Ha falciato un cucciolo di capriolo, tagliandoli 3 zampe con la falciatrice e invece di prestargli soccorso lo ha lasciato urlare disperato in mezzo al campo fino a che il piccolo è morto dissanguato.
Dopo il ‘caso Altopiano’, con le Guardie Zoofile assalite mentre accertavano le condizioni di alcuni cani tenuti a catena in un allevamento, i fari sono ancora puntati sulle Guardie, che sono intervenute questa volta a tutela di un cucciolo di capriolo, falciato da un agricoltore e lasciato morire tra atroci sofferenze, mentre l’uomo continuava a tagliare l’erba.

Sono ancora le Guardie Zoofile di Enpa, che anche in questo caso si sono trovate a dover prestare soccorso ad animali in difficoltà vittime della mancanza di sensibilità umana, a prendere in mano la situazione per sensibilizzare quelle persone che appartengono al mondo rurale, che non sempre si rendono conto che possono fare il loro lavoro pur avendo rispetto per gli animali, siano essi domestici o selvatici.
Ma sanno bene gli agenti infatti, che nel caso delle falciatrici il problema si ripropone ogni anno e che il caso di Cornedo, accaduto lo scorso maggio ma arrivato alla denuncia solo oggi a causa del covid, è solo uno dei tanti. Per questo hanno preparato un vademecum da distribuire per la prossima stagione.
“Ogni primavera assistiamo ad un vero e proprio massacro, adesso serve una svolta”, ha spiegato Renzo Rizzi, ispettore Enpa.
Il problema pare essere tutto italiano, poiché nei paesi più all’avanguardia gli agricoltori utilizzano sistemi di sfalcio che tutelano gli animali.
“Qui non siamo nel nord Europa dove esiste alta tecnologia per arginare questo problema, in Veneto il nulla – ha continuato Rizzi – Non ci resta che intervenire con i mezzi che conosciamo partendo dall’esperienza. Sui caprioli ad esempio, sappiamo che la zona più interessata alla loro presenza è la fascia pedemontana e non solo, che la nascita dei cuccioli va dalla seconda settimana di  maggio ai primi di giugno, che rimangono acquattati sul posto per alcune settimane per sfuggire ai predatori, la madre vigila da poco lontano e si avvicina solo per allattare.
Enpa, che si occupa di protezione degli animali, con le sue Guardie Zoofile preparerà un vademecum da distribuire entro il mese di marzo. Poche semplici regole, per intervenire e tutelare animali selvatici che non fanno male a nessuno e cercano solo riparo.
Enpa chiede inoltre alla Regione Veneto che per legge è deputata alla salvaguardia della fauna selvatica, di riservare fondi per gli agricoltori che metteranno in campo delle protezioni sulle proprie attrezzature, per lo stesso motivo si rivolge naturalmente alle associazioni venatorie che hanno potentissimi mezzi economici derivanti dalla tassa di iscrizione all’ambito, “basti pensare che ogni anno vanno buttati fondi iperbolici per sparare ‘ai poveri polli colorati’ solo nel Vicentino ben oltre il mezzo milione di euro, una cifra da capogiro che per logica potrebbe essere in gran parte utilizzata per un motivo molto più alto che avrebbe un senso”, ha sottolineato Rizzi.
Il caso di Cornedo
Dopo aver falciato il cucciolo di capriolo l’agricoltore ha continuato il suo lavoro come se nulla fosse, lasciando il piccolo tra atroci sofferenze, fino all’arrivo della Guardia Zoofila, chiamata da una segnalante. Sul posto la Guardia ha trovato la segnalante che ha atteso il suo arrivo dopo tante telefonate  per chiedere aiuto, mentre l’agricoltore continuava il suo lavoro con il trattore collegato alla barra falciante. A prima vista la Guardia ha capito che non c’era più nulla da fare, il piccolo che urlava per la sofferenza, era in quelle condizioni da più di due ore, aveva tre zampe tagliate dalla falciatrice, non si poteva sperare di salvarlo, rimaneva solo l’eutanasia. Il veterinario A.S.L. sarebbe arrivato dopo circa mezz’ora. Nel frattempo l’agricoltore, che aveva finito lo sfalcio e si era avvicinato ai due, si è scusato sostenendo che un episodio simile gli era già successo in passato. L’uomo, incurante del fatto che il piccolo fosse terrorizzato dal rumore del trattore, lo ha spento solo su richiesta della Guardia. Nel frattempo il cerbiattino era morto.
La denuncia
“L’agricoltore è stato denunciato perché dopo averlo falciato ha continuato la sua attività senza preoccuparsi di soccorrere l’animale chiamando un veterinario, il povero cucciolo invece è stato in quelle condizioni per un tempo interminabile – ha spiegato Rizzi – Di fatto con il suo comportamento ha permesso una sofferenza e un maltrattamento fino alla morte che poteva essere almeno limitato nel tempo. Altre verifiche fatte hanno dimostrato che l’agricoltore per comodità ha eseguito il taglio dall’esterno del campo verso l’interno, è il modo che imprigiona gli animali selvatici, che vedendosi sempre più scoperti si portano verso il centro per nascondersi, si acquattano finché l’erba finisce e la falciatrice gli è addosso, inoltre nessun sistema di prevenzione o di segnalazione per allontanare gli animali nascosti nell’erba era stato previsto nel trattore”.
La richiesta di collaborazione agli agricoltori
“Con la meccanizzazione dell’agricoltura questo problema si è acutizzato, solo nella nostra Provincia nel periodo della riproduzione sono migliaia gli animali che vengono feriti a morte macinati orribilmente, nidi distrutti, nidiacei dispersi, dai caprioli alle lepri ma anche fagiani quaglie e tante altre specie che nidificano a terra – ha spiegato Rizzi – Tenendo presente il fatto che gli animali selvatici vivono liberi nell’ambiente e sono tutelati in quanto Patrimonio Indisponibile dello Stato, assodato che quasi tutto l’ambiente è proprietà privata, questi animali devono trovare  casa e riprodursi forzatamente presso un terreno di proprietà. Per cui ritengo sia normale quanto esprime l’agricoltore “qua se’ mio” ma in alcuni periodi dell’anno deve accettare lo stazionamento dei selvatici nella sua proprietà, perché in fondo queste specie hanno i suoi stessi diritti essendo liberi di scegliere; stante questa situazione, diventa indispensabile ed obbligatorio per l’agricoltore, deputato a fare il taglio prendere le precauzioni perché fatti così gravi non si verifichino. Passato il tempo della “biciesse” Quando l’agricoltore si fermava e metteva le “frasche” per proteggere il nido, ora si usano mostri che viaggiano a oltre 20 KM orari con la barra falciante, chi li usa, sa che quando entra in un campo con quell’attrezzo se non ha preso le dovute precauzioni ucciderà degli animali.
L’agricoltore che conosce il suo appezzamento è a conoscenza che il pericolo di incidenti  più alto è sul “primo taglio”, per cui se non ha montato protezioni contro questa eventualità dovrà almeno seguire delle semplici regole per cercare di evitare questi brutti incidenti. Va ricordato inoltre che le carcasse di animali che finiscono nel foraggio possono sviluppare alcune patologie mortali come il botulino od altre infezioni che uccidono le mucche e possono finire nel latte, è un problema che negli ultimi tempi sta facendosi strada”.
di Redazione Altovicentinonline
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