Cara ragazza, anonima, di Palermo, sono il padre della vittima del noto ‘stupro di Capodanno’ di Roma, e scrivo per appoggiarti. Devi reagire contro chi, sui social, ha farneticato che a ‘una come te’ è ‘normale’ che capiti. Ma ti scrivo anche per avvertirti: sei sola, perché gli altri non comprendono. Vittima di uno stupro di gruppo? La gente non capisce. Prendo quindi la penna, sei tu che mi hai dato il coraggio”. Inizia così la lunga lettera che un papà scrive su Repubblica indirizzata alla vittima dello stupro di gruppo di Palermo. L’uomo che scrive sul quotidiano è il padre della minorenne vittima di uno stupro di gruppo in una villetta di Primavalle, a Roma, nel Capodanno del 2021 in pieno lockdown.

Mia figlia aveva 16 anni quando è stata drogata e stuprata da almeno cinque individui. È inequivocabile, il referto ospedaliero certifica gravi lesioni. Ma per noi, come temo sarà anche per te, l’evidenza non basta: il gioco processuale sarà a dimostrare che tu, come lei, volevate esattamente quello che vi è successo”, si legge su Repubblica.

Pensavi di aver lasciato tua figlia minorenne in un luogo sicuro, dalla famiglia della sua migliore amica. Non immagini che l’adulto a cui l’hai affidata, senza avvisarti, la porta a una “festa” proibita in tempo di covid. Finché piomba una chiamata da una caserma dei carabinieri, prendi la macchina e corri oltre i limiti di velocità e varchi quel portone di ferro per trovare un esserino annichilito, prostrato dall’enormità del sopruso. La abbracci ma senti che non c’è, è in una bolla tutta interna di sofferenza. La lasci alle deposizioni, dolorose ma necessarie- si legge ancora- Poi cerchi di circondarla di affetto e sostegno senza capire qualcosa di misterioso che disperatamente cerca: smentire a sé stessa l’evidenza. Non è possibile, sono i miei amici! non mi hanno abbandonata agli stupratori, non mi hanno filmata mentre abusavano di me, non hanno mandato whatsapp di insulto perché erano stati chiamati a deporre! Non hanno davvero riso quando qualcuno sbandierava come un trofeo la maglietta sporca del mio sangue. Ma poi la verità piomba come un martello. Arrivano le fobie: mia figlia, cara ragazza di Palermo, è una tua coetanea normale, ma non riesce a entrare in un centro commerciale e corre di nuovo in casa perché si sente addosso tutti gli sguardi. I suoi amici non capiscono perché non accetta mai di andare a casa di qualcuno, ma si può raccontare cosa le è successo l’ultima volta che l’ha fatto?” E la domanda che un padre non vorrebbe mai sentire: “Una ragazzina che ti chiede se sarà mai più capace di avere fiducia in un uomo, amarlo, costruire con lui una famiglia“.
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