Il Veneto ha un nuovo Presidente e un vecchio riflesso: la liturgia. Prima ancora dei provvedimenti, arrivano le formule, i tempi, i “metodi”. Stefani ricorda che la scelta della Giunta spetta al Presidente: una premessa utile, se diventa criterio trasparente e non scudo. Per ora, però, la scena è occupata dal “totogiunta” permanente. Il che, per il cittadino, suona come: prima ci sistemiamo, poi vi pensiamo.

Stefani cita “pacta sunt servanda”: i patti vanno rispettati. Vero. Ma il patto decisivo è quello con la realtà quotidiana. Realtà fatta di liste d’attesa, pronto soccorso, ambulatori, ticket e personale. È fatta anche di affitti che corrono più veloci degli stipendi. E di trasporti dove il lunedì mattina pesa più di mille convegni.

Si promette la Giunta “prima di Natale”: il calendario come traguardo politico. Ma un calendario non cura, non trasporta, non riduce una lista d’attesa. Al massimo riduce la pazienza, che in Veneto non è infinita. Il lessico della politica, intanto, è pieno di parole nobili: “competenza”, “squadra”, “livello”, “pragmatismo”, “ascolto”. Ottimo: ora servono prove, non aggettivi.

La prima prova è semplice: criteri pubblici per scegliere gli assessori. Curricula online, deleghe chiare, incompatibilità dichiarate, obiettivi misurabili. Perché la fiducia non nasce dalla promessa, ma dalla verificabilità. Il punto politico vero è che l’astensione è diventata un partito di maggioranza. E l’astensione non polemizza: si ritira. Si ritira quando vede rituali ripetersi e problemi restare lì.

Tra i problemi più ignorati nei riti c’è la non autosufficienza. RSA e Centri Servizi: il tema che entra nelle case senza chiedere permesso. Posti letto insufficienti, attese, rette pesanti, personale che scarseggia. Qui non esistono slogan che tengano: esistono famiglie sotto pressione. L’anziano fragile non aspetta la “cabina di regia”: ha bisogno di assistenza. E la famiglia non può essere il paracadute strutturale del sistema.

Se si parla di “società longeva”, bisogna governare la longevità. Governarla significa programmazione dei posti, standard, controlli, integrazione sanitaria-sociale. Significa un piano del personale: OSS e infermieri, formazione e condizioni dignitose. Significa ridurre il rimbalzo: ospedale-territorio-domicilio-RSA come filiera unica. E significa sostenere chi paga, perché la fragilità non diventi povertà.

In questo quadro entra il PNRR, venduto come occasione irripetibile. Molto si è puntato sulla sanità territoriale e sulle nuove strutture di prossimità. Bene, ma la domanda resta: dov’è la svolta sui posti letto RSA? Per molte famiglie, “zero investimenti” su quel fronte è la percezione concreta. E la percezione, quando coincide con l’attesa, diventa giudizio politico. Si costruiscono porte d’ingresso, ma dietro serve spazio, personale, continuità. Altrimenti la prossimità è un cartello nuovo su un corridoio pieno.

La Giunta che nasce ora dovrebbe dire subito che cosa farà su questo. Non “incontreremo i soggetti”, ma “entro quanti mesi, con che azioni, con quali risorse”. La stessa logica vale per sanità generale: liste d’attesa, medicina di base, emergenza. E vale per casa: obiettivi, numeri, strumenti, tempi, e chi risponde di cosa. Vale per trasporti: manutenzione e affidabilità prima delle inaugurazioni. Vale per lavoro: politiche attive e formazione, non solo parole-ombrello.

Il punto non è negare la politica: la politica è scelta, anche conflitto. Il punto è evitare che la politica diventi narrazione su sé stessa. Quando accade, i cittadini non chiedono “più comunicazione”. Chiedono meno rito e più amministrazione. Perché la Regione non è un palcoscenico: è un servizio pubblico gigantesco. E un servizio pubblico si giudica come un servizio: funziona o non funziona.

L’ironia, a volte, è solo un modo educato per dire stanchezza: verso annunci che non hanno un contatore, verso “ci stiamo lavorando” come risposta universale. Stefani ha un’occasione rara: inaugurare una grammatica diversa, fatta di delibere leggibili e di risultati rendicontati. Un cruscotto pubblico: attese sanitarie, accesso RSA, domiciliarità, tempi opere. E una regola semplice: ogni delega porta un piano operativo con scadenze.

Se questo accade, il rito della Giunta resta solo un passaggio. Se non accade, il rito diventa il governo, e il governo diventa un rito. E allora la diffidenza crescerà, silenziosa, come cresce già l’astensione. Perché chi non si sente ascoltato non urla: smette di partecipare. Il Veneto reale non vive di “prima di Natale”. Vive di lunedì mattina, di ambulatori, di autobus, di telefonate alle RSA. Qui si misura un Presidente: non dal cerimoniale, ma dalla concretezza. E la concretezza, oggi, è l’unico antidoto credibile alla politica autoreferenziale.

mds

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