Un tempo le Dolomiti erano un richiamo irresistibile per chi amava la roccia. Nelle giornate limpide di luglio e agosto le pareti si riempivano di cordate, le voci si intrecciavano con il suono dei moschettoni e in certi punti iconici bisognava persino fare la fila per attaccare una via. Oggi lo scenario è diverso: le montagne sono sempre lì, ma su molte pareti regna un silenzio insolito. L’arrampicata non ha più il fascino di un tempo, soprattutto per i più giovani. A prevalere è il turismo mordi e fuggi, quello che cerca un selfie spettacolare piuttosto che la fatica di una lunga salita. A Cortina questa trasformazione è sotto gli occhi di Andrea Cattarossi, guida alpina bellunese che da anni accompagna turisti e appassionati lungo sentieri e pareti. La sua vita è la testimonianza di una scelta radicale: laureato in ingegneria informatica, aveva iniziato a lavorare nel settore dell’occhialeria, ma ogni momento libero diventava una fuga verso le montagne. Yosemite, il Marocco, ancora Yosemite: viaggi e scalate che gli hanno fatto capire che la scrivania non poteva essere la sua casa. Così ha abbandonato la sicurezza del posto fisso per dedicarsi interamente alla sua passione. In curriculum ha vie leggendarie come il Diedro Philipp Flamm sul Civetta o Tempi Moderni in Marmolada, con difficoltà fino all’8b, ma soprattutto l’esperienza di chi vive ogni giorno la montagna.
La stagione estiva appena conclusa racconta bene la nuova geografia del turismo alpino. Maggio, giugno e luglio sono stati mesi intensi, con molti stranieri alla ricerca di esperienze autentiche. Agosto invece ha segnato una battuta d’arresto. Non solo per i disagi della viabilità legati ai cantieri dell’Alemagna, ma anche perché gli italiani stanno abbandonando l’abitudine di concentrare le vacanze nel cuore dell’estate. Sempre più persone scelgono di salire prima o dopo, quando c’è più tranquillità e i costi sono inferiori. È un cambiamento di costume che ha modificato le curve del lavoro delle guide alpine: il periodo più atteso è diventato meno centrale. Ma la trasformazione più evidente riguarda l’approccio stesso alla montagna. L’arrampicata richiede dedizione, allenamento e fatica: ingredienti che sembrano aver perso attrattiva. Al loro posto spopolano le vie ferrate, più accessibili e rassicuranti, e i luoghi che offrono scenari iconici. I Cadini di Misurina, i finestroni dietro le Tre Cime, il lago di Sorapiss: mete che diventano set fotografici dove lo scatto conta più del percorso per arrivarci. È la montagna piegata al linguaggio dei social, che premia la spettacolarità immediata e lascia in disparte la dimensione più silenziosa e faticosa dell’alpinismo. Questo non significa che il lavoro della guida alpina sia meno importante, anzi. Oggi il mestiere si è trasformato in accompagnamento e narrazione: il 70 per cento delle uscite riguarda ferrate e percorsi attrezzati, esperienze capaci di regalare emozioni senza richiedere l’impegno di una cordata. Restano naturalmente le grandi salite, dalle Tre Cime all’Antelao, dalla Tofana al Lagazuoi, ma sono frequentate da un pubblico ridotto. Solo i tedeschi continuano a nutrire una vera venerazione per le Tre Cime, anche grazie alla popolarità che hanno acquisito nelle produzioni televisive di Reinhold Messner. Cortina si prepara alle Olimpiadi, che molti vedono come un’occasione di rilancio e di richiamo internazionale. Ma non è detto che questo porti nuovi appassionati sulle pareti. Più probabile che arrivi un turismo da città, attratto dall’evento sportivo e dai riflettori, piuttosto che dalle vie di arrampicata. La montagna non ha bisogno di Olimpiadi per raccontarsi: resta lì, imponente, con i suoi silenzi e le sue fatiche, ma chi la vive davvero è sempre più raro.
Oggi la guida alpina non è più il custode delle grandi vie verticali, ma l’accompagnatore di chi cerca scenari fotogenici e percorsi spettacolari. È una trasformazione inevitabile, figlia dei tempi e dei nuovi linguaggi. La montagna resiste, immobile e severa, ma il modo in cui viene guardata è cambiato. Al posto delle corde e dei moschettoni, sempre più spesso c’è uno smartphone pronto a catturare l’istante. E in quell’istante si gioca il confine tra la montagna vissuta e la montagna consumata.
