Era una Erika Stefani molto realista, che ha parlato di quell’autonomia che i veneti vorrebbero ma che non consentirà di trattenere i 9 decimi delle tasse “perché lo stato non ce la potrebbe fare”. Un ministro messo dalla Lega da oltre un anno al governo per portare a casa un risultato ancora lontanissimo, con nemmeno l’ombra di una firma sulle famose bozze con cui ha lavorato con Luca Zaia per mesi e mesi. Erika Stefani, al cinema Lux di Asiago, venerdì sera, si è detta “arrabbiata”, ma mentre è riuscita a strappare gli applausi dei presenti sull’Altopiano, sembra non convincere più e il suo profilo Facebook ne è la prova. Nell’esprimere la propria delusione nel non riuscire a portare a termine quella missione per la quale fa avanti e indietro da Roma, non trova in questo momento quel conforto dei veneti che aveva sempre avuto, con i commenti degli utenti della rete che non le risparmiano parole anche cattive con cui la invitano “ad andare a casa”.

Ce la mette tutta Erika Stefani per portare a casa la ‘sua’ autonomia e nessuno mette in dubbio il suo impegno, ma quello che emerge dall’incontro al cinema Lux, dove per ascoltare il ministro si sono riunite circa duecento persone, è che la Lega del Veneto, a Roma, è ancora tra i banchi dell’opposizione.

Questo nonostante Matteo Salvini, leader indiscusso del partito, sia il personaggio politico più votato d’Italia e sieda a capo del governo al fianco di un Luigi Di Maio in netta minoranza.

Ma, forse per l’abitudine di starsene in opposizione, o forse per la paura di dover governare assumendosene la piena responsabilità, la Lega non riesce ad affondare il colpo e anche se l’autonomia è uno dei cavalli di battaglia del partito ed è un concetto che il partito stesso definisce “un bene per tutta Italia da nord a sud”, in casa Lega nessuno punta i piedi.

A parte Erika Stefani, che si dice “arrabbiata” con i 5 Stelle che stanno mettendo dei paletti al suo testo e determinata ad andare avanti. “Vogliono prendermi per sfinimento – aveva detto qualche mese fa, per poi aggiungere – Quello tra Lega e 5 Stelle non è un matrimonio d’amore”. Segno che per lei, se cadesse il governo e si andasse al voto, non sarebbe poi così male. Forte del suo essere una donna indipendente, che ‘parla come mangia’, il ministro per le Autonomie Regionali, dopo aver ammesso che ad oggi, ad un anno

dall’insediamento e dopo oltre un centinaio di incontri, “per quanto riguarda l‘autonomia non abbiamo firmato nulla”, in riferimento alle criticità del governo e ai continui litigi e dispettini tra i due leader, ha commentato “Le difficoltà e l’articolata dialettica tra le due forze di governo sono sempre molto calde, ad un certo punto bisogna prendere delle decisioni ma se si decide di rompere si deve rompere”.

Esausta di essere nel mirino di chi non le crede più, Erika Stefani ad Asiago ha affermato di essere in sala come ministro italiano e non come esponente politico. E in effetti, dalle spiegazioni del ministro, appare chiaro che la ‘sua’ autonomia sarebbe favorevole dalla Valle d’Aosta alla punta della Puglia e si capisce ancora meno, quindi, perché siamo ancora fermi pressochè al punto di partenza e perché si sia sollevata una spaccatura tra nord e sud che nemmeno Garibaldi sarebbe più in grado di contenere.

La spaccatura tra nord e sud

“L’autonomia va a vantaggio sia delle regioni virtuose come Veneto e Lombardia, che potrebbero avere più servizi mantenendo una parte delle loro risorse nel territorio reinvestendole secondo le loro esigenze, sia per le regioni in dissesto, che sarebbero costrette a spendere meglio i loro soldi – ha spiegato Erika Stefani – Gli amministratori delle regioni non virtuose dovrebbero avere coraggio e accogliere l’autonomia come una sfida. Dovrebbero dire ‘facciamo diventare la sanità della Calabria come quella del Veneto o della Lombardia’. Invece, siccome questo è difficile, preferiscono abbassare il livello delle regioni virtuose per non avere differenze. Un’assurdità. In molti casi ho sentito dire “Se non posso averlo io non devi averlo nemmeno tu”. Il problema è che in questo modo abbassano il livello di chi sa gestire le proprie risorse per adattarlo a chi non si sa amministrare. Ci siamo arenati su questo. Chi lavora sa come far fruttare il suo lavoro, lo stesso vale per chi fa le trattative. Quando qualcuno dice che una cosa è irrealizzabile, in realtà è lui che non la sa realizzare. Chi è contro l’autonomia, in realtà non vuole che alcune regioni e i loro cittadini abbiano qualche possibilità in più. E’ come se noi dovessimo imitare i peggiori per non dare loro fastidio invece che forzare loro a migliorare. A creare l’antitesi tra nord e su è la politica, che ha convinto il sud che quelli del nord sono contro e vogliono tenersi i loro soldi”.

La situazione del nord

“Chi parla di secessione dei ricchi non ha capito la situazione – ha continuato Erika Stefani – Al nord non abbiamo strade lastricate d’oro, sappiamo solo gestire le nostre risorse, che sono pari quelle degli altri. Ora non siamo più ricchi nemmeno noi. Luigi Di Maio può fare un osservatorio, esistono e ci sta. E’ chiaro che una manovra come quella dell’autonomia richiede monitoraggio, lo avevo previsto, ci mancherebbe. Dobbiamo dare risposte all’Italia intera, le verifiche da enti terzi erano già previste.

Per quanto riguarda i 9 decimi di cui si è parlato – ha concluso il ministro – Saremmo addirittura superiori a Trentino e Friuli, ma in questo caso lo Stato faticherebbe ad andare avanti”.

Le critiche via social e lo scontento dei veneti

Erika Stefani ce la mette tutta ma i veneti sono stanchi. La colpa, in primis, è proprio dei leader leghisti veneti, che hanno cantato vittoria e invitato ai festeggiamenti quando l’autonomia, a Roma, nessuno sapeva cosa fosse. E ora si paga il conto, perché quei cittadini che lo scorso Natale hanno letto i giornali e brindato all’autonomia, sono gli stessi che oggi, a distanza di mesi, stanno cominciando a capire di essere stati presi in giro e avendo voce solo sui social, hanno deciso di trasformare i loro post da ‘fedelissimi’ in messaggi da elettori. “O questa pagliacciata si conclude o la Lega in Veneto pagherà le conseguenze”, è uno dei tanti post in risposta a dichiarazioni del ministro. A cui ne seguono tanti altri: “Salvini non ci mette la faccia, troppo preoccupato a perdere i voti del sud, non ha fatto i conti con i voti del nord”, “Ministro, lei per prima un atto di dignità, autonomia o dimissioni”, “Salvini lo vedo poco attento a questo nodo cruciale”, “Se non altro, lo studio della Costituzione permetterà di non avere più gente che vota Lega”, “Non condivido nulla di questo governo, faccio parte degli immigrati in altri paesi e quando leggo dell’Italia sui giornali stranieri mi vergogno”.

Anna Bianchini

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