Da Roma arriva la svolta sull’autonomia, col ministro Tria che da un via libera. Dalle prime informazioni filtrate dal vertice, si sarebbe trovato infatti l’accordo con Tria proprio sulla parte finanziaria arrivando a un compromesso: accantonare il «costo medio pro capite» per partire semplicemente dalla spesa storica e passare, in 5 anni, alla spesa e ai costi standard. L’alchimia da distillare è sull’equilibrio con le Regioni del Sud. Il costo medio pro capite infatti, era a metà fra la spesa storica e il costo standard in cui si intravedeva un potenziale squilibrio con il Sud.
Non è niente di eccezionale, dal punto di vista sostanziale, ma finalmente ieri il tema autonomia è stato affrontato e sembra che si sia evidenziato un punto di svolta.
Come era stato preannunciato la riforma sull’autonomia differenziata è approdata attorno al tavolo tecnico dei ministri del nostro Governo, con la soddisfazione di Erika Stefani. Che ieri sera, finalemte, ha potuto dare un senso al proprio mandato. Presente il ministro Tria ed alcuni tecnici in delegazione della Regione Veneto, che stanno osservando da vicino l’evolversi di una questione decennale per il nord est d’Italia.
Un punto su un foglio tenuto bianco in un anno di Governo. In cui, nonostante le rassicurazioni di Matteo Salvini e Luigi Di Maio, leader dell’esecutivo giallo verde, non è stato al centro di piano concreto di lavoro, come i veneti si aspettavano, con la Lega che finalmente a capo di un ruolo predominante.
Una cosa è certa. Dagli entusiasmi di Luca Zaia, all’iter intrapreso a Roma, c’è un lungo fiume che passa. La materia è difficile e la riforma è epocale. Le richieste di Veneto, Lombardia ed Emilia Romagna sono importanti. Per questo il tavolo è stato rinviato, per approfondire le bozze. L’appuntamento è slittato all’8 luglio. Ma quello che spaventa, e realisticamente scoraggia, l’approdo e la discussione che porteranno l’autonomia in Parlamento.