“Prima di andare al lavoro, al Nasser, li ho visti tutti, ho detto loro “ci vediamo dopo”. Poi sono corsa davanti alla montagna di macerie che era diventata la nostra casa e i miei bellissimi figli, bambini amatissimi, erano pezzi di carbone senza più volti, né corpi. Non potevo immaginare che questo sarebbe stato il nostro destino”. Alaa al-Najjar parla al Corriere della Sera, in un’intervista che solo a leggerla serve un gastroprotettore. E’ la pediatra di Gaza che ha perso in un colpo solo d’artiglieria israeliana, il 23 maggio, nove dei suoi dieci figli, e il marito, anche lui un medico a Khan Younis. Le è rimasto solo Adam, 11 anni, che “sta migliorando, non è più in terapia intensiva ma in reparto. Sono qui con lui, accanto al suo letto. Non lo lascio mai”.

“Ho deciso di raccontargli che cosa è successo alla nostra famiglia solo domenica, quando anche mio marito Hamdi ci ha lasciati. È durissima. Cerco di non fargli pensare a come è diventata la nostra vita. Giochiamo il più possibile. In ospedale ha un tablet e dei colori. Anche i miei nipoti vengono a trovarlo. L’unica cosa che lo fa sorridere è l’idea di venire in Italia. Il mio obiettivo è portarlo fuori da Gaza, se potessimo davvero uscire sarebbe un sollievo. Adam ha bisogno di essere curato in una struttura che funziona. Deve subire un intervento per la ricostruzione di alcune ossa del braccio sinistro e di alcuni nervi: nella Striscia non c’è nessun ospedale dove si possa affrontare un’operazione del genere. Noi siamo pronti, stiamo aspettando la chiamata delle autorità. Ci hanno detto che si parla dell’11 giugno ma nulla è certo. Io rimango fiduciosa”.

Non scrivete di me come una madre eroica, sono una mamma come tante altre qui, senza più niente. Questo è il mio destino ed è il destino di troppe persone a Gaza. La mia è una storia terribile, ma comune. Non dimenticate gli altri”.

“Provo dolore, ma non rabbia. Sono grata a tutti coloro che denunciano la devastazione che viviamo, e sono triste per quelle persone senza umanità che accettano tutto questo male. Quando cado nella disperazione mi dico che i miei bambini almeno sono in un posto migliore di Gaza. Di sicuro sono finiti in paradiso”.
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