Manca poco più di un mese al voto in Veneto e il panorama politico comincia a delinearsi. Fabio Bui rompe gli indugi e annuncia la sua candidatura alla guida della lista Popolari per il Veneto. Lancia un attacco all’attuale classe dirigente, rea di aver abbandonato il territorio e ceduto alle logiche centraliste di Roma e Milano. Alla guida della provincia di Padova sino al 2022, Bui vuol rilanciare il Veneto che, a suo dire, non ha più voce in capitolo sul proprio destino. Si rifà ai modelli europei di rappresentanza locale come la CSU bavarese o la Südtiroler Volkspartei per dare vita a un vero partito veneto, autonomista, radicato nei territori, capace di coniugare sviluppo economico, sostenibilità ambientale, giustizia sociale e un fisco equo.

Fabio Bui, Lei è stato sindaco di Loreggia e presidente della Provincia di Padova. Oggi ha scelto di candidarsi alla presidenza della lista Popolari per il Veneto in vista delle prossime elezioni regionali. Perché questa scelta? 

Perché è giunto il momento della responsabilità. Perché la politica deve tornare a essere ancorata a una cultura che giustifichi le decisioni attraverso valori condivisi. Perché le radici della cultura veneta e della tradizione delle nostre comunità, così diversificate, devono ritrovare un fondamento nei nostri comportamenti. Perché c’è un urgente bisogno di futuro. Perché è necessario porre al centro il Veneto, con i suoi interessi, i suoi bisogni, le sue ricchezze umane e intellettuali. 

I Popolari per il Veneto propongono un progetto incentrato su persone, comunità locali e responsabilità condivisa, per conferire vigore a un soggetto politico regionale, seguendo il modello della CSU bavarese e della Südtiroler Volkspartei. Ci spiega alcuni punti del suo progetto? 

Per costruire un soggetto politico regionale è fondamentale elaborare una visione per il Veneto del futuro. Il Veneto è una metropoli internazionale modernissima che deve essere collocata al centro dell’Europa, sia sul piano economico che su quello politico. Una metropoli diffusa di quasi 5 milioni di abitanti, caratterizzata da aree verdi e comunità culturalmente coese, che affronta nuove sfide: un aggregato green che necessita di essere potenziato mediante soluzioni concrete, nel rispetto del principio di sussidiarietà e della valorizzazione dei corpi intermedi.

Tra le priorità ci sono i trasporti, l’economia e l’ambiente. Ma c’è un altro problema sostanziale che i veneti invocano da anni: il mondo della sanità, ad esempio. Troppe famiglie vivono sulla propria pelle i gravi disagi di un sistema sempre più in difficoltà. Cosa potrebbe suggerire Fabio Bui nel suo programma elettorale riguardo alla sanità? 

La sanità del Veneto si distingue per l’eccellenza clinica. Tuttavia, sul piano organizzativo, l’abbandono del modello di integrazione socio-sanitaria comporta un costo elevato per i cittadini, compromettendo la continuità delle cure e la capacità di accompagnare le persone nel trovare risposte adeguate alle loro esigenze di salute e sicurezza sociale. È essenziale rivedere l’organizzazione e le dimensioni delle Ulss, dei Distretti e degli Ambiti Territoriali Sociali, riconsiderare i poteri dei sindaci e ripensare al nuovo piano socio-sanitario, prestando maggiore attenzione all’implementazione delle strutture intermedie (ospedali di comunità, unità riabilitative territoriali, hospice), con una attenzione particolare alle cure palliative, l’aggiornamento della programmazione dei posti letto per anziani non autosufficienti e disabili, la riforma delle Ipab e la realizzazione di un piano sociale: questi sono i punti essenziali per una ripartenza del sistema veneto di sanità e assistenza sociale,  e porre la persona al centro del suo percorso di salute.

Facendo un passo indietro, come migliorerebbe la mobilità della nostra Regione? 

Per molti veneti, la mobilità è un diritto e non un privilegio, ed è fondamentale affrontare la direttrice nord-sud. L’asse ferroviario Venezia-Monaco non è un tema da rinviare ulteriormente. Collegato a un sistema portuale, che va da Trieste a Ravenna, realizzerebbe una vera e propria portaerei economica sul Mediterraneo. Non si può trascurare l’adeguamento infrastrutturale, in particolare la terza corsia dell’autostrada Bologna-Padova e l’alta velocità ferroviaria nello stesso tratto. Per quanto riguarda la mobilità delle persone, un drastico incremento delle metropolitane di superficie e dei trasporti pubblici, potrebbe contribuire significativamente alla lotta contro l’inquinamento, specialmente nelle aree urbane dei capoluoghi di provincia.

Il Veneto ha bisogno di un voto di speranza per ritrovare fiducia in se stesso. È necessario restituire dignità e prospettiva alla nostra Regione. È d’accordo su questo pensiero? 

