Nessun dubbio per la corte d’appello di Venezia. Eugenio Carpanedo, su quel letto del reparto di psichiatria di Santorso, morì perché si agì troppo tardi e perché di non c’era sufficiente attenzione. A pagarne le conseguenze i due infermieri e l’operatrice socio sanitaria, già condannati in primo grado a Vicenza. Nel primo processo vennero assolti i vertici dell’azienda Ulss 7 Pedemontana. “Pagano sempre i pesci piccoli” commentano amaramente da ‘Diritti alla Follia’ e ‘Cittadini e Salute odv’. 

I fatti. Sono circa le 4 del mattino del 24 marzo 2017. Nel reparto psichiatrico dell’ospedale di Santorso si attiva un allarme incendio. Nella stanza, le fiamme avvolgono Eugenio Carpanedo, 63 anni, di Schio. Secondo la ricostruzione in sede processuale, l’uomo si sarebbe acceso una sigaretta durante la notte. I due infermieri accorrono. Ma in ritardo, questo addebitano a loro i giudici che accolgono l’ipotesi dell’accusa per ‘omesso controllo’.  Intervengono anche i vigili del fuoco di Schio, che riescono a tirarlo fuori dalla stanza. Ma è troppo tardi. Carpanedo muore soffocato dal fumo e gravemente ustionato. Due gradi di giudizio hanno accertato la responsabilità del personale sanitario, oltre all’assistente sociale. In tre pagheranno il debito con la giustizia per la morte di Carpanedo. Nessun addebito, invece, per chi aveva la responsabilità organizzativa e gestionale della struttura: assolti già nel primo processo l’ex dirigente medico e coordinatore dell’unità gestionale a Santorso e l’allora direttore generale dell’azienda sanitaria Ulss 7.

Risarciti i familiari, escluse le associazioni

Risarciti i familiari, ma non le associazioni che si battono per i diritti dei pazienti fragili. Nelle aule dei tribunali non è passata la contenzione meccanica del paziente. Ossia che Carpanedo fosse legato al letto. “Leggeremo le motivazioni: intanto segnaliamo che questa decisione non può che preludere all’ulteriore negazione di una realtà evidente: Carpanedo era sottoposto a contenzione meccanica e per questo non riuscì a mettersi in salvo. Avere negato la realtà della contenzione, con risibili argomenti, ha consentito e sta consentendo che a ‘pagare’ siano i ‘pesci piccoli’, come sempre. Si segnala, poi, come continui a ‘scoraggiarsi’ la presa in carico di queste vicende da parte del mondo associazionistico: l’unico in grado di farle uscire dal ‘buio’ comunicativo in cui le si vorrebbe relegare” fanno sapere con un comunicato congiunto ‘Diritti alla Follia” e ‘Cittadinanza e Salute odv. A quest’ultima nessun risarcimento, come si legge ancora nella nota: “la d’appello ha anche confermato il diniego del risarcimento nei confronti della parte civile “Cittadinanza e Salute”, presente in udienza con la presidente Aida Brusaporco e con gli associati Edoardo Berton, Bruna Lanaro e Dolores Razzi”. Aspetteranno che la sentenza venga depositata per capire le motivazioni di questa decisione.

di Redazione AltovicentinOnline

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