In Veneto, una delle regioni storicamente considerate modello nella gestione della sanità, ci si è trovati all’improvviso con 700mila persone senza medico di base. Una situazione gravissima, che secondo Cunegato affonda le radici in una programmazione carente e nella scelta di ridurre drasticamente le borse di specializzazione, nonostante le ripetute segnalazioni dei sindacati. Ma a mancare non sono solo i medici. La vera falla del sistema sanitario, come sottolinea lo scledense Cunegato, riguarda gli infermieri, figura essenziale e insostituibile del servizio sanitario pubblico. “La verità è che il vero buco nero del nostro sistema riguarda la mancanza di infermieri. Se mancano loro, il medico deve fare anche quello, con conseguenze devastanti sull’efficienza del sistema”.
I dati
L’Italia è fanalino di coda in Europa: nel Servizio Sanitario Nazionale operano 1,42 infermieri per medico, contro i 2,7 della Germania, i 2,8 del Regno Unito e i 3,3 della Francia. Mancano all’appello oltre 70mila infermieri, 30mila dei quali solo per rendere operative le Case della Comunità, progetto che resta – ad oggi – largamente incompiuto. “Assistiamo a scene tragicomiche – scrive Cunegato – con assessori regionali e direttori sanitari che tagliano nastri e brindano per inaugurare strutture vuote. Ci prendono in giro con una propaganda del vacuo”.
Il crollo delle iscrizioni
Anche i dati sulle iscrizioni ai corsi di laurea in infermieristica confermano una crisi profonda: 15 anni fa le domande erano 45.806; nel 2025 sono appena 19.298 per oltre 20mila posti disponibili.
In Veneto si parla di 1269 candidati per 2124 posti. A Vicenza, sede di Monte Berico, appena 73 domande per 120 posti. Un crollo verticale che fa presagire un futuro ancora più critico: “In Veneto mancano 3000 infermieri, nel vicentino 1000. Ma nei prossimi anni, tra pensionamenti e uscite anticipate, se ne perderanno altri 4-9mila. Il sistema è al collasso”.
Cunegato denuncia anche le condizioni economiche e lavorative sempre più penalizzanti per chi sceglie questa professione.
Un infermiere neoassunto guadagna 1700 euro al mese, che dopo 40 anni di carriera salgono appena a 1950 euro. In 35 anni si è perso tra i 10mila e i 16mila euro annui di potere d’acquisto. A questo si aggiungono turni massacranti, carichi di lavoro insostenibili e assenza di prospettive di carriera.
La proposta
Cunegato non si limita alla denuncia, ma avanza proposte concrete: “Occorre l’amento degli stipendi, per rendere di nuovo attrattiva la professione, ma anche dei piani di carriera reali e non solo formali. Inoltre, la conciliazione tra vita e lavoro. Bisogna, insomma, tornare a dire che il lavoro dell’infermiere è essenziale, prezioso, indispensabile. Senza di loro, la nostra comunità si sgretola”.
