villaggio. Quando sono tornato a Novembre avevano già finito i lavori, so che hanno speso molti soldi. Sembra sia stato finanziato dagli jhiadisti e lì dovrebbero praticano il “wahhabismo”, un movimento religioso che si basa su una rigida interpretazione del Corano. So che insegnano anche come andare in guerra ma fortunatamente non c’è nessuno che va a pregare lì, è più “la guerra dei poveri”. In Niger hanno chiesto l’appoggio dei Russi e dei cinesi per controllare eventuali entrate di jhiadisti. Sembra che anche il Mali abbia accettato l’aiuto dei Russi mentre di cinesi è già pieno, stanno comprando l’Africa anche se non si vedono. I russi stanno aiutando molto ma vorrebbero che i francesi se ne andassero via. Purtroppo so da fonti sicure che sono i francesi che vendono le armi agli jhiadisti. Parlando con le suore Sacramentine di Napoli, dalle quali abbiamo fatto l’adozione di parecchi bambini e le sto aiutando molto, ci hanno raccontato che loro non escono nemmeno quasi più, perché c’è microcriminalità. Se ad esempio si ruba una gallina, si rischia di non uscire dalla galera. Un mio amico che fa volontariato come sostegno psicologico nel momento in cui devono uscire dal carcere, mi racconta che in una stanza di quattro metri per quattro, possono esserci anche 20 persone, e molte di loro sono in prigione per cose di poco conto o perché sono state pagate da chi ha combinato qualcosa e hanno accettato in cambio del denaro per mantenere la famiglia”.

Come viene vissuto il Coronavirus?

“In Burkina Faso ci sono 4mila morti di malaria e più di 3mila sono bambini quindi il covid c’è ma passa in secondo piano”.

Per poter aiutare Tony Conte e la sua associazione “Oasi Mama Mima”, visitate il sito www.mamamima.org o contattate il numero 3474303613. Per le donazioni: Iban c/c IT29X0880791000000067080

 

Laura San Brunone