C’è un esercito i cui soldati sono strapagati per il lavoro che svolgono.
E’ l’esercito di Dio, impegnato a salvare le anime. Così, se il Padre, quello Santo, Papa Francesco, invita alla moderazione, al disprezzo dello spreco, a vita morigerata, loro, i “soldati” della Chiesa, sono ben lontani dall’accogliere l’invito.

 

Ne abbiamo già parlato: il Clero lucra su sacramenti e arte sacra, su vesti e oggettistica religiosa, le Iene, però, sono andate oltre, scoperchiando un’altra pentola bollente più della pece (giusto per rimanere in tema) in cui furono cotti, in tempi diversi, Santa Laura e Sant’Alfio.

A rompere la quiete di un mondo che si dibatte tra guerra e pace dello spirito, qualche giorno fa, l’inviato del programma di Italia 1, Luigi Pelazza, che ha fatto irruzione tra i cappellani militari. Sono quelli che salvano il soldato semplice e il generale dai rimorsi di una forte, ma necessaria, azione militare; sono quelli che tra divise, armi e strategie d’attacco diffondono la parola di Dio. Pare facile ma non lo è. E’ arduo il sentiero del cappellano dell’Ordinariato militare. Partiamo dal fatto che lui, uomo di fede, diventa un graduato a tutti gli effetti. Armato di messale, se ne va per caserme a vangelizzare, confessare, sollevar di spirito.

Il Don Tenente, o Don Capitano di Corvetta, persino “Don Generale di Corpo d’Armata”, ne ha di lavoro da fare. Fortuna che è in buona compagnia. Sono 177 i cappellani attivi all’Ordinariato militare. 177 che, sommati a quelli che li hanno prededuti e sono già in quiescenza, costano agli italiani 17 milioni di euro l’anno.

Già, perchè il Don Capitano di Corvetta, ad esempio, guadagna 4/5mila euro al mese. 10mila, invece, vanno al don Generale. Niente male per chi aveva scelto di percorrere da viandante dell’anima la via di Cristo. Nel viaggio dello Spirito, diciamolo, il cappellano militare siede in prima classe, ha persino (ma non tutti) l’auto con autista che lo trasporta da una tappa all’altra di un percorso irto di peccati e tentazioni da sconfiggere. E se, come ha fatto Pelazza, gli viene chiesto se gran parte di quel “ben di Dio” di stipendio lo devolve ai poveri, lui, il graduato in tonaca e colletto rigido, nicchia, tergiversa, si dibatte tra il bene (la ricchezza dell’anima che non ha eguali) e il male (quella terrena che sazia appetiti bassi ma immediati). Certo, sapere che siamo noi italiani a pagare 17 milioni l’anno per soddisfare esigenze terrene di uomini posti al confine tra Chiesa ed Esercito, non ci fa bene ma, com’è che si dice? “siamo tutti figli di Dio”… e tra fratelli ci sia aiuta.

E poi, ad avere un fratello Don Generale di Corpo d’Armata, fa tanto fino.
A dire il vero, non fosse prete, e mio fratello, me lo sposerei. Per amore, sia chiaro, mai per interesse.

Patrizia Vita

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