Controlli serratissimi, l’ansia da tampone ma un’esperienza professionale unica. Mauro Pozzer, pizzaiolo thienese è reduce da due giorni di Festival , per i quali  è stato selezionato per partecipare alla kermesse Casa Sanremo. Era uno dei dieci pizzaioli incaricati di cucinare per esaltare i prodotti di terra nostra, l’unico a rappresentare il Nord d’Italia. Un orgoglio per Mauro, che a Thiene gestisce la pizzeria la Rotonda, fare valere il made in Veneto in un contesto di alto spessore professionale. Il “food” è stato una delle componenti più importanti dell’evento parallelo  al Festival della musica italiana, che però si svolge  rigorosamente senza pubblico, come tutta la manifestazione condotta da Amadeus e Fiorello. Casa Sanremo quest’anno si è trasformato in spazio digitale, in cui si ritrano tutti i contenuti. Lo spazio è allestito al Palafiori, con le diverse “stanze della casa” che si trasformano in studi televisivi in cui si alterneranno tutti gli appuntamenti. Mauro ne ha fatto parte per due giorni, alternandosi ai colleghi ristoratori con cui ha avuto modo di confrontarsi ed arricchirsi attraverso modalità di lavoro che porterà a casa per arricchire il suo bagaglio.

Mauro, ci racconti di questi due giorni….

Mi è sembrato di vivere in una bolla. Sono rimasto impressionato dai controlli rigidissimi. Sono partito da Thiene già ‘tamponato’, ma lì era un continuo disinfettarsi, venivamo sottoposti a continui esami, non le dico i servizi della Polizia, che controllavano ogni nostro passo. Si respirava quasi un clima di terrore e l’atmosfera era spettrale se confrontata a quella degli anni passati. Si percepiva tutto il momento storico che stiamo vivendo. Ma è stata anche un’opportunità professionale particolare, in un contesto di colleghi di livello con i quali si dividevano i turni per cucinare esaltando il cibo di terra nostra.

Ha incontrato qualche artista famoso?

Si, certo, quelli soprattutto che curavano la comunicazione del Festival, ho visto da vicino Red Ronnye e Giorgio Pasotti, assieme a molti altri. I cantanti erano inavvicinabili. Loro stavano rifugiati nei loro hotel per paura di prendere il Covid e dover rinunciare al concorso. Erano molto tesi e seri, si vedeva che erano lì per cantare e non rischiare, compromettendo il momento di salire sul palco. Erano isolatissimi e concentrati sul momento della loro canzone.

Abbiamo saputo dei momenti di protesta inscenati fuori dall’Ariston, da parte di chi non ha giudicato corretto che in un momento di pandemia di facesse il Festival…

Qualcosa ho intravisto, ma le ripeto, ero in una specie di bolla, alla quale si arrivava dopo aver percorso un tunnel fatto di disinfettanti e tamponi. So che molti erano contrari a questo Festival, ma quello che i telespettatori non percepiscono è quello che non appare. Molti ristoratori, pizzaioli, tecnici, operai, per non parlare degli albergatori che non lavorano da un anno esatto, stanno avendo l’occasione di portare a casa qualche soldo. Al di là dei guadagni da parte di miei colleghi pizzaioli, che hanno chiuso l’attività nelle loro città di provenienza da diversi mesi, è anche un modo per fare sentire vivo chi, perdendo il lavoro e avendo l’opportunità di riprenderlo per questi giorni, è rifiorito. Molti mi hanno raccontato le loro storie: c’è chi non vede un euro da ottobre, che ha abbassato le saracinesche dei locali.  Padri di famiglia che stanno soffrendo, ma che vogliono credere che tutto questo passerà. Anche tutto l’indotto legato agli alberghi chiusi a Sanremo a inizio pandemia, sta rigenerandosi in questi giorni. Si tratta di persone che non sanno come sbarcare il lunario, che vivevano di turismo e che ad un certo punto si sono sentite finite. Il Festival per loro ha rappresentato non solo il guadagno di qualche giorno, ma soprattutto quella boccata d’ossigeno che non ti getta nella disperazione. La gente non ha la percezione dell’indotto economico che una manifestazione come il Festival mette in moto, anche se in maniera ridotta. Penso a chi ha allestito con le proprie mani e gli attrezzi da lavoro , che non toccava più da mesi, la struttura di Casa Sanremo, chissà quanto bisogno avesse di quel lavoro di una settimana.

 

Cosa porterà a Thiene di quest’esperienza?

Tanti trucchi del mestiere che non si finisce mai di imparare. Ho fatto tesoro del confronto con i colleghi del food, che magari avevano modalità di lavoro differenti dalle mie e alle quali mi sono adeguato per avere visioni in più del mio lavoro, che è la mia passione. Per quanto riguarda la pandemia, ascoltando storie drammatiche di crisi economica, voglio essere positivo pensando che prima o poi, tutto finirà.

Natalia Bandiera

 

 

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