“Altro che retromarcia: consiglio i sostenitori della tesi della retromarcia del Veneto sulla moratoria dei vaccini di attendere l’esito del pronunciamento del Consiglio di Stato su una legge malfatta, che presta il fianco a molteplici e contraddittorie interpretazioni e che avrebbe potuto esporre i dirigenti di settore, chiamati ad emanare direttive precise, a finire negli strali della Corte dei Conti in caso di danni conseguenti alle loro decisioni. Chi vuole assumersi questa responsabilità? Temo che molte polemiche di questi giorni abbiano ben poco a che fare con la salute dei bambini o con problematiche complesse come la stessa epidemia di morbillo che l’Istituto superiore della Sanità sta monitorando con molta attenzione”.
Roberto Ciambetti ha risposto così alle domande postegli da alcuni giornalisti relativamente alla sospensione cautelativa del cosiddetto Decreto Mantoan. “Chi sostiene che con la sospensione cautelativa muta lo scenario – prosegue Ciambetti – dice una sciocchezza: indipendentemente da tutto decreto o non decreto, i bambini da zero a 6 anni, non vaccinati ma con l’autocertificazione del genitore con cui si dichiara di avere informato l’Asl e che si provvederà a vaccinare il figlio, come stabilisce la norma varata dal governo, potevano tranquillamente andare alla scuola dell’infanzia. Dai sei anni ai 15 anni, nell’età della scuola dell’obbligo, vaccinati o no, i ragazzi vanno a scuola e nessuno può impedirglielo. Si è sollevato, e si solleva ancora oggi, un polverone, una tempesta in un bicchier d’acqua solo per usare il tema vaccini come arma impropria di polemica politica. Non sono il primo ad aver notato il voltafaccia del governo che probabilmente considera questo tema particolarmente sensibile e ideale per attaccare i suoi avversari e non solo la Lega, cercando, nel nostro caso, di screditare l’efficienza del modello di sanità del Veneto. E’ incredibile notare come chi oggi ventila scenari drammatici sul fronte delle vaccinazioni non conosca, o volutamente non citi, i dati dell’Istituto superiore di sanità a proposito dell’epidemia di morbillo: nei primi cinque mesi di quest’anno sono stati segnalati al Sistema di sorveglianza integrata morbillo e rosolia ben 2.581 casi di morbillo. Il 91 per cento delle segnalazioni proviene da sette regioni: Piemonte, Lazio, Lombardia, Toscana, Abruzzo, Veneto e Sicilia. L’89 per cento dei casi denunciati era relativo a persone non vaccinate e il 7% ha ricevuto solo una dose di vaccino. L’età mediana dei casi pari a 27 anni: età media, si badi. La maggior parte dei casi, 74 per cento, è di persone di età maggiore o uguale a 15 anni; solo 155 casi avevano meno di un anno di età e ben 215 casi riguardavano operatori sanitari. Sapete questo cosa vuol dire? Che il problema riguarda innanzitutto gli adulti e, cosa di non poco conto, chi opera nella sanità, ma di questo non si parla. Non si dice che ci sono regioni che non hanno alcun registro delle vaccinazioni, non si ricorda, volutamente, che il Veneto per scelta politica e non dirigenziale già dal novembre 2016 aveva previsto il tetto minimo del 95 per cento di bambini vaccinati nelle scuole dell’infanzia, il che è già una testimonianza di quale sia l’orientamento dato in materia”.