Sì, ma per realizzarlo è fondamentale partire dai territori, dalle comunità locali, dove l’affronto dei problemi è più condiviso. È essenziale lasciare spazio alle forze sociali, in particolare a quelle finora ignorate o escluse dai processi decisionali. Va dato spazio ai nuovi cittadini, ponendo attenzione alle persone e alle comunità, per coniugare benessere, qualità della vita e attenzione verso le persone fragili, colpite da povertà e malattie. 

Nel suo programma si parla anche di economia. I veneti chiedono meno tasse per tutti. 

I Veneti non chiedono di pagare meno tasse, ma di avere un sistema fiscale equo, in cui le tasse siano giustamente distribuite e non impiegate in modo inadeguato rispetto alle esigenze del Veneto. Pertanto, il problema del Veneto non è semplicemente quello di pagare meno tasse, ma di ottenere risultati migliori dalle tasse già versate, specialmente se si riesce a garantire che tali contributi siano equamente distribuiti. L’economia del Veneto deve essere più attenta alle scelte dei nostri imprenditori e deve essere disposta a impiegare risorse in ciò che è utile per generare maggiore reddito, più ricchezza e, conseguentemente, maggiori entrate fiscali.

Abbiamo vissuto l’ennesima estate di passione a causa di nubifragi e fortunali. È fondamentale promuovere le energie rinnovabili, piantare più alberi e rivedere gli assetti delle nostre città. Che spazio avrà l’ambiente nel suo programma? 

La grande città veneta non può che essere green, pena una drastica riduzione della qualità della vita. Il Veneto possiede già un modello diffuso di ambiente vivibile che va fortemente sostenuto, poiché consente una persistenza di vita comunitaria e di vicinato, essenziale per la qualità della vita. È fondamentale preservare il modello che vede la maggior parte del verde come frutto di una vera e propria coltivazione agricola, che, unita all’ampiezza del verde naturale (montagne e boschi), rende fruibile un ambiente “green” ampiamente  utilizzato da tutta la popolazione. È errato pensare che le megacittà moderne siano semplicemente aggregati compatti di costruzioni: il Veneto è un aggregato green di comunità.

Lei si è spesso battuto per la sicurezza del territorio, anche durante il suo mandato da sindaco di Loreggia. Quali strumenti ritiene utili per cercare di arginare i danni provocati dalle esondazioni dei nostri fiumi? 

Il problema è di due generi: da un lato, produrre di più per generare maggiori risorse economiche e, dall’altro, intervenire come se il Veneto fosse un grande organismo unitario. Dobbiamo cominciare a considerare il Veneto come un percorso, per così dire, segnato dalle arterie del sangue, che sono i nostri fiumi, e dove queste arterie devono essere curate con attenzione quando si verifica un danno ecologico. Avere una strategia globale non implica che da un lato si realizzi un’operazione come il Mose e dall’altro si migliori un consorzio. È necessaria una strategia unitaria che coinvolga l’intera regione nel miglioramento del controllo su ciò che accade nella natura.

Come è stata accolta a casa la sua candidatura? 

Con preoccupazione, ma con un forte senso di responsabilità. Siamo consapevoli che nell’attuale contesto non si può rimanere a guardare.

Cosa pensa della candidatura di Stefani come candidato del centrodestra? 

Al di là della modalità, che appare tutta romanocentrica e milanocentrica, molto distante dal noto “paroni a casa nostra”, Alberto Stefani è un giovane dirigente politico che ci auguriamo possa segnare una netta discontinuità dal passato, abbracciando una visione innovativa e rifuggendo il continuismo, guardando al futuro del Veneto con occhi nuovi. Se eletto, lo attende un compito estremamente difficile, al limite della temerarietà. 

La Regione con la più forte vocazione autonomista, governata dalla coalizione più solida del Paese e dal partito più attento ai localismi, è oggi esclusa dalle decisioni sul proprio futuro politico. Non le sembra un paradosso? 

È indubbiamente un paradosso. Se vogliamo aggiungere che si tratta di un’autonomia negata, dopo un referendum in cui il 92% dei Veneti si è espresso a favore. La classe dirigente chiamata a governare il Veneto ha abdicato al compito di difendere gli interessi della regione, risultando succube delle volontà di Milano e Roma. Ciò non deve più verificarsi. È necessaria la creazione di un partito veneto, la cui classe dirigente sia dedicata a tutelare gli interessi e le potenzialità, talvolta inespressi, della nostra regione. Siamo consapevoli che così facendo contribuiremo a rendere l’Italia e l’Europa migliori.

di Redazione AltovicentinOnline

 

“Basta paroni in casa nostra”, Fabio Bui si candida presidente della Regione Veneto con i Popolari. Il programma

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