Uno dei luoghi più cari e più rappresentativi di Cogollo sta rischiando di soccombere al degrado e ai segni del tempo che inevitabilmente si accaniscono proprio su una delle strutture più importanti per pregio storico dell’intera Valle dell’Astico e non solo.
A cedere inesorabilmente sotto il peso dei suoi anni, è la Chiesa dell’Olmo, parrocchiale fino al 1927 quando venne inaugurata quella attuale a due torri campanarie in centro al paese: una storia millenaria la sua, con i primi documenti ufficiali ad attestarne l’esistenza già nel 1179, anno in cui la famiglia Maltraversi, che possedeva il Castello di Cogollo proprio in quel colle, in un inventario dei propri beni accennò alla presenza di una chiesa nelle sue vicinanze.
Dedicata a San Cristoforo nel 1378, un secolo dopo l’antico edificio venne ampliato e il 22 aprile 1494 se ne celebrò la consacrazione alla presenza del vescovo di Padova Pietro Barozzo.
Tra il 1710 e il 1721 la chiesa affrontò nuovi lavori di miglioramento, con l’ampliamento e la pavimentazione del coro e con la sostituzione del soffitto a capriate con l’attuale soffitto in intonaco a
vela: vennero inoltre edificate le cappelle laterali e si decise per la demolizione del campanile adiacente, poi eretto nel 1811 nel luogo attuale.
Nel 1828 l’installazione del primo organo, poi sostituito da uno strumento ben più imponente curato da Giovan Battista Zordan nel 1877: lo stesso fu purtroppo distrutto nel 1916 in un bombardamento operato dall’impero austro ungarico durante il primo conflitto bellico che compromise inoltre gran parte dell’altare dell’Assunta.
Di anni più recenti l’ultima – e più controversa – ristrutturazione: tra il 1973 e il 1976 venne infatti realizzata una riproduzione della Grotta di Lourdes e parte degli affreschi originali, in assenza di adeguate attenzioni, furono danneggiati o coperti.
Un plesso cui mai è mancato l’affetto della Comunità religiosa e non, che accolse con entusiasmo nel 2005 la ristrutturazione del Monastero dislocato proprio subito sotto la chiesa, frutto di una donazione da parte di don Pietro Bella alla diocesi di Padova: il caseggiato, risalente al 17° secolo, ha ospitato fino al 2020 la Piccola famiglia della Resurrezione con alcune monache molto apprezzate anche per la realizzazione di preziose icone sacre nonchè per il loro ruolo di ‘custodi’ della Chiesa, benchè dipendente dalla Parrocchia.
Ora, mentre il monastero risulta quindi chiuso e si auspica di trovarne presto una destinazione d’uso che ne valorizzi e preservi lo stato, a destare maggiori preoccupazioni è proprio la Chiesa: “Da qualche mese” – osserva il Parroco Don Lugi Gatto – “mi sono fatto interprete di un sentimento di molti paesani che consapevoli del grave stato in cui versa e dell’urgente necessità di intervenire con importanti azioni di recupero e conservazione, mi hanno contattato per capire come dare una mano. Si tratta naturalmente di reperire risorse economiche ma anche di vagliare idee coraggiose e coerenti col valore del posto. Per il monastero invece, non essendo di nostra proprietà, siamo in contatto con la Curia e vedremo cosa si potrà fare”.
Non resta che attendere magari il lancio di un concorso di idee, certo l’iniziativa di qualche benefattore unita al buon cuore di un paese che in quanto a solidarietà ha sempre dato grandi dimostrazioni di presenza fattiva: attesa che non potrà però essere troppo lunga, col tetto della Chiesa che ha cominciato a palesare diverse infiltrazioni d’acqua destinate purtroppo solo a peggiorare.
Marco Zorzi
(con il supporto storico di Alessandro Costa)