Parlare di come i giovani che non studiano e non lavorano cercano un impiego può sembrare un paradosso. Nell’immaginario comune, infatti, questi ragazzi vengono visti come inattivi e disinteressati. In realtà, la situazione è più complessa.
Tra loro, spiega la classificazione dell’Eurofound (uno degli standard di riferimento a livello europeo), esistono diversi gruppi. Alcuni sono disoccupati da poco tempo, altri da più di un anno: insieme rappresentano circa il 28% del totale e stanno attivamente cercando un lavoro.
Come lo cercano?
Il canale più usato è quello delle relazioni personali.
Il 72% dei giovani che cercano lavoro si affida a contatti con amici o ex colleghi, mentre il 64% chiede aiuto a parenti e familiari.
Questi dati emergono da un approfondimento del progetto “Dedalo – Laboratorio permanente sul fenomeno dei giovani che non studiano e non lavorano”, promosso da Fondazione Gi Group insieme all’Osservatorio Giovani dell’Istituto Toniolo, in collaborazione con ZeroNeet (programma di Fondazione Cariplo) e Fondazione Compagnia di San Paolo.
Conoscenze più che competenze
Nell’uso dei contatti non ci sono grandi differenze tra uomini e donne, ma ci sono forti differenze territoriali: le percentuali sono più alte al Sud e nelle Isole, e più basse – anche di dieci punti – al Nord Est e Nord Ovest.
Questo modo di cercare lavoro si basa più sulle conoscenze personali che sulle competenze professionali. Infatti, più cresce il livello di istruzione, meno i giovani si affidano alle reti sociali.
Tra i laureati, ad esempio, solo il 53% cerca tramite amici ed ex colleghi e il 48% tramite parenti, preferendo invece metodi come l’invio del curriculum (70%) o l’esame delle offerte di lavoro (67%).
Al contrario, chi ha un titolo di studio più basso (licenza media o meno) si affida soprattutto alle reti personali: 80% tramite amici e colleghi, 71% tramite parenti e familiari.
Il curriculum conta di più al Nord
Oltre alle conoscenze, molti giovani utilizzano anche canali diretti: invio del CV, analisi delle offerte, candidatura spontanea o risposta agli annunci, con percentuali tra il 40% e il 60%.
Anche qui emergono differenze territoriali: nel Nord Est e soprattutto nel Nord Ovest queste modalità sono molto più diffuse.
In queste aree, l’esame delle offerte è indicato dal 60-80% dei giovani, e l’importanza del CV dal 62-78%, circa 30 punti percentuali in più rispetto al Sud e alle Isole.
Centri per l’impiego poco usati
Molto meno frequente, invece, è l’uso dei centri per l’impiego, attivati solo dal 29% dei giovani che cercano lavoro.
Anche qui ci sono differenze regionali: sono più utilizzati nel Nord Est (36%), mentre nel Nord Ovest il loro ruolo è ritenuto meno efficace (23%).
Il ricorso ai centri per l’impiego diminuisce con il livello di istruzione: lo usa il 32% dei diplomati e il 27% di chi ha solo la licenza media, ma solo il 22% dei laureati.
Concorsi pubblici: più diffusi al Sud e tra i laureati
Un altro canale, meno frequente ma comunque significativo, è quello dei concorsi pubblici, considerato dall’11% dei giovani.
La partecipazione è più alta al Sud (15%) e più bassa nel Nord Est (4%) e nel Nord Ovest (7%).
Anche in questo caso, il titolo di studio fa la differenza: il 24% dei laureati guarda ai concorsi come opportunità, contro l’11% dei diplomati e il 4% di chi ha solo la licenza media.
Orientamento e uguaglianza di opportunità
“Questi dati – spiega Chiara Violini, presidente di Fondazione Gi Group – mostrano quanto sia importante comprendere a fondo il fenomeno dei giovani che non studiano e non lavorano, per poter costruire azioni mirate di reinserimento nei percorsi di studio, formazione e lavoro.
L’orientamento – conclude Violini – deve diventare una vera leva di uguaglianza sociale, capace di offrire pari opportunità di supporto a tutti i giovani. Non possiamo delegare solo alle famiglie o alle reti personali il compito di guidarli nella costruzione del loro futuro, perché così rischiamo di penalizzare proprio chi, vivendo in contesti più fragili, ha meno possibilità e stimoli.”
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