‘Oggi le associazioni di categoria non si occupano più dei soci, ma dello scambio di poltrone e cariche, perché questo o quel personaggio abbiano visibilità. Si è persa la missione per la quale sono nate’
Il cambio di volto della politica, la perdita di ‘potere delle associazioni e la mancanza di leadership a livello politico sindacale, è dura l’analisi di Giuseppe Sbalchiero, 70 anni, leader dal 2000 al 2015 di Confartigianato di Vicenza e della federazione regionale.
Un trascorso politico seguito da una lunga esperienza all’interno del mondo delle associazioni e non solo. È stato vicepresidente della Camera di Commercio di Vicenza ed ha ricoperto diversi incarichi legati al mondo dell’impresa e dell’associazionismo.
Chi è Giuseppe Sbalchiero?
Sono un nonno, che si dedica ai due nipoti. Ruolo impegnativo ma che dà tante soddisfazioni. Sposato, ho una figlia avvocato ed il figlio imprenditore. Attualmente in pensione dopo aver lavorato nell’azienda fondata da mio padre ed ora seguita da mio figlio. Io ho smesso l’attività imprenditoriale nel 2018. L’azienda si occupa di restauro architettonico e finitura d’interni ed esterni nel campo dell’edilizia.
Lei ha un percorso molto intenso nell’ambito politico e sindacale, ce lo racconta?
Il mio percorso inizia nel 1975 quando sono entrato a far parte della DC a Costabissara. Sezione della quale sono stato segretario e nella quale ho militato fino al 1985.
Nello stesso periodo sono entrato a far parte di confartigianato, al tempo Associazione Artigiani, dove ho ricoperto vari incarichi, partendo da quelli della rappresentanza comunale per arrivare alla fine degli anni Ottanta a far parte della giunta esecutiva provinciale. Nel 1992, sono stato vicepresidente dell’allora presidente provinciale Miranda del quale sono diventato il successore nel 2000. Alla presidenza provinciale sono stato fino al 2011 quando sono stato eletto presidente regionale della federazione FRAV, fino al 2014 o meglio fino al 7 gennaio 2015.
Questo il percorso, indubbiamente lungo e con diversi incarichi. Cosa può raccontarci di aver fatto?
Sì, lungo ma nel corso del quale ho avuto la fortuna di maturare esperienze molto importanti e di realizzare anche molte attività che potessero portare dei benefici agli associati che rappresentavo.
Nel 1986 sono stato fra i soci fondatori della cassa edile regionale, CEAV, della quale ho avuto l’incarico di presidente dal 1992 al 1994, nel 1990 tra i fondatori dell’ente bilaterale veneto EBAV che negli anni di crisi è stato fondamentale per poter accedere alla cassa integrazione in deroga che non sarebbe stata erogata ai lavoratori delle imprese artigiane se non ci fosse stato l’ente bilaterale.
Nel 2012, con Cgil, Cisl, Uil e Cna-Casa ho costruito SanInveneto per dare le agevolazioni sanitarie ai lavoratori delle aziende artigiane facendo in modo che le risorse destinate alla sanità integrativa rimanessero sul territorio.
Siamo nell’Alto Vicentino, a Thiene per cosa dovrebbero ricordarla?
Sicuramente per aver concretizzato un’idea del mio predecessore Miranda restaurando villa Fabbris e costituendo la fondazione in collaborazione con l’amministrazione comunale.
Nel contesto di villa Fabbris ho poi portato la scuola di politica ed economia, realtà che ho fortemente voluto creare per formare i dirigenti e prepararli al confronto nei tavoli istituzionali.
Nell’alto vicentino si sono svolte anche diverse serate della scuola per genitori, altro progetto che ha visto la nascita nel corso della mia presidenza e che voleva dare un supporto ai genitori. Non dimentichiamoci che gli artigiani sono prima di tutto persone e chi collabora all’interno delle imprese fanno parte della famiglia.
Non sfugge il fatto che in quanto elencato ci sia un’attenzione all’aspetto sindacale e sociale del ruolo ricoperto…
Indubbiamente. L’aspetto sindacale nasce dal fatto che la mia formazione politica è nata negli anni in cui i partiti politici formavano i loro dirigenti perché la preparazione era importante. Non è un caso che a livello nazionale, per Confartigianato, abbia avuto la delega sindacale da parte della presidenza nazionale.
