“La magistratura va rispettata e il processo deve fare il suo corso, senza sconti e senza pregiudizi”. È questo il punto di partenza dell’intervento pubblico di Carlo Cunegato, consigliere regionale di Alleanza Verdi e Sinistra, scledense, che prende posizione sulla vicenda giudiziaria che coinvolge Alaeddine Kaabouri, consigliere comunale di maggioranza a Thiene, finito al centro di una bufera politica dopo un post sui social legato all’inchiesta della Procura nazionale antiterrorismo.
Cunegato non nega l’errore comunicativo: Kaabouri, scrive, “ha scritto d’istinto, sbagliando”, come può accadere. Ma invita a distinguere nettamente tra il piano giudiziario e quello politico. “Siamo solo all’inizio – sottolinea – l’inchiesta si è appena aperta e la fiducia nella magistratura non deve mancare”.
Secondo il consigliere regionale, è corretto attendere l’esito del processo, anche alla luce delle posizioni degli indagati che sostengono di aver finanziato iniziative a sostegno del popolo palestinese e non organizzazioni terroristiche. Una tesi che sarà verificata in sede giudiziaria, senza scorciatoie né assoluzioni preventive.
“Attacco becero e strumentale”
Ciò che Cunegato contesta con durezza è l’offensiva politica della destra. Le richieste di dimissioni avanzate da esponenti di Fratelli d’Italia e Lega vengono definite “becere” e “prevedibilmente strumentali”. In particolare, il consigliere regionale cita le dichiarazioni del deputato di FdI Silvio Giovine, che ha chiesto al sindaco di Thiene la revoca delle deleghe a Kaabouri, e quelle del deputato leghista Erik Pretto, che ha parlato di dimissioni per “tutelare l’immagine della città”.
Per Cunegato si tratta di una evidente operazione politica: “La destra sta usando questa inchiesta per dividere e colpire il movimento che da due anni manifesta contro la guerra e per i diritti del popolo palestinese”. Un movimento che, rivendica, “non è mai stato per Hamas, ma per la sopravvivenza e l’autodeterminazione dei palestinesi”.
Il profilo di Kaabouri
Nel suo intervento, Cunegato difende anche il profilo umano e politico di Kaabouri: “Un ragazzo in gamba, con una storia di riscatto, una famiglia, un impegno politico precoce e serio”. Ricorda il suo lavoro come insegnante all’Engim di Thiene, definito “un laboratorio di inclusione attraverso scuola e lavoro”, e il ruolo svolto come attivista e organizzatore delle mobilitazioni per la Palestina. “Sì, ha sbagliato – ribadisce – ma vale molto più di un post”.
La polemica sul doppio standard
Il cuore politico dell’intervento sta però nel rovesciamento dell’accusa. Se Kaabouri, sostiene Cunegato, viene chiamato a rispondere politicamente per un post, allora lo stesso criterio dovrebbe valere per chi sostiene governi che continuano a fornire armi a Israele mentre sulla condotta del governo Netanyahu pendono accuse gravissime in sede internazionale.
Cunegato richiama le posizioni del governo italiano e degli alleati internazionali, accusandoli di aver ignorato le denunce delle Nazioni Unite e della Corte Penale Internazionale. “Chi sta dalla parte di chi perpetua crimini di guerra – afferma – non può ergersi a giudice morale”. Da qui la richiesta provocatoria ma politica: “Se Kaabouri deve dimettersi, allora si dimettano anche Giovine e Pretto”.
“Restare lucidi”
In chiusura, l’appello è alla lucidità. “Non facciamoci schiacciare da chi tenta di rovesciare il rapporto tra oppressori e oppressi”, scrive Cunegato, invitando il movimento pro-Palestina a non cadere nella trappola della divisione e della criminalizzazione politica.
La vicenda giudiziaria seguirà il suo corso. Intanto, sul piano politico, il caso Kaabouri si conferma come uno dei nuovi fronti dello scontro nazionale sul conflitto israelo-palestinese, tra richieste di responsabilità istituzionale e accuse di strumentalizzazione ideologica.
N.B.
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