«Per affrontare le sfide di oggi l’Unione Europea deve trasformarsi da spettatore o al più comprimario in attore protagonista. Deve mutare anche la sua organizzazione politica che è inseparabile dalla sua capacità di raggiungere i suoi obiettivi economici e strategici». Così, in un passaggio del suo intervento al Meeting di Rimini, l’ex presidente del Consiglio e della Bce, Mario Draghi,
sottolineando che «il prendere atto che la forza economica è condizione necessaria ma non sufficiente per avere forza geopolitica, potrà finalmente avviare una riflessione politica sul futuro dell’Unione».
A giudizio dell’economista, «le riforme in campo economico restano condizione necessaria in questo percorso di consapevolezza. Dopo quasi ottant’anni dalla fine della seconda guerra mondiale, la difesa collettiva della democrazia è data per scontata da generazioni che non hanno il ricordo di quel tempo. La loro convinta adesione alla costruzione politica europea – argomenta ancora Draghi – dipende anche, in misura importante, dalla sua capacità di offrire ai cittadini prospettive per il futuro quindi anche dalla crescita economica che in Europa è stata negli ultimi trent’anni ben più bassa che nel resto del mondo», chiosa. Quello di oggi è «un mondo che non ci guarda con simpatia, non aspetta la lunghezza dei nostri riti comunitari per imporci la sua forza, pretende da parte nostra una discontinuità obiettivi tempi e modi di lavoro. La presenza dei leader alla Casa Bianca è stata una manifestazione di unità che vale, agli occhi dei cittadini europei, più di tante riunioni a Bruxelles».
«Trump ci ha dato una sveglia brutale – prosegue l’ex presidente del Consiglio – le elezioni in Usa hanno cambiato tutto. La prima cosa da fare è stringiamoci tutti insieme, bisogna imparare ad andare d’accordo».
Draghi ha poi continuato tornando a parlare del debito comune, «l’unico strumento che possa sostenere progetti europei di grande ampiezza al contrario degli sforzi nazionali frammentati insufficienti, che non riuscirebbero mai ad attuare. Questo vale: per la difesa, soprattutto per ciò che riguarda la ricerca e lo sviluppo; per l’energia, per gli investimenti necessari nelle reti e nell’infrastruttura europea; per le tecnologie dirompenti, un’area in cui i rischi sono molto alti ma i potenziali successi sono fondamentali nel trasformare le nostre economie».
