Da snack da buffet a gesto identitario. La tartina trova nuova vita – e dignità – nel format familiare che sta rivoluzionando il salato quotidiano.
A Schio, nel cuore dell’Alto Vicentino, c’è un luogo dove la tartina ha smesso di essere un ricordo degli anni ’80 per diventare un’idea di futuro. Si chiama Brock, dal soprannome di Massimo Broccardo, il fondatore. E nasce da una semplice intuizione: ridare centralità al salato. Ma farlo bene. Nel 2016, Massimo arriva da tutt’altro mondo, ma porta con sé una passione concreta, quella per la cucina casalinga. Nessuna scuola alberghiera, ma il coraggio di credere in un formato dimenticato: la tartina. Non quella preconfezionata, ma una tartina artigianale, stagionale, sorprendente. All’inizio Brock è un laboratorio con vendita diretta. Solo cibo, niente vino, pochi tavolini. Poi le cose crescono. Entra Giacomo, il figlio, ex assicuratore. Nel 2021 il salto: un’ex trattoria in disuso in via Largo Fusinelle diventa la casa definitiva del progetto. Il fratello Filippo, con studi in Scienze Gastronomiche e una solida esperienza sul campo, si unisce a completare la squadra. Nasce così una tartineria moderna, in cui ogni dettaglio è pensato per rendere la tartina un gesto quotidiano di qualità.
Il segreto? Il pane: al latte o al burro, soffice, rotondo, studiato per accogliere topping e mousse che cambiano di settimana in settimana. Ogni tartina è un piccolo racconto salato: crudo e cipolla caramellata, acciuga e uovo sodo con piccante, hummus e giardiniera, salmone e senape dolce, mousse vegetali, fermentati, capesante. La più amata in assoluto? “Uova e Asparagi” una tartina semplice solo in apparenza, com equilibrio, stagionalità e memoria. Ma la più fiera, raccontano da Brock, è un’altra: quella con acciuga, spicchio d’uovo, una punta di piccante e tanto lavoro. «Non tutti la capiscono subito. Ma è quella che ci rappresenta di più». La proposta non si ferma qui. Al banco si trovano anche quiche Lorraine, frittatine (anche vegetariane), focacce, tostoni, sei club sandwich. Ma la regina è sempre lei: la tartina. E i numeri parlano: 150 tartine servite al giorno durante la settimana, il triplo nel weekend. In fila ci sono studenti, professionisti, anziani, giovani coppie. Non è solo una pausa pranzo: è un’abitudine nuova. Accanto, una selezione di 70 etichette di vini artigianali, da piccole cantine. La mescita cambia ogni due settimane. Il pairing è pensato ma informale: si parte da un calice, si costruisce il gusto intorno. «Qui si beve bene, e si mangia con gusto». Il Durello-Chardonnay metodo classico, ad esempio, si abbina perfettamente a una tartina con acciuga e spuma. Non mancano le serate speciali. Come quella fatta qualche mese fa con una cantina, dove le tartine si sono vestite di fermentati, aglio orsino, mousse vegetali. Il banco diventa palco. E ogni ingrediente, protagonista.
«La gente arriva e chiede: che tartina c’è oggi?» racconta Giacomo. E in quella domanda c’è tutta la potenza del format. È un rituale semplice, accessibile, ma sempre diverso. La tartina non è più un avanzo di festa. È un micro-piatto, un racconto, un gesto di stile. Brock ha saputo renderla simbolo. Con intelligenza, ironia e coerenza. E oggi, da Schio, questo nome piccolo e pieno di carattere si prepara a crescere ancora: forse un secondo locale, forse un format parallelo, forse – semplicemente – una buona idea che continuerà a cambiare forma. Come una tartina. Sempre diversa, ma sempre giusta.
Valentina Ruzza
