Solo il 44% delle 581 strutture italiane con sale parto supera la soglia minima dei 500 parti naturali all’anno. A lanciare l’allarme è la piattaforma Micuro, il più grande motore di ricerca della salute in Italia.

Dall’analisi emerge il saldo negativo tra il 2,4% di strutture che ha superato la soglia nei cinque anni precedenti, e il 6,9% che ha ridotto i volumi. La professoressa Elena Azzolini, specialista in Sanità Pubblica e responsabile del Comitato Scientifico di Micuro, sottolinea la gravità di questi dati in un contesto di crisi delle nascite come quello che sta interessando l’Italia.

I dati, raccolti da Micuro attraverso fonti ufficiali del Ministero della Salute e del Programma Nazionale Esiti (PNE) di AGENAS, evidenziano un persistente stallo in quasi una struttura su dieci. Infatti, il 9,8% dei punti nascita sono rimasti sempre sottosoglia negli ultimi cinque anni. Ancora più preoccupante quel 14% di strutture che, permanendo sempre sottosoglia, hanno chiuso definitivamente.
Ma anche quando la soglia viene mantenuta la persistenza della struttura non è assicurata: l’11,1% delle strutture sopra soglia ha concluso l’attività.

“È sicuramente importante la quota dei punti nascita che in cinque anni hanno continuato a rispettare gli standard, – dice la professoressa Azzolini – ma c’è ancora molta strada da fare. Ci troviamo di fronte a strutture che pur avendo sempre rispettato gli standard di volumi, oggi sono chiuse, oppure, anche se in quota minore, ad altre che, rispetto anche solo a cinque anni fa, hanno perso drasticamente volumi. È fondamentale investire sulle buone pratiche, su quei punti nascita che hanno raggiunto gli standard di qualità e su quelli che riescono a mantenersi su questi livelli, senza trascurare quei pochi che continuano ad attestarsi a volumi non soddisfacenti: con programmazione ed efficienza anche questi possono uscire dal guado e contribuire al raggiungimento dei livelli di eccellenza che si merita un sistema sanitario come il nostro”.

Tra gli esempi da replicare spicca l’ospedale di Legnano che sta vincendo la sfida demografica grazie ad un insieme originale e vincente di fattori come aveva spiegato all’Adnkronos il primario Guido Stevenazzi. La struttura dimostra quanto sia importante il ruolo degli ospedali e del personale ospedaliero nel contrastare la denatalità. Risultati che assumono maggior rilievo se si considera che, come evidenziato da Micuro, la Lombardia è la regione più colpita dalla crisi dei punti nascita con una riduzione del 23% negli ultimi cinque anni. Subito dopo la Campania con una contrazione del 19%.

Quanto sono diminuiti i punti nascita in Italia

La riduzione dei punti nascita interessa tutta la penisola e le strutture di ogni dimensione, sia quelli grandi (>1000 parti / anno) che quelli medi e piccoli, con cali variabili tra l’11% e il 18% del totale.

I dati emersi dall’indagine di Micuro sono allarmanti: in tutta Italia, si è registrata una diminuzione del 14,5% dei parti (naturali e cesarei) in cinque anni, senza alcuna regione con un trend positivo né anno su anno né nel quinquennio. In tutto, le nascite sono passate da 401.325 nel 2018 a 393.499 nel 2022.

Trend meno negativo se si guarda ai parti cesarei per i quali è stabilita una quota massima da non superare rispetto al totale dei parti (<15% per strutture che registrano volumi totali tra 500 e 1000 parti all’anno; <25% per strutture che superano i 1000). Per questi parametri, il numero delle strutture eccellenti è rimasto sostanzialmente uguale a cinque anni fa (-1%). Un dato incoraggiante solo a metà, perché la quota di strutture in linea con i criteri di qualità è solo il 38,3% del totale. A livello regionale sono il Veneto, la Puglia e il Piemonte a contribuire alla stabilità del trend, registrando una crescita nel numero delle strutture eccellenti rispetto al 2018. Male la Lombardia che fino a oggi ha perso ogni anno tra una e due strutture sopra soglia.

Parti naturali dopo parto cesareo

Maggiori difficoltà emergono per le donne che devono affrontare un parto naturale dopo uno o più parti cesarei. L’analisi di Micuro evidenzia come l’Italia vada in controtendenza rispetto agli altri Paesi dove, in assenza di particolari criticità, si predilige il parto naturale indipendentemente dal trascorso della paziente nelle precedenti gravidanze. In base alle disposizioni del Ministero della Salute, la quota minima di parti naturali da garantire su pazienti con cesarei pregressi deve essere del 25% sul totale dei parti effettuati durante l’anno. In Italia solo l’11% delle strutture rispetta questo standard, e i pochi punti nascita eccellenti sono tutti concentrati al Nord.

Sul punto la professoressa Azzolini spiega: “La situazione dei parti naturali soprattutto in caso di cesarei pregressi, è preoccupante sia per la distanza che separa gran parte delle strutture dagli standard minimi di qualità sia per una cultura diffusa che, inspiegabilmente, predilige la sala operatoria alla sala parto anche in situazioni di benessere della paziente”. Sul divario territoriale, la responsabile del Comitato Scientifico di Micuro aggiunge che “l’aggravante è rappresentata dalla disparità territoriale in Italia tra nord, centro e sud, con queste due ultime zone che ad oggi non hanno strutture che garantiscano gli standard minimi di eccellenza per l’indicatore del parto naturale post cesareo”.

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