Il caso del prete no vax è di dominio pubblico, quei media contro i quali ce l’ha in maniera livorosa, si stanno occupando di lui. Per le sue teorie complottistiche e per quel suo non riuscire a trattenere un linguaggio a tratti violento, anche se c’è da tirare in ballo i bambini disabili con ritardo mentale.
Ad Arsiero oggi, dopo l’esplosione del caso, non si fa che parlare di Don Paolo Zampiva, del suo vivace profilo facebook e di quella lettera al vetriolo inviata al vice direttore del Corriere della Sera Beppe Severgnini.
“Lei non è un giornalista, ma un pennivendolo, lei è meno di un bambino ritardato mentale…”. E poi tutte una serie di accuse, sulle quali si può discutere a lungo dei contenuti, ma che appaiono raccapriccianti nei toni. Poche righe che hanno fatto inorridire il navigato giornalista che davanti alla parola ‘don’ che precedeva la firma del sacerdote ha stentato a credere che a mandargli quella lettera il 5 gennaio fosse stato proprio un uomo di chiesa.
Il sacerdote ha preferito non rilasciare dichiarazioni, nonostante il clamore mediatico e l’offesa ai bambini con handicap mentali, non ha sentito nemmeno il bisogno di chiedere scusa dal suo profilo facebook. A prendere la parola è stato invece il sindaco di Arsiero Cristina Meneghini che non ha nascosto imbarazzo davanti ad una situazione che non fa fare una bella figura al paese che è orgogliosa di amministrare. Il primo cittadino non entra nel merito del discorso vaccini e infatti qui il problema non sta nelle idee del prelato. Si sa che si tratta di un argomento dibattuto in questo momento storico in cui l’opinione pubblica è spaccata sull’utilità del farmaco anti covid e sulle paure di chi invece preferisce non farselo iniettare. Libertà sacrosanta che va rispettata. Qui c’è di mezzo ben altro: c’è un sentimento di intolleranza, di complotto portato alle estreme conseguenze, e di cattiveria che supera lo scambio delle opinioni.
Invece di limitarsi a diffondere la parola del Vangelo come richiederebbe il suo ruolo, don Zampiva si sente depositario di verità assolute, della conoscenza di accordi tra giornalisti e poteri forti che assolderebbero i cronisti tutti per convincere la gente a vaccinarsi facendo guadagnare le lobby farmaceutiche. Una sfilza di luoghi comuni smontati dalla stampa autorevole che giornalmente invita l’opinione pubblica a non cadere nelle bufale diffuse sul web. Una vera e propria piaga sociale.
“Sono dispiaciuta, delusa e vorrei che tutta questa divisione cessasse – ha detto amareggiata Cristina Meneghini – Quella lettera a Severgnini era davvero pesante, irrispettosa dei bambini disabili. Ho più volte contattato il nostro parroco per invitarlo ad abbassare i toni, ricordandogli che lui stesso è stato vittima del covid, è stato malissimo e la nostra comunità ha perso tante vite umane a causa di questo virus che dovrebbe renderci più sensibili e uniti”.
Cristina Meneghini è affranta, vorrebbe che l’aria che si respira in paese fosse spazzata via dal buon senso, dai sentimenti umani di una comunità che si augura ritrovi l’unità. La divisione che percepisce la fa soffrire e vorrebbe porre rimedio. ‘Questi social esasperano – ha detto il primo cittadino, che nell’emergenza Covid non si è risparmiata, prendendo posizioni decise e cercando sempre la via del dialogo in cui crede fortemente – dovremmo recuperare il senso della vita vera, quella fatta di rapporti reali e non virtuali’.
Marco Zorzi
nota di Redazione
Caro don Zampiva, sappiamo che è un nostro lettore. Chi le scrive sono due giornaliste che, le assicuriamo, non sono al servizio delle case farmaceutiche (magari lo fossimo!), né dei poteri forti. Viviamo a due passi da Lei e per tutta la giornata di oggi abbiamo atteso la sua telefonata. Non volevamo che lei ritrattasse le sue idee contro i vaccini, che rispettiamo in nome di quella libertà di pensiero è il motore del nostro giornale, dove mai nessuno è stato censurato anche quando quello che esprimeva non apparteneva alle nostre idee. Avremmo potuto, andare giù molto più pesante e replicare il suo stile di comunicazione, anche perché noi non indossiamo una tunica e non abbiamo preso i voti religiosi. Ma le vogliamo dare una lezione di educazione, invitandola a riflettere sul fatto che le idee vanno difese sempre, ma espresse nelle modalità civili. I pensieri di ognuno sono preziosi e non è perchè vengono espressi con violenza e offesa che diventano più forti. Un’idea quando vale rimane anche se detta a bassa voce. Quello che non si può tollerare non è il fatto che lei pensi che i giornalisti siano al servizio dei grandi poteri e che ‘vendano’ la loro penna a chi paga il prezzo più alto, lo pensi pure, non ci tocca, ma non le possiamo perdonare l’aver utilizzato i bambini con ritardo mentale per vomitare il suo livore nei confronti di Severgnini. Può non essere il massimo della simpatia, ma non si può accettare che un sacerdote, che dovrebbe avere a cuore i bambini disabili, utilizzi delle parole così irriguardose. Sa cosa significa per un genitore leggere le sue parole su un giornale nazionale? Conosce il dramma di chi vive giornalmente la disabilità mentale? Forse no, se ha utilizzato quelle parole con così tanta leggerezza. Ha preferito non scusarsi nemmeno con la comunità di mamme e papà di persone disabili, ma se veramente crede nella sua missione in nome di Dio, si assolva iniziando a frequentare qualche casa. Ad Arsiero vivono tanti bambini con problemi mentali e forse è di quelli che dovrebbe occuparsi anziché stare sui social come un adolescente. Ringrazi piuttosto gli abitanti del suo paese che non hanno inviato una lamentela ai poteri forti della chiesa”.
Le pennivendole Rosa Natalia Bandiera e Anna Bianchini