Un Comitato ‘frenato’ nel suo attivismo dal morbo pandemico quello di “Val d’Astico Libera”, ma non per questo meno attento e meno reattivo nel far sentire la propria voce.
La replica segue a stretto giro la missiva che sette sindaci della cintura attorno Vicenza hanno inviato in Regione per chiedere di attivarsi al fine di evitare di trovarsi impreparati di fronte a futuri eventi meteorici importanti.
La questione sul tavolo è sempre la stessa, seppur ribadita con diverse sfumature a seconda degli interlocutori: da una parte la regolazione e la moderazione degli eventi di piena nel bacino idrografico del Bacchiglione, in particolare lungo il medio e basso corso dell’asta fluviale Astico-Tesina in considerazione di fenomeni atmosferici sempre più estremi con conseguenti dissesti idrogeologici ormai non più eccezionali, dall’altra il miglioramento dell’utilizzo delle risorse idriche presenti nel territorio dell’Alto Vicentino a fini idropotabile, energetico e irriguo.
In campo tre possibili soluzioni: la prima più a valle proprio nel Comune di Torri – 2,2 milioni di metri cubi di capacità, un costo stimato in 32,5 milioni – , la seconda è quella di Sandrigo e Breganze: un bacino della capacità di 4,6 milioni di metri cubi per un costo di 35,5 milioni, che nelle carte della Regione aggiornate a luglio compare come opera finanziata; la terza, più a monte, è quella più grande con 7 milioni di metri cubi di capacità e una spesa stimata in 40 milioni.
Su queste premesse l’osservazione del Comitato valligiano che, documenti alla mano, rileva più di una eccezione tecnica a giustificare una forte contrarietà proprio all’ipotesi di Meda, pur non sottraendosi ad una considerazione più generale sul consumo di suolo e sulla mancanza di una pianificazione responsabile.
IL COMUNICATO “I cambiamenti climatici conseguenti al riscaldamento globale sono ormai evidenti e producono effetti dirompenti anche sui nostri territori, con fenomeni atmosferici estremi e conseguenti dissesti idrogeologici ormai non più eccezionali, ma ricorrenti e prevedibili. Dopo 10 anni dall’alluvione del 2010, nulla è invece stato fatto per la salvaguardia dell’asse Astico-Tesina, come viene riportato alla Stampa da alcuni dei Sindaci delle zone alluvionate.
I sempre più estremi eventi metereologici dovrebbero portare ad una riflessione sul consumo di suolo, sulla cementificazione, sulla manutenzione ordinaria del bacino idraulico, ma le proposte messe in campo parlano invece solamente di bacini di laminazione o, più in generale, di opere “grandi”.
Attualmente sul tavolo ci risultano tre proposte:
– Un bacino di laminazione a Sandrigo-Breganze da 4 milioni di metri cubi ed un costo di 30 milioni di euro, l’opera è finanziata ed è inserita nella programmazione territoriale;
– Un bacino di laminazione a Marola, l’opera non è finanziata nè inserita nella pianificazione territoriale;
– Un bacino di raccolta e compensazione a Meda (nella gola dell’Astico tra Piovene Rocchette, Cogollo del Cengio e Velo d’Astico) da 7 milioni di metri cubi ed un costo stimato di oltre 40 milioni di euro, l’opera non è finanziata ed esiste solo uno studio di fattibilità risalente agli anni ’70 .
Dal punto di vista tecnico la soluzione più rapida (rapidità molto relativa, visti i tempi stimabili in 5-10 anni) ed economica parrebbe essere quella del bacino di laminazione di Sandrigo-Breganze, ma si scontra con la presenza di numerose cave, alcune trasformate in discariche e chiaramente, visto che “non si sa cosa ci sia dentro” potrebbe mettere a rischio le falde e con l’opposizione degli amministratori e dei produttori locali.
Il bacino di Sandrigo si localizzerebbe inoltre in un’area che è “feudo elettorale” di alcuni politici preminenti in Regione, che hanno nel tempo sempre avversato, con successo, l’opera.
