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Chi crede ancora nelle associazioni di categoria alzi la mano

di Andrea Nardello

In un momento politico delicato come quello che stiamo vivendo, è d’obbligo interrogarsi sui motivi che evidenziano una crisi della politica. Una delle cause può essere individuata dalla rottura di alcuni anelli della catena che mette in collegamento le imprese con chi governa.

Esiste quindi una crisi della rappresentanza associativa? Se sì perché?

Per trovare una risposta plausibile e allo stesso tempo utile per capire la genesi di quanto si “respira”, è necessario fare un’analisi su vari fronti.

Facciamo un passo indietro per capire il ruolo che nel tempo hanno avuto le associazioni di categoria.

In un recente passato, la loro funzione era dettata dalla necessità che gli imprenditori avevano di assegnare, alle componenti della rappresentanza sindacale, le richieste per far sì che le linee programmatiche della politica, sia nazionale che territoriale, andassero nella direzione di chi era ed è, il detentore del tanto nominato PIL (Prodotto Interno Lordo n.d.r.).

Si aprivano tavoli di concertazione nei quali i rappresentanti delle categorie economiche portavano le istanze raccolte nei territori e si assistevano a bracci di ferro intensi, notturni ma con esiti che alla fine smussando le posizioni di chi sedeva al tavolo, portavano a dei risultati.

C’era la rappresentanza delle aziende strutturate, delle piccole aziende, dei singoli imprenditori, tutte categorie che avevano come scopo primario l’ascolto del bisogno da portare come proposta ai governanti.

Quali sono i motivi principali che hanno causato la disaffezione dai corpi intermedi?

Oggi si sente una distanza molto forte fra chi dovrebbe rappresentare la base e la politica. La riprova l’abbiamo quotidianamente dal silenzio assordante che ha accompagnato la nascita del nuovo governo che ha visto le associazioni avanzare timide proposte e dichiarare auspici che sono troppo spesso scontati, lontani dal mondo reale ma soprattutto in aperta contrapposizione con le effettive richieste e necessità che il mondo dell’impresa da tempo esprime. Ecco quindi che il sentore comune, più o meno marcato, è che ci sia una crisi dell’associazionismo.

Se ci poniamo nella posizione di un imprenditore che ricerca una rappresentanza, non ci si impiega molto a scoprirne le ragioni.

La prima vetrina per capire cosa può offrire un’associazione di categoria è il sito istituzionale dove viene presentata la politica assunta.

Aprendo la pagina web di una qualsiasi associazione, non può non saltare all’occhio che il primo link a disposizione nella home page è quello dei “servizi”.

Cosa significa questo? Che le associazioni sono passate dalla rappresentanza sindacale ad essere prevalentemente

un erogatore di servizi. Ciò è avvenuto perché nel cambiamento generazionale di chi gestisce le strutture associative, è venuto meno il ruolo sindacale ma si è intrapresa la strada manageriale con la benedizione di chi ha preso le redini politiche delle associazioni.

È quindi evidente che l’imprenditore, trovandosi in un libero mercato, può usufruire dei servizi che vengono offerti ma li confronta con l’offerta delle aziende private, perché il valore aggiunto della risposta sindacale ai bisogni è venuto meno.

Lo si sente anche dal linguaggio usato dal mondo politico, quando parlano delle tante richieste che gli imprenditori fanno, in passato si parlava di associazioni di categoria.

Altro punto evidente è dato da chi è chiamato a rappresentare le Imprese. Ci sono associazioni che hanno rappresentanti che occupano dei ruoli all’interno della propria categoria economica da decenni, alcuni arrivano anche ai trent’anni di rappresentanza, il fare impresa diventa secondario rispetto al lavoro di rappresentante datoriale. Sono poi gli stessi che chiedono di avere un rinnovamento, ma fino a quando non viene aperta una nuova opportunità di ruolo, non arretrano di un solo passo. È dunque legittimo lamentarsi della classe politica quando chi dovrebbe dialogarci assieme presenta le stesse criticità?

Crac banche popolari e silenzi che lasciano da soli i disperati

Altro nervo scoperto che riguarda il territorio Vicentino è che la nostra provincia è stata interessata da una crisi bancaria devastante e alcuni rappresentanti hanno fatto parte o dei vertici della banca Popolare di Vicenza o di cda di società collegate ad essa. Questo non significa che ci sia una responsabilità diretta ed oggettiva su quanto avvenuto, ma sicuramente un passaggio morale evitando silenzi e prendendo delle posizioni ferme fin dall’inizio, sarebbe stato molto opportuno verso chi riponeva e ancora ripone fiducia nel mondo associativo, per sentirsi tutelato e affiancato.

Il ruolo delle donne nell’associazionismo e la loro fatica

C’è poi un passaggio sociale importante agevolato dalla preparazione nella cultura d’impresa del mondo femminile. All’interno del mondo associativo questo cambiamento appare come una criticità da affrontare con “concessioni” anziché valorizzarne l’opportunità garantendo una parità di genere iniziale e temporanea che permetta di mettere in moto una sana competizione, offrendo a tutti l’opportunità di potersi mettere in gioco anche a livello di rappresentanza, sulla competenza e non sul genere.

Questi sono alcuni degli aspetti che influiscono non solo sul sentore, ma anche sullo stato di salute dell’associazionismo. Sarà interessante, da parte nostra, raccogliere degli spunti su come viene vissuto dagli imprenditori questo momento, perché è doveroso che ognuno si assuma la responsabilità di quanto sta avvenendo e non si cerchino gli alibi solamente guardando alla rappresentanza politica.

Andrea Nardello