Quella esperienza mi ha aiutato a comprendere i tavoli di lavoro nazionali in tema di contrattazione e questo ha fatto si che nel tempo sia servito per portare nel territorio le attività che ho fatto.
L’aspetto sociale dovrebbe essere insito nel ruolo che si ricopre, almeno nel mio caso è stato così.
Le manca l’associazionismo?
Confartigianato non riempiva tutto lo spazio della mia vita.
Un’esperienza straordinaria dal punto di vista umano è stata la presidenza dell’ente Vicentini nel mondo. Ascoltare le storie di vita dei nostri emigranti o delle generazioni che si sono succedute è stata, una lezione di vita. Esperienza che tutt’ora vivo in quanto tesoriere dell’ente. Sono orgogliosamente un Alpino e partecipo alle attività del gruppo a cui appartengo. E la confraternita del Bacalà.
Quindi ritornando alla domanda precedente, le manca l’associazionismo?
No, perché lo sto ancora vivendo. Le dico di più, rifarei tutto quello che ho fatto, ad eccezione di due scelte, ma andiamo avanti.
Cosa ritiene sia stata la sua arma vincente?
Credere nella squadra e l’abilità nel creare e condividere le relazioni.
Ricordo che quando ho avuto l’onore di essere eletto presidente provinciale di Confartigianato ho espresso una volontà precisa. “Non voglio fare il presidente ma voglio essere un leader”. Questo non per arroganza, ma perché gli obiettivi si raggiungono se a guidare una squadra c’è un leader che sappia creare relazioni, le condivida e si assuma la responsabilità di decidere.
Ritiene quindi che in questo momento la crisi dell’associazionismo sia dovuta ad una carenza di leadership?
Guardi, la crisi della rappresentanza a mio avviso deriva dal fatto che l’interesse principale è l’apparenza, il voler essere in prima fila, indipendentemente da ciò che questo può comportare a chi si dovrebbe rappresentare; il socio che a causa del distacco appare deluso.
Con estrema franchezza le dico che in questo momento, senza voler far nomi, c’è solo un’associazione imprenditoriale che si salva perché ha alla guida una persona che ha il coraggio delle sue azioni e questa persona è una donna.
Socio deluso perché?
Il socio è deluso perché si trova a non avere un interlocutore intermedio. La politica è cambiata e non vuole più i corpi intermedi. Le associazioni non sono più in grado di dialogare e la politica si rivolge direttamente al socio, facendo quindi perdere potere di contrattazione.
Siamo nel territorio dei mandamenti di Thiene, Schio ed Arsiero e manca una rappresentanza politica che conti a partire dalla Regione. Da cosa dipende?
Come dicevo, la politica ha cambiato volto. Una volta le associazioni avevano il peso e la forza di contribuire alla rappresentanza politica, ora non più.
Guardiamo per esempio il primo livello politico, quello dei sindaci. Si è assistito alla nascita di sindaci che sono nati senza il coinvolgimento delle associazioni perché queste ultime non hanno partecipato ma hanno atteso perché è mancata la capacità di contare e di dialogare.
Per questo la politica si è dovuta rivolgere direttamente al cittadino.
A suo avviso, quale sarebbe la soluzione?
La politica attuale è personalismo.
C’è quindi la necessità di ricostruire una classe intermedia credibile, capace di dialogare con la politica, di mediare, dibattere fino ad arrivare a trovare le soluzioni.
Il singolo è vittima di sé stesso e se non è un grande imprenditore non riesce a contare. Le associazioni potrebbero dimostrare di avere un esercito che può cambiare la scena politica.
Cosa la indigna di più all’interno delle associazioni?
Più che indignarmi, Le dico che rifiuto quando non si rispettano le regole per interessi personali o per raggirare i soci.
Lei è entrato a far parte del cda di Veneto Banca e dopo due anni è scoppiato il caso delle popolari venete. Quanto l’ha segnata quell’esperienza?
All’inizio ho ricordato che rifarei tutto quello che ho fatto, eccetto du4e scelte: una è questa.
L’altra possiamo conoscerla?
Meglio non dire nulla, capirà chi dovrà intendere leggendo quest’intervista…
Andrea Nardello