Un altro passo per la conquista della piena parità anche nei ruoli di vertice. Ai più alti gradini delle Istituzioni in Italia arriva di nuovo una donna. É Margherita Cassano, fiorentina di origini lucane, in magistratura dal 1980, è stata eletta all’unanimità dal Plenum del Csm. Dopo le presidenze di Camera e Senato, della Corte costituzionale e del Governo, ultimo cronologicamente tra le più Alte Cariche con una donna ‘al comando’, si è rotto oggi “un altro vetro” in quel “soffitto di cristallo” che impedisce alle donne di raggiungere posizioni apicali. É il cosiddetto ‘glass ceiling effect‘, come dicono gli inglesi. Cassano da oggi passerà alla storia come la magistrata donna che ha scalato per la prima volta l’incarico di giudice più alto in grado nel Paese a sessant’anni esatti dalla legge 66/1963 che permise alle donne di accedere agli incarichi pubblici. Per restare nell’ambito della giustizia, prima di lei, nel 2019, Marta Cartabia nel 2019, è stata la prima donna alla guida della Corte costituzionale.
La storia dell’emancipazione femminile delle istituzioni italiane ha nomi e cognomi ben precisi, in un Paese dove i ruoli di vertice sono ancora saldamente ‘al maschile’.
La prima donna politica in un Governo in Italia si può considerare Tina Anselmi: alla fine degli anni ’70, a trent’anni anni dalla proclamazione della Repubblica, fu la prima a ricoprire la carica di ministro della Repubblica; il 29 luglio del 1976 occupa il dicastero del Lavoro e delle previdenza sociale per poi passare, nel marzo del 1978 al ministero della Sanità dove rivoluzionò il Sistema sanitario nazionale con la legge che lo istituiva e la legge 194 per l’interruzione volontaria della gravidanza.
Nilde Iotti, il 20 giugno 1979, fu la prima presidente della Camera dei deputati, poltrona che nel corso del tempo si è tinta altre due volte di rosa con la guida di Irene Pivetti (eletta il 16 aprile 1994 e che a 31 anni fu la più giovane terza carica dello Stato) e Laura Boldrini (presidente dal 2013 al 2018). Fu proprio Boldrini a Montecitorio a istituire, nel 2016, la Sala delle donne con i ritratti delle prime politiche entrate a far parte delle Istituzioni della Repubblica. Nilde Iotti ha battuto anche un altro record perchè lasciò il mandato il 22 aprile 1992 dopo tredici anni ininterrotti: in assoluto è stata la presidente rimasta in carica più a lungo. Su 16 presidenti della Camera che si sono succeduti dal 1948 a oggi, tre insomma sono donne.
L’11 dicembre 2019 alla Corte costituzionale arriva Marta Cartabia, la prima volta di una donna presidente come quinta carica dello Stato. “Si è rotto un vetro di cristallo, ho l’onore di essere un’apripista”, disse lei stessa quando fu nominata anche se la sua fu una presidenza breve, di appena nove mesi, perchè l’ufficio di giudice costituzionale non può durare più di nove anni e il suo mandato scadeva il 13 settembre del 2020 (era alla Consulta dal 2011, dal 2014 aveva assunto il ruolo di vice presidente)
Al Governo, ultimo tra le istituzioni ‘in rosa’, è Giorgia Meloni a infrangere quel tetto di cristallo. Il 22 ottobre 2022 giura al Quirinale diventando la prima donna presidente del Consiglio. Ma Meloni ha battuto molti record, non solo come donna: la sua carriera politica inzia a 15 anni nel movimento studentesco e giovanile; a 21 anni è eletta consigliere della Provincia di Roma; a 27 guida di Azione Giovani; deputata della Repubblica per la prima volta a 29 anni, nella XV Legislatura ricopre la carica di vicepresidente della Camera dei deputati; è stata il ministro più giovane nella storia del Governo assumendo nel 2008, a 31 anni, l’incarico di ministro della Gioventù.
Insomma, nelle caselle delle più alte cariche dello Stato sono ormai arrivate, chi prima chi dopo, chi a fatica, anche le donne. Ne manca una, la più prestigiosa: tra i 12 presidenti della Repubblica eletti dal Parlamento ancora nessuna donna è arrivata al Colle. Qualche chance sembrava averla avuta Marta Cartabia durante il governo Draghi prima del bis dell’attuale capo dello Stato Sergio Mattarella. Più volte negli ultimi anni si era rincorso il nome di Emma Bonino, storica leader dei Radicali che addirittura nel 1999, quando al Colle saliì Carlo Azeglio Ciampi, si candidò pubblicamente ma il suo tentativo non andò a buon fine. Tra le papabili alla vigilia del bis di Mattarella anche Elisabetta Belloni, capo dei servizi segreti italiani, e l’ex guardasigilli Paola Severino.
L’ultimo passo per infrangere veramente il ‘tetto di cristallo’ è il Quirinale. Nella Sala delle donne allestita a Montecitorio, con i ritratti di chi ha fatto la storia dell’emancipazione femminile nelle istituzion, simbolicamente rimane ancora vuota quella cornice. C’è chi già fa il tifo per una ‘fumata in rosa’ dopo il secondo mandato di Mattarella. “Nazione” e “Italia” sono parole al femminile, ma l’Italia è pronta per una donna al Colle? “Stato” e “Capo dello Stato” restano ancora saldamente declinati al maschile.