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Il Rifugio Papa spegne 100 candeline: come è cambiato e come cambierà

Il 2 luglio 1922 il CAI di Schio inaugura, a Porte del Pasubio, il suo rifugio alpino. Ha deciso di costruirlo lì, su una casa dei soldati, al centro di quella che fino a quattro anni prima era stata una città della guerra, una scelta fortemente simbolica, di adozione del Pasubio da parte di tutta una città, Schio, e dei paesi delle valli, una casa della guerra mantenuta viva per proteggere la memoria.
E infatti sono accorse a Porte, quel giorno, per l’inaugurazione, quasi quattromila persone, una folla enorme, superiore a ogni aspettativa, in un’epoca in cui andare in montagna era una cosa assolutamente nuova, una sorta di pellegrinaggio (dopo l’inaugurazione vera e propria era prevista la celebrazione di una messa al cimitero di guerra di Sette Croci, quello che oggi conosciamo come cimitero della brigata Liguria). Qualcosa che ci fa capire quanto fosse forte, finita la guerra, il bisogno di salire in questi luoghi, di rendersi conto, anche di stringersi insieme. Il rifugio si chiamava allora Pasubio. Ampliato via via negli anni è oggi il Rifugio Papa.  Ora Il CAI di Schio, con il Comune di Schio, si prepara a festeggiare i suoi cento anni con due eventi successivi. Da un lato, il prossimo 23 luglio ci sarà l’inaugurazione di un nuovo ampliamento del rifugio, un nuovo corpo, che con un design moderno, semplice e pulito, ripropone la forma a capanna alpina del primo rifugio, quello inaugurato cento anni fa. Un corpo pensato unicamente in funzione logistica: un buon magazzino; una cucina finalmente spaziosa; delle camere a sé per chi l’estate vi lavora e vive. Qualcosa che era diventata ormai indispensabile perché il rifugio potesse far fronte, senza rinunciare alla sua natura di rifugio alpino, vale a dire di luogo di accoglienza semplice e sobria ma attenta e cordiale, all’aumento quasi travolgente delle presenze degli ultimi quindici anni. 

«Nell’ultimo decennio abbiamo assistito a un notevole aumento di presenze in Pasubio. C’è stato un nuovo ciclo di crescita del turismo e, in esso, del bisogno di montagna, qualcosa questo che è avvenuto ovunque. Ma qui in Pasubio, a Porte, tutto è stato amplificato dalla fama crescente della Strada delle Gallerie, dal suo mito. Si stima siano cinquantamila le persone che vengono a percorrerla ogni anno. A cui si sommano le forse trentamila che arrivano quassù risalendo altri sentieri e strade – afferma Massimo Zampieri, presidente del CAI di Schio -. Da qui è venuta la necessità di un nuovo ampliamento. Con Gianni Fontana, nostro socio, a cui abbiamo assegnato l’incarico, abbiamo pensato non di costruire una nuova ala, ma un corpo a sé stante accanto alla struttura originaria, unendo alla modernità del design architettonico e dei nuovi materiali la memoria del passato di questo luogo».

Dall’altro con una grande mostra al Museo Civico di Palazzo Fogazzaro dal 2 ottobre 2022 al 23 marzo 2023. Una mostra che è una sorta di continuazione del percorso iniziato nel 2017 con quella dedicata alla Strada delle Gallerie, una mostra molto amata, che ha avuto un grandissimo successo di pubblico e di critica. Come quella, anche questa è curata da Claudio Rigon. Il titolo è “Porte del Pasubio 1916-2022. Dalla città della guerra al Rifugio Papa.” Più di trecento le fotografie esposte, per la quasi totalità inedite, mai viste, bellissime. Vengono per la gran parte da archivi familiari, grandi e piccoli, e poi da biblioteche e musei. Integrate da documenti e cartine e oggetti, riunite per piccoli nuclei significativi incastrati l’uno all’altro come le tessere di un puzzle, ricostruiscono e raccontano la storia di 105 anni di questo luogo. 

«Porte del Pasubio – dice Claudio Rigon – è una sella, un passo. Durante la guerra era l’immediata retrovia del fronte, vi era sorta una piccola città. Per i soldati che vi arrivavano per la Strada delle Gallerie, appariva di colpo dall’alto: un affastellamento di case e baracche aggrappate l’una sull’altra alla roccia. Le tantissime fotografie che abbiamo ritrovato, per la gran parte inedite, sono state scattate da chi vi viveva. Ci dicono la guerra, ma ancora di più il bisogno che ogni soldato aveva di casa, di paese. Esprimono, ed è difficile pensarlo possibile in guerra, un senso di appartenenza. È questo sentimento che la mostra indaga, la sua energia, capace di prendere possesso di quello che era solo il costone aspro, inospitale e disabitato di un monte, e trasformarlo in un luogo». 

«Questa mostra è una splendida opportunità per conoscere a fondo il passato importante del nostro territorio, soprattutto per i giovani che possono così tramandarne la memoria» aggiunge l’assessore alla cultura, Barbara Corzato. «Dopo due anni di stop forzato a causa della pandemia, a Schio ritornano i grandi eventi culturali – sottolinea il Sindaco Valter Orsi -. Con questa esposizione ripercorriamo la storia di un luogo caro a tutto il territorio e che oggi è molto conosciuto grazie alle migliaia di turisti che ogni anno frequentano le nostre montagne».