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L’inchiesta di Confartigianato sull’Alternanza Scuola-Lavoro: pro e contro

Opportunità di formazione e conoscenza reale del mondo del lavoro. Ma gli imprenditori hanno segnalato anche il troppo poco tempo a disposizione, la discontinuità e talvolta il poco impegno dei ragazzi.

A conclusione del secondo anno di Alternanza Scuola-Lavoro, Confartigianato Vicenza ha voluto sapere dalle aziende com’è andata questa esperienza. Come noto, il progetto prevede che gli studenti degli istituti tecnici e professionali svolgano 400 ore in azienda, 200 per i licei, da distribuire nell’ultimo triennio. Dopo la prima fase di avviso, con tutte le difficoltà del caso, l’Alternanza è “entrata a regime” e quindi Confartigianato ha contattato 90 aziende, quasi tutte già aderenti lo scorso anno, per capire com’è andata, quali i punti critici e quali i punti di forza. Quanto alla provenienza dei ragazzi nell’8% dei casi arrivavano da licei, il restante 92% da istituti professionali e tecnici.
Dall’indagine un primo, significativo, dato emerge: quasi tutti gli imprenditori ritengono l’esperienza dell’Alternanza una grande opportunità per gli studenti perché permette loro da un lato di applicare nella pratica le conoscenze teoriche acquisite a scuola con l’intento di trasformarle in competenze, dall’altro di prendere contatto col mondo del lavoro e quindi favorire una maggiore consapevolezza sul proprio futuro e sulle proprie aspettative.
Altri aspetti valutati dagli imprenditori come punti di forza dell’ASL sono: l’opportunità di conoscere e formare giovani studenti che, in futuro, potrebbero essere impiegati nell’azienda; farsi conoscere a loro volta, sia dai ragazzi che dalle scuole; collaborare e confrontarsi con gli istituti scolastici sulle esigenze e gli obiettivi del proprio settore di competenza; contare sul contributo che lo studente, se volenteroso e diligente, può apportare all’azienda.

Ma non mancano le criticità. Tra quelle più segnalate: la durata troppo breve e la discontinuità del periodo di alternanza; la scarsa preparazione da parte degli studenti, soprattutto quelli di settori specifici in cui la teoria ha la necessità di accompagnarsi alla pratica; la mancanza di co-progettazione tra azienda e scuola. A tal proposito, le aziende rilevano che i progetti formativi predisposti dalle scuole sono spesso standardizzati e non tengono conto dei reali interessi degli studenti, del loro percorso scolastico e di ciò di cui si occupa l’azienda ospitante. Inoltre gli imprenditori lamentano una certa incoerenza tra le attività svolte durante il tirocinio e il contenuto del questionario di valutazione finale, che il tutor aziendale è tenuto a compilare sull’operato dello studente.
Nel sondaggio una minoranza di imprenditori lamenta anche l’impossibilità di selezionare gli studenti da ospitare e il fatto che una piccola percentuale di ragazzi dimostra mancanza di impegno e un comportamento non del tutto adeguato. Non manca, tra gli imprenditori, chi sottolinea il dispendio di tempo ed energie necessari, dello stesso imprenditore o dei suoi collaboratori, per formare i ragazzi durante il periodo di permanenza in azienda. Infine, alcune imprese, soprattutto di piccole dimensioni, dichiarano di essere riuscite a partecipare al progetto di Alternanza solo per conoscenza diretta di professori o studenti, e di non essere state, invece, prese in considerazione dalle scuole, nonostante la disponibilità segnalata.
“Il sondaggio si è rivelato utile per tastare il polso della situazione dell’applicazione di uno strumento, quale l’Alternanza, che mostra ancora alcuni punti di debolezza pur essendo, nella sua filosofia ispiratrice, valido. Far dialogare mondo della scuola e mondo del lavoro non è facile, ma questo è un primo passo importante – commenta Sandro Venzo, componente della Giunta di Confartigianato Vicenza con delega alla Formazione-. L’impegno di Confartigianato su questo fronte è sempre alto perché, come dicono i risultati del sondaggio, tanto i giovani che gli imprenditori hanno più di un motivo per investire nell’Alternanza. Se vogliamo che i ragazzi, soprattutto quelli più preparati e motivati, restino nel nostro territorio contribuendo all’innovazione e crescita delle imprese gli ostacoli vanno tolti. Penso anche ai contributi previsti per le aziende che decidono di investire nell’accoglienza dei giovani e forse non dovrebbero più essere pensati con scadenze e tempistiche prestabilite, ma forma continuativa. E anche sulla scelta di chi mandare e dove per il periodo di Alternanza forse va studiato meglio perché così si potrebbero intercettare in maniera più puntuale le necessità dell’azienda e le aspirazioni dei ragazzi con risultati sicuramente positivi per entrambi”.