Botta risposta tra opposizioni e Regione Veneto, oggi in merito a quella che le minoranze in Consiglio regionale definiscono “operazione super Oss”. Una nota congiunta delle opposizioni attacca infatti la decisione della Regione di consentire agli Operatori sociosanitari di svolgere una serie di attività che finora potevano svolgere solo gli infermieri. Cosa che, secondo la Regione, dovrebbe aiutare a sopperire alla mancanza di infermieri. Secondo le opposizioni si tratta però di “un’operazione mimetica che non risolve i problemi né per i cittadini, né per gli infermieri, né per gli Oss”, e che anzi potrà portare a ulteriori criticità. Perché “ormai nella sanità veneta tutti fanno tutto, con il risultato che sempre più professionisti sono esasperati e scappano nel privato o all’estero”. Ma anche perché se gli Oss potranno svolgere i compiti prima riservati agli infermieri molte strutture, “soprattutto quelle private”, potranno “operare con meno infermieri e a minor costi”. Gli Oss, invece, si troveranno ad avere “più responsabilità senza un avanzamento economico”. La Regione però non ci sta, e ribatte al quadro tracciato dai consiglieri regionali di Pd, M5s, Veneto che vogliamo ed Europa Verde. “Ricordo all’opposizione che l’opportunità di modificare il percorso di formazione approvato con la delibera del 16 marzo 2021 è emersa dal confronto con i presidenti degli Ordini provinciali delle professioni infermieristiche e che, poiché l’iniziativa è rivolta alla formazione dei lavoratori in possesso della qualifica di Operatore sociosanitario in attività presso le strutture residenziali e semiresidenziali per anziani, è stata acquisita anche la disponibilità delle associazioni rappresentative di tali strutture”, interviene l’assessore regionale a Sanità e Sociale, Manuela Lanzarin.
“Con il provvedimento in parola la Regione del Veneto non ha trasferito competenze proprie dell’infermiere, bensì ha ulteriormente posto quest’ultimo al centro del percorso decisionale proprio della professione e al contempo ha perseguito l’interesse pubblico di garantire gli operatori di supporto necessari e adeguatamente formati, a tutela della salute degli assistiti presso le strutture residenziali e semiresidenziali per anziani, extraospedaliere pubbliche e private accreditate”, precisa poi Lanzarina. “Inoltre, le fonti che disciplinano e regolamentano la figura dell’Operatore socisanitario sono l’accordo Stato-Regioni del 22 febbraio 2001, la legge regionale 16 agosto 2001, numero 20, come modificata dalla legge regionale 9 agosto 2022, numero 17, che ha istituito il ‘modulo facoltativo complementare in assistenza sanitaria’ destinato all’Oss, ed infine l’accordo Stato-Regioni del 2003”. Pertanto, rimarca l’assessore, “non si tratta pertanto di una scorciatoia ma di uno strumento già presente da oltre 20 anni nell’ordinamento, già utilizzato dalla Regione del Veneto come da altre Regioni italiane e oggi funzionale a supportare il carico assistenziale in un momento di grave carenza di personale infermieristico dovuto, si sottolinea, ad errori nella programmazione nazionale dei fabbisogni”.