Il bacino di laminazione di Marola (Torri di Quartesolo) sarebbe, a parere di autorevoli voci, troppo a valle per essere realmente efficace, ed in ogni caso mancherebbero progettazione, finanziamenti e programmazione territoriale.
In Valle si è spesso discusso del bacino di Meda, che prevederebbe, dai documenti disponibili, il quasi raddoppio della diga attualmente esistente e la creazione di un bacino di raccolta che si estenderebbe dalla gola dell’Astico fino alle campagne “basse” di Cogollo, San Giorgio e Seghe di Velo.
I 7 milioni di metri cubi teorici parrebbero essere una maggiore garanzia per il contenimento delle alluvioni, rispetto alle altre soluzioni proposte, ma questo si scontra con gli “altri” utilizzi proposti del bacino.
Sarebbe infatti previsto anche l’utilizzo a scopo idroelettrico, per il quale sarebbe necessario mantenere il bacino ad un livello tale da avere scarsi margini di riempimento in caso di necessità (si stimano circa 2 milioni di metri cubi, quota che data l’estremità degli eventi meteo occorsi negli ultimi anni potrebbe saturarsi in un paio di giorni).
Negli anni si è parlato del bacino anche per dare un impulso al turismo locale, ma anche per questo servirebbe garantire un livello minimo che si scontrerebbe con l’esigenza di contenimento delle piene.
Il bacino dovrebbe fungere anche da “riserva idrica” nei periodi di siccità, e per la ricarica delle falde, ma se lo teniamo pieno come “riserva”, difficilmente lo potremo riempire quando il basso vicentino rischia di andare sott’acqua.
Da considerare inoltre che un bacino così a monte NON potrebbe intercettare gli impluvi della Pedemontana e della parte centro-meridionale dell’Altipiano dei 7 Comuni.
Nel corso dei decenni l’opera è stata più volte riesumata, ma non si è mai arrivati al dunque sia a causa dell’opposizione degli amministratori locali che per indubbie difficoltà ingegneristiche e geologiche, oltre che per le interferenze con le già esistenti aree industriali e produttive.
Quello che preoccupa maggiormente nel dibattito è la mancanza di lungimiranza nella pianificazione territoriale, con una legge regionale che titola “stop al consumo di suolo” ma poi consente deroghe per tutte quelle infrastrutture maggiormente cementificatrici quali centri commerciali, aree artigianali ed industriali troppo spesso inutilizzate, urbanizzazioni mai portate a termine, auto e superstrade, cave e quant’altro, e con una pianificazione economica che dimentica o vi destina solo le briciole alla manutenzione ordinaria della rete idrica ed alla difesa contro il dissesto idrogeologico.
In questo dibattito l’Alto Vicentino paga, per l’ennesima volta, la mancanza di una degna rappresentanza politica legata al territorio, visto che le decisioni verranno prese, alla fine, a Vicenza, Bassano e Venezia anche e soprattutto per interessi che poco hanno a che fare con il nostro territorio.
Come per l’Ulss 7 Pedemontana, come per le società delle acque, come per le multiutility svendute negli ultimi anni, interessi di parte portano purtroppo a soccombere un territorio che ha un peso ed una voce politica praticamente nulla rispetto a quello che sarebbe il proprio peso economico.
Riteniamo che una migliore pianificazione territoriale, un vero e reale STOP al consumo di suolo ed alla cementificazione, il recupero delle aree abbandonate e ormai degradate, un concreto investimento nella PREVENZIONE e nella MANUTENZIONE dei corsi d’acqua possano essere delle misure molto più utili, economiche ed efficaci rispetto ad opere “grandi”, ma forse è troppo semplice, poco remunerativo, e perciò andrebbe a scontrarsi con quei potentati che da sempre dettano legge in Veneto”.
Marco Zorzi
https://www.altovicentinonline.it/economia-2/maltempo-per-salvare-alto-vicentino-e-padova-dallacqua-serve-il-bacino-di-meda/
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